Saranno i denari dimenticati nei propri conti dai risparmiatori a rifondere l’esercito di vittime delle truffe bancarie degli ultimi anni. Arriveranno infatti dai “conti dormienti”, quelli non movimentati da dieci anni, i fondi con cui il governo giallo-verde onorerà la promessa fatta in campagna elettorale ai comitati dei risparmiatori delle banche venete fallite, quelli che hanno investito in azioni delle banche di cui erano clienti senza sapere che andavano verso il crack. A sostenere la loro causa, cara alla Lega, si è speso fin dall’inizio del suo incarico anche il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, e il Mef ha aperto loro le porte per cercare la soluzione. Ora sembra fatta: con la legge di bilancio un portafoglio di 1,575 miliardi di euro sarà messo nei prossimi tre anni a disposizione dell’Arbitro delle controversie finanziarie instituito dalla Consob, e gran parte della somma andrà alle vittime del falò della Popolare di Vicenza e di Veneto Banca. Ma come funzionerà il meccanismo? Come si affiancherà agli altri procedimenti di rimborso già partiti da tempo?
«Mettiamo un po’ d’ordine sui nuovi strumenti a disposizione », dice il presidente dell’Acf, Eduardo Barbuzzi, «intanto il governo ha sbloccato i 25 milioni messi in bilancio dal governo precedente e dedicati a rifondere i clienti con obbligazioni delle banche messe in risoluzione, le prime quattro (cioè Etruria, Cariferrara, Carichieti e Banca Marche) più le due venete. Soldi che erano rimasti in un limbo per mancanza di un decreto della Presidenza del Consiglio che li avrebbe resi operativi, e che ora l’ultimo Milleproproghe ha messo a disposizione dell’Acf. Siamo pronti a usarli».
Questi 25 milioni sono destinati agli 800 risparmiatori che hanno fatto ricorso all’Acf entro lo scorso settembre, quando è entrato in vigore il decreto, e le cui ragioni sono riconosciute legittime. «I primi bonifici partiranno a metà novembre. Molti potranno avere un risarcimento fino al 30 per cento di quanto perduto, con un tetto di 100 mila euro». Nell’identikit di questi 800 c’è l’aver acquistato obbligazioni delle banche fallite senza aver ricevuto l’esatta informazione sul rischio in cui si mettevano.
La platea dei risparmiatori che hanno visto i propri soldi vaporizzati nei crac bancari però è molto più ampia sia di questi 800, sia di quelli – circa 16 mila titolari di bond subordinati- rimborsati dal Fondo interbancario (con un tetto dell’80 per cento del valore), sia dei titolari sempre di bond subordinati che hanno potuto rivolgersi all’Anac di Raffaele Cantone (senza vincolo di un tetto, quindi anche al 100 per cento), sia di quelli di Mps, a cui l’intervento di salvataggio del governo ha permesso di vedere trasformati i bond subordinati che avevano inconsapevolmente acquistato (considerati alla stregua di azioni) in bond senior, rimborsabili.
Il grosso dei risparmiatori ancora a bocca asciutta sono gli azionisti delle banche fallite, rimasti con un pugno di mosche in mano. Si calcola che siano 300 mila, dei quali 100 mila sono le vittime delle prime 4 banche, quelle del 2015, e ben 200 sono gli azionisti di Veneto Banca e Popolare di Vicenza, che nel crack hanno bruciato 10 miliardi di valore azionario.
A questo esercito, fatto in gran parte di piccoli imprenditori o artigiani che hanno accettato di sottoscrivere il capitale di rischio della banca come contropartita per ottenerne un prestito, finora non è stato dato nulla dallo Stato. Adesso è arrivato il loro momento: con 525 milioni all’anno per tre anni (che sono 500 nuovi più i 25 che la Finanziaria precedente aveva già stanziato per quattro anni), il governo ha deciso di dare loro “ristoro”. Il che non vuol dire rimborso totale, ma solo del 30 per cento di quanto andato perduto, con un tetto di 100 mila euro. Sufficienti? Considerando che tanti sono piccoli risparmiatori, molti non saranno soddisfatti, ma la promessa è che quando sarà fatto il Dpcm (decreto della Presidenza del consiglio) per dare le regole precise, che è stato promesso entro il 31 gennaio, gli eventuali fondi residui saranno ulteriormente ripartiti anche tra chi ha già incassato qualcosa.
Sulla procedura ci sono ancora molte cose da definire. «Sarà diversa dall’attuale. Oggi in via ordinaria l’Acf procede con un contraddittorio tra il cliente e la banca e, se accogliamo il ricorso, è la banca a pagare, con un limite delle controversie a 500 mila euro. Nella nuova procedura, con il limite del 30 per cento e il tetto a 100 mila euro, non ci sarà un contraddittorio cliente-intermediario, visto che quest’ultimo non esiste più, ma una valutazione su documenti e testimonianze. Si dovrà insomma dimostrare di essere stati ingannati e truffati», precisa Barbuzzi. Questo aspetto è centrale. Le regole europee che hanno introdotto il “bail in” prevedono infatti che azionisti e titolari di bond subordinati debbano sostenere il costo del fallimento bancario. «Ma se viene dimostrato il “mis-selling” , cioè se si dimostra la vendita fraudolenta, non si rientra nel bail in», precisa Barbuzzi.
Come si è visto, il panorama dei rimborsi presenta procedimenti diversi, per soggetti diversi, e con interlocutori diversi. Questo certo non è servito a esaurire tutte le code di risparmiatori in attesa. Ci riuscirà il nuovo stanziamento? «Per utilizzare i 25 milioni stanziati dal Milleproroghe dovremo seguire criteri cronologici», precisa Barbuzzi, «per il miliardo e mezzo dipende da cosa deciderà il Parlamento». L’orientamento annunciato è quello di dare priorità alle classi sociali più disagiate, a chi ha un’Isee inferiore ai 35 mila euro l’anno, al pensionato, all’invalido, e via dicendo.
Per far fronte all’ondata di pratiche l’Acf sarà potenziato con una cinquantina di assunzioni a tempo, e dovrà moltiplicare per dieci i collegi di professionisti che valuteranno uno per uno i casi: oggi ce n’è solo uno. Ma su tutta l’operazione salvataggio pende un interrogativo: cosa succederà se nuovi casi si aggiungeranno a quelli che hanno sconquassato negli anni scorsi il mondo del credito? Se, per esempio, gli scricchiolii che vengono dalla Banca Popolare di Bari si trasformassero in qualcos’altro? Oltre a dover trovare soluzioni per tenere in stabilità il sistema, il governo si troverebbe di fronte a un’altra marea di risparmiatori traditi a cui non potrebbe dire di no. Ma con quali risorse?