Nuovi paradigmi della sostenibilità: le Società Benefit 

Per far emergere quel valore intangibile che risiede nella logica della sostenibilità, si sta facendo strada il modello della “Società Benefit”, cioè di società con la duplice finalità di generare profitti per gli azionisti e anche esternalità positive per l’ambiente e le comunità in cui operano.  Con vantaggi sotto il profilo reputazionale, una migliore allocazione delle risorse e un minor costo del capitale. Ideale in particolare per le medie aziende che connotano il tessuto produttivo italiano

Maurizio Faroni
Faroni

Nel 2015 le Nazioni Unite approvavano l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, definendo 17 obiettivi (Sustainable Development Goals – SDGs): un invito urgente all’azione da parte di istituzioni, imprese, società civile per riorientare il modello di sviluppo verso nuovi principi di sostenibilità. Nella medesima direzione si è mossa l’Unione Europea, definendo attraverso specifici Regolamenti la natura delle informazioni che le società quotate e gli intermediari finanziari devono garantire al mercato in tema di ambiente, impatto sociale e governance (i fattori ESG). Le comunità ed i mercati pretendono infatti che siano resi trasparenti quali impegni di sostenibilità l’impresa consideri più rilevanti o materiali per il proprio business, spiegando in quale modo possono influenzare la strategia aziendale ed i risultati operativi, garantire maggiore resilienza e stabilità.

Al di là della spinta delle istituzioni internazionali, è cresciuta nell’opinione pubblica e nelle stesse aziende la consapevolezza che una chiara definizione delle strategie in materia ambientale e di business sustainability è indispensabile per gestire l’azienda stessa, definire valori condivisi, orientare le scelte di ogni giorno. Per le aziende quotate, l’adozione di standard globali rappresenta un modo per affrontare il dialogo con gli investitori, rendendo le informazioni più disponibili, coerenti e affidabili. Per tutte le altre imprese, il tema della sostenibilità diventa un paradigma stesso di costruzione delle strategie di lungo termine, senza il quale viene meno la credibilità verso gli stakeholder, i fornitori di capitale e di credito. 

Per affrontare seriamente questi processi, cioè facendoli diventare concrete azioni manageriali, non si possono seguire strategie di “green washing” o adottare un approccio superficiale di marketing comunicativo. Iscrivere in modo serio nella strategia aziendale il tema della sostenibilità è ormai una necessità irrinunciabile. Chi non comprende questa esigenza sarà marginalizzato dal mercato. 

Se è vero che non tutte le imprese hanno le risorse di competenze, di capitali e di tempo per affrontare una revisione globale di assetti e processi in ottica ESG, nondimeno molte aziende hanno nei fatti intrapreso da anni un percorso di cambiamento nella giusta direzione. Non di rado hanno iscritta nel proprio DNA una cultura della sostenibilità, senza riuscire a far sì che questa diventi pienamente apprezzabile per il mercato e per gli stakeholder. Chiunque voglia impegnarsi seriamente in questa prospettiva, facendo emergere quel valore intangibile che risiede nella logica della sostenibilità, ha a disposizione vari strumenti possibili. Il modello della “Società Benefit” – cioè di società con la duplice finalità di generare profitti per gli azionisti ma anche esternalità positive per l’ambiente e le comunità in cui operano – può essere una risposta efficace e di limitata complessità per moltissime aziende, in particolare per le medie aziende che connotano il tessuto produttivo italiano.

La disciplina delle Società Benefit (SB), introdotta nell’ordinamento italiano dalla legge di stabilità del 2016 su ispirazione delle Benefit Corporations americane, non determina infatti una nuova forma giuridica d’impresa, ma piuttosto una società ibrida a metà tra la società for profit tradizionale, e non profit. Con l’assunzione del modello di SB, management ed azionisti “nell’esercizio di una attività economica, oltre allo scopo di dividerne gli utili, perseguono una o più finalità di beneficio comune e operano in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente, beni ed attività culturali e sociali, enti e associazioni ed altri portatori di interesse.” 

Da un punto di vista formale, la trasformazione in Società Benefit comporta una modifica dell’Oggetto Sociale dello Statuto. Le società che intendono acquisire la qualifica di SB sono tenute ai sensi della normativa “a modificare l’atto costitutivo o lo statuto, nel rispetto delle disposizioni che regolano le modificazioni del contratto sociale o dello statuto, proprie di ciascun tipo di società”, mentre da un punto di vista più operativo, le società che decidono di intraprendere un percorso di trasformazione in SB, devono definire la propria finalità benefit, cioè in cosa si sostanzi il “beneficio comune”.

La società può cioè scegliere autonomamente come contribuire a generare “…uno o più effetti positivi, o la riduzione degli effetti negativi, su una o più categorie” di stakeholder, cioè tutti quei portatori di interesse generale che interagiscono con l’impresa. Sotto questo profilo la SB consente di disegnare un profilo “su misura” su quei temi comunitari sui quali può agire concretamente (dall’ambiente alle comunità locali, dai dipendenti al terzo settore, dai fornitori ai clienti). 

Al fine di verificare la sussistenza del profilo “benefit”, le SB sono chiamate a predisporre, in fase di presentazione annuale del bilancio, la cosiddetta “relazione d’impatto” con una valutazione realizzata attraverso uno standard esterno ma, di norma, anche con una propria una valutazione interna. Quest’ultima si sviluppa fondamentalmente a partire dalla definizione di Key Performance Indicators (KPIs), che consentono di qualificare e quantificare le azioni intraprese ed i risultati conseguiti rispetto sia agli obiettivi prefissati che agli stakeholder indicati. 

In definitiva, acquisire il profilo di “società benefit” è un modo per formalizzare un effettivo impegno nella direzione della sostenibilità ambientale, sociale e di governance (ESG), rendendo tale impegno coinvolgente per le strutture operative dell’impresa e certificabile all’esterno sotto la responsabilità di un Benefit Officer. L’esito di questo percorso è un migliore profilo reputazionale, una migliore allocazione delle risorse, nonché un rapporto più stabile col sistema bancario ed un minor costo del capitale.

Alla luce di tali vantaggi, oltre 2.000 società hanno deciso di assumere la qualifica di Società Benefit, un  valore che ha subito una forte accelerazione nell’ultimo biennio.