approfondimenti/politica economica
Nuovi obiettivi per la Fed di Powell?
Giorgio Di Giorgio
gdg

Cambio di guida per la Federal Reserve. Janet Yellen lascia il Board of Governors, dopo 8 anni, di cui 4 da Chair, e viene promosso al timone della Banca Centrale Americana Jerome Powell, che già dal 2012 siede in uno dei 7 posti (al momento occupati solo per meta’) del Consiglio Direttivo della Fed. Vale la pena ricordare che, nonostante al Board of Governors siano assegnate, in teoria, ampie responsabilità nella gestione della politica monetaria Usa, nella pratica i veri poteri sono esercitati dal Comitato sulle operazioni di Mercato aperto, il FOMC, cui partecipano oltre che i membri del Board anche i 12 Presidenti delle Federal Reserve locali (le District Banks). In verità, dei 12, di volta in volta solo 5 hanno diritto di voto alle riunioni, quello di New York sempre, più altri 4 a rotazione. Una costruzione pensata per garantire voce alle istanze locali, mantenendo tuttavia sempre ben chiaro che le scelte di politica monetaria devono avere carattere genuinamente “americano” ed essere ispirate costantemente all’interesse della maggioranza degli Stati Usa.

Ma cosa dobbiamo aspettarci dal nuovo Chair? Powell ha un curriculum ricco di esperienze e molto diverso da quello dei due Governatori che lo hanno preceduto, Ben Bernanke e Janet Yellen, entrambi accademici di chiara fama, esperti di macroeconomia, mercato del lavoro e politica monetaria: studi in scienze politiche, Law School, avvocato in politica e in grandi studi legali, esperienze in finanza e nel private equity, prima di approdare alla FED. Dove ha sempre sostenuto le decisioni dei vertici, imparando l’arte, se non tutta la scienza, della conduzione della politica monetaria. In un periodo, per sua fortuna, successivo alle sfide più difficili, come quelle che Bernanke dovette affrontare nel 2008 – 2009, e negli anni più recenti caratterizzato solo dallo scegliere tempo e modi di un graduale ritorno alla normalizzazione della politica monetaria nella maggiore economia mondiale. Compito non banale, ma certo non paragonabile a quello di dover decidere se salvare Bear Sterns o lasciar fallire Lehman ed esporre il mondo al caos delle più spericolate giravolte sui mercati sperimentate nel secondo dopoguerra.

La scelta del Presidente Trump è stata ispirata alla continuità, ma in molti ritengono sia importante rinforzare rapidamente la “squadra” a Washington, per mantenere alto il bagaglio di competenze qualificate e specialistiche che oggi si richiede, oltre alle doti manageriali, relazionali e di leadership, ai banchieri centrali “top”.

La prima settimana on the job poteva andar meglio: Wall street ha invertito, almeno temporaneamente, la rotta che l’aveva portata a bruciare, nell’ultimo anno, record su record, perdendo quasi 1000 punti in pochi giorni. L’economia Usa continua ad andare, ma le dinamiche sul mercato del lavoro, nonostante i tassi di disoccupazione eccezionalmente bassi, non sono solo positive. L’occupazione non cresce come si vorrebbe, i salari mostrano una dinamica contenuta, allo stesso tempo il mercato del credito preoccupa. Quale sarà la stella polare della nuova gestione? La crescita, come per Janet Yellen, l’inflazione prima e la stabilità finanziaria dopo, come per Bernanke? O cos’altro?

Vale la pena ricordare che gli obiettivi di politica monetaria della FED sono molto meno rigidi di quelli della Banca centrale Europea. Nell’area dell’euro, il perseguimento prima e il mantenimento poi di un tasso di inflazione nel medio periodo inferiore ma vicino al 2 per cento è il riferimento ultimo, puntuale e costante dell’azione del Consiglio Direttivo. Per la FED lo stesso parametro non è che un obiettivo di riferimento di medio-lungo termine, compatibile quindi con un approccio molto più flessibile, che lo rende di volta in volta anche subordinabile a obiettivi diversi, magari in determinati momenti anche conflittuali, come può accadere per una spinta all’occupazione e alla crescita economica.

Qualcuno non esclude anche ripensamenti e ribilanciamenti nel peso relativo della stabilizzazione dei prezzi e dell’output nella funzione obiettivo della banca centrale americana. Si tratta comunque di una valutazione che sarà possibile effettuare solo nel tempo, monitorando le scelte future del nuovo corso e le spiegazioni delle stesse che verranno date ai mercati. I quali, al momento, sembrano solo aver internalizzato un ulteriore fattore di incertezza, e non da poco: al timone della Fed non c’è più l’affidabile, morbida ma rassicurante prof.ssa Yellen, ma un nuovo marinaio, sulla cui capacità di cavalcare le onde possiamo ad oggi solo sperare, incrociando le dita.