Mercato europeo/ Report Morgan Stanley
Mentre gli altri vendono, Private Equity al top
Paola Pilati

Da 76 settimane gli equity fund si stanno liberando dei titoli europei. Il calcolo viene da Morgan Stanley che, monitorando il flusso in entrata e in uscita, nota come tenga ormai un andamento regolare in una sola direzione, confermando un sentimento dei gestori che è iniziato dal 2016. Dal 2016 a oggi, infatti, le vendite di azioni europee hanno raggiunto in totale i 230 miliardi di dollari. Ma che cosa indica questo fenomeno?

La disappetenza degli equity fund per i titoli europei non si spiega con i rendimenti. Dati alla mano, infatti, i dividendi delle azioni non sono mai stati così invitanti rispetto alle obbligazioni, ormai a tassi sotto zero. 

Tra le cause del fenomeno, il rapporto della banca d’affari indica il fatto che nell’ultimo decennio il comportamento degli investitori, sia privati che istituzionali, ha visto crescere sia la tendenza al shortermismo, sia il travaso dai fondi attivi ai fondi passivi.

A fare argine alle vendite ci sono però altri protagonisti. Prima di tutto, l’ultimo anno ha registrato il record delle operazioni di buyback. Se nel 2017 i buyback (al netto delle emissioni) hanno mosso 40 miliardi di dollari, nel 2018 sono arrivati a 108 miliardi. Ma i veri protagonisti del mercato europeo sono stati i fondi di Private Equity, che sono stati i responsabili anche della maggior parte dei casi di M&A, soprattutto nel settore dei media, dell’industria e dei prodotti e servizi di largo consumo. In totale, tra lo shopping del Private Equity e le operazioni di M&A sono entrati in campo 100 miliardi di dollari. Il livello più alto degli ultimi dieci anni.

Sebbene una parte degli ordini di vendita sia stato controbilanciato da acquisti sotto forma di buyback, e dalla presenza dei fondi di private equity, l’analisi della banca d’affari segnala però un problema: l’incontro tra domanda e offerta, nel gran mercato dei titoli europei, non funziona più. 

O meglio, è molto squilibrato dal lato dell’offerta, essendo venuta meno da parte della domanda una cifra intorno ai 70 miliardi di dollari. Questo anche per colpa del declino, dal lato dell’offerta, delle operazioni più attraenti, quelle di M&A, che nell’ultimo anno hanno toccato un minimo storico.

Il motivo per cui il private equity è diventato un fattore determinante nel mercato azionario europeo, sostiene Morgan Stanley, è il basso costo del denaro. O meglio, la differenza tra il costo del capitale e il suo rendimento: il gap tra questi due livelli, pur essendo in entrambi casi basso, non è mai stato così vistoso. E questo ha reso molto attraente il costo del finanziamento, la qual cosa alimenta appunto l’attività del private equity.

I vantaggi del nuovo ruolo che i private equity stanno assumendo sono molteplici, e contrastano proprio con le tendenze – considerate negative – che ha espresso il mercato degli investitori privati. E cioè imprime una visione di lungo termine contro quella mordi  fuggi, un’accurata scelta dei titoli su cui investire, e quindi una strategia di ricerca del valore. E anche un investimento più attento al fattore sostenibilità.

P.P.