Mentre gli altri chiudono, noi presidiamo il mercato

Intervista a Vincenzo Formisano, Presidente della Banca Popolare del Cassinate e professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese  all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale

Come una Popolare in quasi 70 anni di storia ha accompagnato la rinascita di un territorio dalla distruzione bellica all'attuale tessuto industriale - con presenze come l'auto,  la farmaceutica, l'agroalimentare -  continuando a crescere e a distribuire utili. Una banca a cui la dimensione locale non ha impedito di stare al passo con le sfide del mercato, dal fintech al private banking al sostegno delle startup giovanili

Giovanni Parrillo

La Banca Popolare del Cassinate nasce nel 1955 con 43 soci e un capitale sociale di 11.500.000 lire. Il suo scopo era quello di favorire la ricostruzione postbellica in un territorio gravemente provato. Oggi è un istituto solido, da anni ai primi posti delle principali classifiche nazionali, in grado di distribuire importanti dividendi ai soci e con profitti superiori alla media. Il suo presidente, Vincenzo Formisano, professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese all’Università di Cassino e del Lazio Meridionale, spiega in questa intervista come la storia della banca ne abbia definito anche la filosofia aziendale: in primo luogo l’obiettivo di fare vero “credito popolare”, a servizio della comunità.

Quali sono oggi le caratteristiche distintive della vostra banca? C’è ancora un legame speciale con il territorio?

«La Banca Popolare del Cassinate iniziò ad operare nel giugno 1956. L’intuizione di creare una banca locale è di un visionario, un sognatore, un uomo che ha fatto molto per il nostro territorio: parlo del senatore Piercarlo Restagno, direttore dell’Istituto bancario San Paolo di Torino, che è stato anche sindaco della città di Cassino. Restagno aveva intuìto la voglia di rinascita che animava i cassinati che, in quegli anni, stavano lavorando alla ricostruzione di un territorio completamente distrutto dal conflitto mondiale e aveva immaginato che una banca popolare, amministrata e diretta dalla classe dirigente locale, potesse essere un prezioso supporto per la ricostruzione e stimolare la ripresa delle attività economiche, contribuendo alla gestione dei fondi per la ricostruzione. All’epoca mio padre aveva 21 anni e da subito fu uno dei protagonisti della BPC, fino a diventarne presidente nel 1986, ruolo che ha ricoperto per 34 anni, fino alla sua scomparsa. La nostra è una banca che attua i valori storici del credito popolare: frazionamento del credito, vicinanza alle persone – soprattutto quelle in situazioni di bisogno – e radicamento territoriale. Altro punto di forza è l’attenzione ai soci, con prodotti dedicati e con un’importante distribuzione di utili, avvenuta ogni anno, senza interruzione, dalla fondazione ad oggi. Siamo al servizio della comunità locale, ma sempre con senso di responsabilità: le amministrazioni che si sono succedute nel tempo hanno sempre fatto della trasparenza e della sana e prudente gestione il proprio punto di forza».

L’economia italiana ha avuto nel 2023 una crescita modesta, destinata a rimanere su questi bassi livelli anche per il corrente anno. Quali sono le prospettive per il Lazio Meridionale?

«Gli imprenditori dell’area in cui la banca opera (ovvero le Province di Frosinone e Latina) hanno dato prova di grande resilienza e di una straordinaria capacità di riposizionarsi e adeguarsi ad una congiuntura non favorevole: il comparto automotive e metalmeccanico ha raggiunto il punto di minimo e questo ci fa sperare in una ripresa, sia a livello produttivo sia in termini di innovazione. Penso allo stabilimento Stellantis e alle tante aziende dell’indotto o alla nascita di uno stabilimento di produzione di batterie – promosso da una controllata di Finmeccanica – con lo scopo di incentivare la produzione di auto elettriche. Lo stabilimento di Cassino può essere davvero all’avanguardia, soprattutto nel settore delle auto di alta gamma. Probabilmente non si arriverà ai precedenti livelli occupazionali, ma il nostro stabilimento Stellantis manterrà un ruolo strategico e assisteremo ad un riposizionamento dell’industria manifatturiera. Al tempo stesso, si sta investendo molto anche su altri comparti come, ad esempio, il turismo in generale (penso alla riviera di Ulisse, alle Isole Pontine e a tante zone di grande pregio e di grande interesse storico paesaggistico del nostro territorio) e quello congressuale, quest’ultimo sostenuto anche dalla presenza dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale. Altri settori importanti sono quello farmaceutico e quello agroalimentare, nei quali ci sono forti segni di vitalità che consentiranno al territorio di tornare a volumi di crescita importanti. Basti pensare a prodotti di eccellenza come il Peperone Dop di Pontecorvo, o la produzione di tabacco – sempre a Pontecorvo – che può ritrovare nuova vitalità».

Qual è il vostro rapporto con le imprese sui grandi temi per aiutarle a crescere, ovvero: finanziamento dell’innovazione, sostegno all’export, passaggio generazionale, introduzione di manager esterni?

«La BPC ha stanziato fondi importanti per investimenti nel settore green e, nel rispetto delle nuove indicazioni in ambito ESG, per le imprese agricole, per il supporto all’innovazione: il nostro istituto è in prima linea e, anche grazie a strumenti come Mediocredito Centrale e garanzie SACE, può moltiplicare la propria azione sul territorio. Nel 2023 i nostri impieghi sono cresciuti dell’8%, in netta controtendenza rispetto all’andamento provinciale: nel nostro territorio, infatti, gli impieghi sono diminuiti del 5%. La nostra banca vanta un CET1 21,5 %, al di sopra della media e che è un importante indice di solidità del nostro Istituto».  

Il sistema dei finanziamenti alle imprese e alle famiglie è in grande evoluzione. Cresce anche nel nostro paese il ruolo degli operatori non bancari e diventa sempre più aggressiva la concorrenza delle piattaforme di pagamento e di quelle di prestito: come pensate di contrastare questi nuovi concorrenti? Quali sono i vostri piani per la banca digitale? C’è un problema di dimensioni per affrontare questa sfida?

«L’esperienza professionale ed accademica – arricchita dal confronto con altri  studiosi che partecipano al  Laboratorio Banca Impresa Finanza Etica (BIFELAB) che ho l’onore di dirigere – mi consentono di avere una visione più ampia, godendo di un punto di osservazione privilegiato. I grandi istituti di credito tendono a realizzare economie di scala attraverso investimenti in tecnologie, con la conseguente riduzione della loro presenza sul territorio. La BPC ha una visione diversa: attraverso i network è possibile sostenere finanziariamente l’innovazione, ma al tempo stesso essere presente nei piccoli e nei grandi centri e mettere al primo posto i bisogni dei propri clienti. Sostanzialmente un modello ibrido, che consente di superare la criticità della piccola dimensione senza rinunciare alle nuove frontiere del Fintech e della banca digitale».

A che fase è arrivata l’evoluzione tecnologica della banca?

«La tecnologia è fondamentale per offrire servizi ad alto valore aggiunto: abbiamo creato Io in Banca, la nostra banca interamente digitale, che sta riscuotendo uno straordinario successo anche senza grossi investimenti di marketing; abbiamo realizzato delle sinergie con piattaforme Fintech che stanno dando nuovo impulso al nostro lavoro: tra queste, FX12, di Napoli, spin off dell’Università Partenope che coinvolge anche Cassa Depositi e Prestiti, Nexi e la CGN di Pordenone. Questa coesistenza di tecnologia e presenza fisica, innovazione e tradizione, è un modello vincente, che piace molto, soprattutto ai giovani che cercano velocità e efficienza, ma chiedono anche di confrontarsi con personale qualificato in grado di guidarli nel loro percorso di vita imprenditoriale/o professionale. Sono questi gli strumenti efficaci che assicurano alla BPC un vantaggio competitivo nel mercato target di riferimento (famiglie e PMI)».

Sentite un limite nell’essere una banca di piccole dimensioni in un sistema che tende a consolidarsi?

«La dicotomia tra grandi e piccole banche è un falso problema: l’economia italiana, costituita da numerose piccole imprese, ha bisogno sia dei grandi sia dei piccoli Istituti bancari. Per questi ultimi, la soluzione alternativa alle aggregazioni bancarie è l’adesione a network per la gestione di tutti i sistemi complessi, che necessitano di grandi investimenti (ad esempio la piattaforma informatica). Ciò consente di ottenere economie di scale, mantenendo la propria autonomia. Da oltre trent’anni percorriamo tale strategia con importanti players informatici e da qualche anno, insieme alle altre banche popolari, abbiamo costituito una società consortile per azioni, denominata Luigi Luzzatti, proprio per gestire tali servizi, per fornire supporto ai piccoli istituti. Il risultato si vede in performances economiche e patrimoniali di assoluto livello, servizi innovativi in grado di coniugare efficienza ed efficacia al fine di guadagnare quote di mercato».

Il sistema bancario italiano, dopo due anni di profitti elevati, si  presenta nel complesso ben attrezzato per affrontare il periodo di stagnazione economica e le ricadute sui prezzi delle  gravi incertezze geopolitiche. Quali sono, a suo avviso, le sfide più importati per il sistema in questa congiuntura? Quali le vostre nello specifico?

«Le prospettive sono di grande sviluppo, ma lo snodo centrale è la capacità di innovare, di avere idee imprenditoriali importanti. Le banche devono farsi carico di rischi quantitativamente sostenibili rispetto ai loro patrimoni e le popolari devono continuare a ispirarsi al motto di Luigi Luzzatti “non molto a pochi, ma poco a molti”. Grazie a queste politiche, la BPC, ormai da anni, è sempre ai primi posti delle principali classifiche nazionali. Evidenzio alcuni indicatori virtuosi: NPL Ratio – che si attesta al 5,50% – con  coverage di copertura che grazie anche alle garanzie di mediocredito centrale, supera il 60%, ROE oltre l’11%, con conseguente distribuzione di importanti dividendi ai nostri soci. La BPC negli ultimi 15 anni ha sempre ottenuto profitti superiori alla media; stiamo dando vita a nuovi progetti nell’ambito della bancassicurazione, del fintech, del private banking e stiamo incrementando i ricavi da servizi. Gli obiettivi della banca sono sicuramente ambiziosi, il processo è appena iniziato e siamo fiduciosi che attraverso la capacità dei nostri dirigenti, del nostro personale a cui va il merito principale dei nostri successi, saremo in grado di essere al passo con i tempi ed affrontare le sfide che il mercato ci presenterà. Sono anche convinto che la riduzione del costo di denaro potrà sostenere un rilancio dell’economia, fiducioso della circostanza che il tessuto economico provinciale e nazionale esprima risorse umane in grado di  affrontare le nuove sfide».

Lei è vicepresidente dell’Associazione Nazionale fra le banche popolari. Si  tratta di una realtà che riunisce in Italia 54 banche popolari cooperative, con 500.000 soci, 3.800 sportelli sul territorio. Un recente studio pubblicato su Minerva Bancaria1 ha indagato il contributo delle banche cooperative e mutualistiche alle rispettive comunità. “Queste banche influenzano la crescita economica, l’inclusione finanziaria e la sostenibilità. Possono anche apportare benefici alla società promuovendo la sicurezza e la stabilità finanziaria, offrendo allo stesso tempo servizi personalizzati che soddisfano le esigenze specifiche di diversi clienti”. Possiamo capire di più circa il rapporto “speciale” che una banca popolare ha con i propri soci?

«C’è un rapporto speciale tra la BPC e i soci consolidato nel tempo, alimentato da una trasparenza assoluta nella gestione di ogni attività. Le diverse amministrazioni che si sono succedute alla guida del nostro istituto hanno avuto la capacità di gestire con visione imprenditoriale, ma anche con la tipica prudenza del buon padre di famiglia, accantonando utili nei periodi di congiuntura favorevole, destinati al fondo acquisto azioni proprie. Tutto ciò ha reso più facilmente liquidabile le azioni della banca stabilizzandone il valore che viene determinato da esperti indipendenti con criteri certi e prudenziali, così da renderlo concreto e oggettivo. Tutto ciò, unito alla distribuzione annuale dei dividendi, rappresenta un tratto distintivo della BPC, che insieme alla concessione di  prestiti agevolati e condizioni favorevoli riservate ai soci, ha contribuito a fidelizzare nel tempo il rapporto con i nostri azionisti».

Lei è professore ordinario di Economia e Gestione delle Imprese  presso l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale ed è stato Presidente del CUEIM – Consorzio Universitario di Economia Industriale e Manageriale. Quali sono i rapporti fra banca e università? È possibile fare di più e come? Come si può  stimolare l’innovazione attraverso i finanziamenti?

«Tra la Banca Popolare del Cassinate e l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale c’è un rapporto strettissimo e speciale, una sinergia costante che dura nel tempo. Il mio duplice ruolo di docente presso l’Università di Cassino e di presidente della banca ha facilitato questa collaborazione e, grazie anche al lavoro compiuto in tanti anni di impegno accademico e scientifico, ha facilitato la percezione di quanto l’Università e la ricerca siano fondamentali per la formazione di risorse qualificate, per l’innovazione, per la conoscenza e per la pianificazione di percorsi di sviluppo. La nostra banca da sempre finanzia ricerca e formazione, favorisce il diritto allo studio con borse di studio e forme di rateizzazione delle tasse universitarie».

Avete lanciato un piano per il sostegno dell’imprenditoria giovanile. Di che si tratta?

«Il nostro fiore all’occhiello per la promozione dell’innovazione e dell’imprenditoria giovanile è il progetto Prima Idea, che da più di 12 anni consente alle start up proposte da giovani del territorio di accedere a finanziamenti a tasso zero, in cui l’unica garanzia richiesta è la validità, l’originalità, la sostenibilità dell’idea. I progetti vengono valutati da una Commissione composta da rappresentanti dell’Università, del mondo imprenditoriale e del nostro istituto. Una particolare attenzione è riservata all’imprenditoria femminile. L’auspicio è che l’innovazione e l’imprenditoria vengano stimolate e sostenute anche attraverso adeguate politiche statali che favoriscano i giovani, i finanziamenti di banche e imprese e, naturalmente, indirizzino lo sviluppo e la crescita in un’ottica green e di sostenibilità».


1Sahara Shaik, “The role of mutual & cooperative banks in contemporary society”. Rivista Bancaria – Minerva Bancaria, n. 5-6/2023.  Lo studio si è basato su una metodologia di ricerca mista. I dati quantitativi sono stati raccolti dai clienti di 60 banche mutualistiche e cooperative operanti in Germania, Spagna e Italia. I dati qualitativi sono stati recuperati mediante interviste a sette clienti di diverse banche mutualistiche e cooperative.