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PRETESTI
Ma i successi finanziari del governo sono veri?

In questo "Pretesto" Oliviero Pesce soppesa, dati alla mano, quanto sia stato il gradimento reale tra gli italiani dell'ultima emissione di titoli del Tesoro. Un Tesoro che arriva a elemosinare persino dall'8 per mille

Oliviero Pesce
Olivero-Pesce

L’ultimo collocamento di Buoni del Tesoro poliennali, con una cedola indicizzata all’andamento dell’inflazione, ha visto adesioni per 8,79 miliardi di euro ed è stato presentato come un successo, anche perché c’è stata – si dice – una significativa partecipazione del pubblico individuale (retail).

Il MEF riassume come segue i risultati:

L’importo emesso pari a 8.790,678 milioni di euro coincide con il controvalore complessivo dei contratti di acquisto validamente conclusi alla pari sul MOT durante il periodo di collocamento, che è iniziato il giorno 29 maggio 2025 e si è concluso alle ore 12.00 del 30 maggio 2025.

In particolare, nel corso della prima fase del collocamento, dedicata a investitori individuali e affini e tenutasi dal 27 al 29 maggio, sono stati conclusi 190.125 contratti per un controvalore pari a 6.533,255 milioni di euro. Tra questi, circa il 62 per cento è stato di importo inferiore ai 20.000 euro, mentre se si considerano i contratti fino a 50.000 euro, si supera l’88 per cento del totale. Il taglio medio dei contratti è stato pari a 34.363 euro.

All’interno della quota sottoscritta da investitori individuali, si stima che il 51 per cento abbia inoltrato l’ordine attraverso le filiali delle reti bancarie (sia recandosi fisicamente in filiale sia inoltrando l’ordine a distanza) o gli uffici postali, mentre la quota di partecipazione attraverso l’home banking è stata pari al 49 per cento.                                                                                               

La seconda fase, dedicata agli investitori istituzionali, che si è svolta il 30 maggio, ha registrato 192 contratti per un controvalore complessivo domandato interamente accolto, pari a 2.257,423 milioni di euro. Nel 2022, Itinerari Previdenziali ha censito 330 “player istituzionali puri”(86 fondazioni di origine bancaria, 20 casse professionali privatizzate, 33 fondi negoziali e 191 fondi preesistenti).

Mettiamo queste cifre in prospettiva. Gli investitori individuali hanno sottoscritto 6,5 miliardi di euro. Essi, come abbiamo visto sopra in base al numero dei contratti, sono stati 190.125. Posto che in Italia gli elettori (gli adulti) sono circa 47,5 milioni e che la famiglia media è di circa 2,3 persone, i potenziali investitori (un adulto per famiglia), avrebbero potuto essere, grossolanamente, 20.650.000. Ha quindi partecipato all’offerta, lo 0,92 % dei potenziali investitori, meno dell’1%.

La cifra investita, 6,5 miliardi di euro, è pari allo 0,4767% della liquidità giacente in Italia nei conti correnti bancari – in pratica privi di alcuna remunerazione – di 1.363,6 miliardi di euro; meno della metà dell’1%. È pari allo 0,32 % del Pil italiano, di circa 2.024 miliardi di euro (meno di un terzo dell’1%); e alla quota del Pil che si crea in un giorno e poche ore.

È pari, inoltre, allo 0,217% del debito pubblico italiano, dell’ordine di 3.000 miliardi di euro. Rappresenta, sui titoli di Stato in circolazione (2.394 miliardi a fine 2023), lo 0,27% del totale. È pari a circa l’1,08 ‰ (per mille !!) delle attività finanziarie nette del paese (di circa 6.000 miliardi) e a circa lo 0,5555 ‰ (sempre per mille), delle attività reali e finanziarie nette del paese, pari a circa 11.700 miliardi di euro.

Infine, fatto cento il fabbisogno netto annuo per il 2023, di 108,7 miliardi, 6,5 miliardi – quanto investito dagli investitori individuali – coprono il fabbisogno di poco meno di 22 giorni, e 8,79 miliardi (il totale investito) quello di 29 giorni e mezzo, un mese scarso.

Quanto agli investitori istituzionali, ha partecipato al collocamento il 58% circa degli stessi (192 su 330), per una quota assai risicata. E tutto ciò, malgrado «si tengano i conti in ordine». Il MEF ha parecchio da correre, costretto com’è a finanziarsi in continuazione.                        

E questo Stato, che – dedotto quanto va ai grandi donatori, alle organizzazioni di volontariato e ai partiti politici – percepisce non meno del 985 per mille degli introiti della tassazione e probabilmente di più, chiede – con una pressante campagna pubblicitaria – l’elemosina di un residuo 8 ‰, per fare cose che sarebbe tenuto a fare istituzionalmente, facendo così concorrenza a chi fa, con scarsissimi mezzi, volontariato. Così è, anche se non vi pare.

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