BANCA D'ITALIA
L'inflazione è domata. È la disinflazione che preoccupa

Ecco il Panetta-pensiero dal discorso del governatore al Forex. E i suoi messaggi ai falchi della Bce, alle banche e agli imprenditori

Paola Pilati

L’intervento di Fabio Panetta al Forex appare come una prova generale delle sue prossime Considerazioni finali, le prime che terrà come governatore, a fine maggio di quest’anno. Non che Panetta sia stato finora avaro di esternazioni, ma per struttura e ampiezza di argomenti trattati l’appuntamento all’Assiom Forex, che riunisce gli operatori dei mercati finanziari, ha consentito un discorso da cui sono arrivati messaggi a un’audience ben più ampia.

Panetta ha parlato non solo ai mercati ma alla Bce, non solo alle banche ma agli imprenditori, non solo a orecchie italiane ma europee.

Il messaggio principale, quello indirizzato agli ex colleghi del board della Banca centrale europea, è che il momento per un taglio dei tassi è arrivato. L’inflazione è calata in tutti i paesi europei e questo andamento sta continuando, sia per l’inflazione complessiva che quella di fondo, sia nei servizi che nell’industria. Perciò il target del 2 per cento – la misura aurea a cui tende la Bce – potrà essere raggiunto già in questa primavera.

La prima destinataria di questo messaggio è senz’altro Isabel Schnabel, l’economista tedesca componente del board Bce, che solo pochi giorni fa ha invocato prudenza nell’imboccare la strada del taglio dei tassi, affermando che l’”ultimo miglio” della disinflazione è il più rischioso. L’inflazione potrebbe dare un colpo di coda, meglio non affrettarsi, è la sua posizione.

Nel dialogo a distanza, Panetta ribatte che quella dell’ultimo miglio è una preoccupazione “immotivata”, perché l’inflazione sta diminuendo a velocità pari o superiore a quella a cui era aumentata.

La preoccupazione, semmai, riguarda il pericolo inverso: un cammino eccessivo della disinflazione: “gli effetti della restrizione si stanno rivelando più forti rispetto a quanto stimato in passato dalla Bce” e continueranno a pesare almeno per tutto il 2024. “In Italia, l’inflazione è già allo 0,9 a gennaio, e resterebbe “inferiore al 2 nel 2024”.

Quale potrebbe essere lo scenario temuto? Da un lato, che le banche stringano i criteri di offerta dei prestiti, sia per la crescita della rischiosità dei debitori in un contesto di economia che fatica a crescere (e di un contesto internazionale pieno di incognite), sia per la riduzione della liquidità prodotta dal riassorbimento del QE. Dall’altro, che un allentamento “tardivo e aggressivo” possa accrescere la volatilità dei mercati finanziari e dell’attività economica.

La posizione italiana è dunque chiara. E Piero Cipollone – che ha preso il posto di Panetta a Francoforte – ha raccolto la palla dal governatore e l’ha rilanciata: «Non è necessario che la politica monetaria generi un ulteriore rallentamento della crescita per tenere sotto controllo l’inflazione», ha detto, «l’esaurimento degli shock all’offerta crea spazio per una ripresa della domanda senza che si alimenti l’inflazione». Il fronte delle “colombe”, di cui l’Italia è capofila, è già in posizione di battaglia per fare la sua parte nel cambio di rotta della Bce.

Un altro messaggio è indirizzato alle imprese, ed è quello di aumentare le buste paga. “Con pressioni inflazionistiche al ribasso e profitti delle imprese più elevati, un qualche recupero del potere d’acquisto dei salari, dopo le perdite subite, è fisiologico e potrà sostenere i consumi e la ripresa dell’economia”, ha affermato Panetta.

Quanto al pericolo che un aumento dei salari possa accendere nuovamente i prezzi, non dovrebbe preoccupare. “Il lavoro è solo uno dei fattori di produzione e la sua incidenza sui costi totali delle imprese è ben inferiore a quella dei beni intermedi e dell’energia”. Insomma, la crescita dei salari sarebbe “compensata dalla riduzione degli altri costi in atto da mesi”. Alla stagnazione dei costi di produzione totali si aggiunge poi la debolezza della domanda di beni e servizi: questo rende le imprese molto prudenti nel traslare sui prezzi l’eventuale aumento dei salari. Sanno che possono perdere quote di mercato.

Alle banche, che pure oggi appaiono in splendida forma, con bilanci fiorenti, un rendimento del capitale che sfiora il 13 per cento – “un valore mai rilevato dopo la crisi finanziaria”- , crediti deteriorati ridotti e alti coefficienti di liquidità, il governatore riserva una doccia fredda.

Attenzione, quello che vedete oggi riflette fattori di natura eccezionale: “sarebbe imprudente fare affidamento sull’irrealistica ipotesi” che una situazione del genere (abbondante liquidità, tassi in crescita e bassa domanda di credito) possa ripetersi, ha ammonito.

La liquidità in eccesso verrà riassorbita dall’Eurosistema, dunque le banche dovranno definire per tempo e con realismo i propri piani di raccolta. Quanto alla qualità dei prestiti, la Banca d’Italia prevede che la loro qualità peggiorerà nel prossimo biennio: anche qui, i modelli bancari andranno calibrati per incorporare questi nuovi rischi, soprattutto in quegli istituti che hanno una minore diversificazione della raccolta e puntano sull’espansione dei depositi.

Infine, la solidità del capitale. L’ammontare del patrimonio del sistema bancario è diminuito. L’aumento dei coefficienti patrimoniali registrato dal 2020 è stato sostenuto soprattutto dal calo delle esposizioni a rischio consentito dai prestiti garantiti dallo Stato, che ora stanno scadendo. La coperta pubblica nel giro di due anni si ridurrà dell’80 per cento.

Attingendo ai ricchi bilanci del 2023 le banche possono irrobustire il proprio capitale (e lo hanno fatto anche per effetto della cosiddetta “tassa sugli extraprofitti”), ma questo per Panetta non è ancora sufficiente. “per consentire alle banche di sostenere l’economia in caso di shock esterni al sistema finanziario, sono necessarie riserve patrimoniali macroprudenziali”. Riserve straordinarie per tempi di emergenza. Altri in Europa lo hanno già fatto. La banca centrale a guida Panetta non vuole essere da meno.