È già caldo il dibattito delle autorità di vigilanza europee e d’oltreoceano su Libra, il nuovo progetto di “criptovaluta” fortemente innovativo lanciato da Facebook.
Libra nasce con una prospettiva di superamento dei rischi connessi all’alta volatilità delle criptovalute e sembra proporre un sistema basato sulla distributed ledger techonology (dlt) peculiare, ascrivibile ad un tertium genus rispetto alle reti permissioned e permissionless.
Quanto al primo aspetto, le più famose criptovalute, come è noto, sono caratterizzate per una drammatica volatilità dovuta alla mancanza di correlazione con le valute a corso legale e per una attribuzione di valore determinata unicamente con la logica di mercato della domanda e dell’offerta. Come il Re Creso, nel VI secolo in Lidia, volle che la prima moneta fosse in una lega naturale di argento e oro (nota con il nome di elettro), così Zuckerberg ha progettato Libra come stablecoin, ossia una criptovaluta coperta dalla Libra Reserve, una riserva di asset reali costituita con i contributi obbligatori dei partecipanti al consorzio dei fondatori della alt, che assumeranno inizialmente il ruolo di operatori dei nodi.
Nella fase di sperimentazione iniziale la Libra Reserve sarà costituita da 4 monete: Dollaro Nordamericano, Euro, Jen Giapponese e Sterlina Britannica. In caso di importanti fluttuazioni del prezzo, l’equilibrio del paniere delle monete potrà essere modificato.
Innovativa rispetto alle attuali criptovalute è anche la dlt di gestione delle transazioni tramite Libra.
In breve, i sistemi dlt utilizzano, come noto, una struttura tecnologica che mira a costruire una rete per la condivisione di informazioni tramite un registro distribuito (distributed ledger) funzionale a cristallizzare le transazioni tra le parti partecipanti alla rete in modo definitivo, senza possibilità di una successiva alterazione delle registrazioni. In particolare, i partecipanti alla rete assumono la funzione di nodi della dlt e la circolazione delle informazioni sulle nuove transazioni avviene a mezzo della comunicazione tra i nodi stessi che, nella condivisione virtuale delle informazioni, ne attestano la verità e correttezza, validando la criptoscrittura sulla rete dlt. In altri termini, la validazione della registrazione realizza il controllo condiviso sull’operazione nella rete.
Il meccanismo descritto assicura, così, la gestione decentralizzata di un database condiviso, affidata non ad un’autorità centrale ma ai partecipanti stessi (i c.d. nodi), strutturabile secondo metodologie differenti. Nel caso dei sistemi permissionless, tipico di alcune criptovalute come Bitcoin, Litecoin e Ethereum, la partecipazione alla rete è libera e si realizza con l’esecuzione di un software dedicato a garantire la validazione delle transazioni da parte dei partecipanti alla rete. Nelle reti permissioned, la partecipazione alla rete è condizionata al soddisfacimento di requisiti soggettivi e oggettivi imposti dal gestore della rete.
Sembrerebbe che Libra intenda realizzare quello che potrebbe essere definito quasi un tertium genus di dlt, basato su un doppio sistema di token: i Libra Investment Token e i payment token. Il sistema nasce come una rete a gestione privata da parte di un consorzio iniziale che permetterà la distribuzione della rete in tutto il globo e garantirà però l’automatismo, tipico delle criptovalute, delle transazioni in Libra attraverso la validazione dei partecipanti alla rete.
Il sistema sarà, così, gestito da un consorzio di fondatori, soggetti giuridici cui viene conferito il potere di gestire la rete e garantirne la distribuzione come network globalizzato. I gestori dei nodi saranno rappresentati da Facebook e da altri 27 soggetti del mondo finanziario e tecnologico (tra cui Visa, PayPal&Co, Mastercard, Booking, Uber); l’obiettivo finale però è allargare l’oligopolio fino ad un centinaio di nodi che operino. I partecipanti al consorzio dovranno acquistare un token, denominato Libra Investment Token, del valore di dieci milioni di dollari, che incorpora il diritto alla gestione della dlt e che sarà distinto dai payment token che verranno distribuiti invece agli utenti.
Libra si baserà su una blockchain qualificata come proof-of-stake (POS) e basata su un tipo di protocollo di messa in sicurezza della rete che impone ad ogni utente di dimostrare il possesso di un quantitativo di criptovaluta. L’infrastruttura finanziaria sarà, inoltre, basata sul consenso algoritmico denominato Libra BFT (Byzantine Fault Tolerance) che permette alla rete di resistere anche se una percentuale di nodi agiscono in modo errato.
Date queste caratteristiche, più che nel mondo delle criptovalute, l’impatto sul sistema dei servizi di pagamento sarà inevitabilmente disruptive.
Se 500 milioni di europei usano l’euro, prospetticamente 2 miliardi di persone, utenti Facebook, avranno potenzialmente accesso a Libra, anche senza aver mai avuto accesso ad un servizio bancario.
Il tema della sicurezza nella gestione dei dati è centrale. Soprattutto se si valuta che solo lo scorso 30 aprile il titolo Facebook è stato rimosso da S&P500Esg (l’indice più importante del mondo parametrato a criteri ambientali, sociali e di governance), a motivo del basso punteggio ottenuto dalla società guidata da Zuckerberg proprio in tema di protezione della privacy e di efficacia dei processi di gestione dei rischi aziendali.
Il Comitato di Basilea, nella riunione del 19 e 20 giugno, ha fortemente denunciato i rischi delle criptovalute. Da noi, il neopresidente della Consob Paolo Savona suggerisce di portare le criptovalute nel monopolio pubblico. D’oltreoceano, Maxine Waters, presidente della commissione Servizi finanziari alla Camera nordamericana chiede di fermare lo sviluppo di Libra, con l’argomento che, dopo gli scandali di Cambridge Analytica, la fiducia verso il social network è seriamente minata.
Certo è che il 16 luglio la Commissione bancaria del Senato USA ha fissato un’audizione per avviare l’iter autorizzativo per la nuova criptovaluta. Resta poi da chiedersi se Libra potrà essere qualificata come sistema di pagamento da sottoporsi alla PSD2 per ottenere così la green light in Europa.
Un imprevisto è la sola speranza, ci suggerirebbe Montale.