UNO STUDIO CONSOB-NORMALE DI PISA
L'eredità del Covid in borsa

Il lockdown ha agevolato il passaggio alla transizione digitale nel settore finanziario e ha attirato in borsa l'interesse di una classe di investitori più giovani. Che sono rimasti attivi dopo la fine del Covid, assicurando nuova liquidità al mercato

Paola Pilati

Il Covid ha portato in Borsa 180 mila nuovi investitori, più giovani e svegli della popolazione che praticava abitualmente il listino prima del lockdown. È il risultato dello studio condotto dalla Consob e dalla Normale di Pisa per indagare dimensione e natura dei cambiamenti registrati nel trading on line durante la pandemia, isolando solo quelli della popolazione degli investitori non professionali.

Il fenomeno dell’aumento degli accessi al trading online durante la pandemia non è del tutto sorprendente: la costrizione a casa per mesi e il tanto tempo libero a disposizione hanno indotto molti a sperimentare varie forme di gambling e ad assimilare ad esso la compravendita di azioni, resa più facile dalla semplicità di accesso delle piattaforme fintech. È successo un po’ ovunque nel mondo, ed evidenzia un comportamento sociale fatto di ricerca di distrazione, di emozioni, di guadagno facile, di riscatto economico.

Lo studio Consob-Normale non è però interessato tanto all’aspetto sociale, quanto al profilo della popolazione degli investitori “al dettaglio”: se è cambiata in via permanente, qual è il suo comportamento nell’entrare e uscire dall’investimento, se – in ultima analisi – il Covid ha fatto scoprire la Borsa a una fetta di persone che altrimenti non l’avrebbero accostata.

L’analisi parte dal gennaio 2020, si conclude a fine settembre 2021 e scrutina tutte le transazioni quotidiane, arrivando a osservare 2.253.707 investitori che hanno operato su 286 azioni italiane. La fotografia che ne emerge è che durante il lockdown 563.575 investitori singoli hanno fatto trading in Borsa almeno una volta, ma la novità è soprattutto che 184.987 (il 32%) sono newcomers, cioè non si erano mai affacciati al trading prima del lockdown.

Costoro non sono scomparsi dopo la fine dell’emergenza Covid, anzi sono in gran parte rimasti attivi in Borsa. Per identificarli meglio lo studio usa il parametro dell’età (l’analisi è completamente anonima), in media più bassa di dieci anni di quella media precedente (cioè 50 anni contro 59), a testimoniare che il lockdown ha attirato investitori più giovani al mercato azionario; usa poi il parametro del genere, scoprendo che i newcomers sono prevalentemente maschi, mentre la quota femminile attiva in Borsa durante il lockdown si è addirittura ridotta ma rispetto a prima.

Ma la domanda più interessante a cui lo studio dà risposta è quella sul fiuto di questi investitori del lockdown: hanno guadagnato o hanno perso? La risposta è che il gruppo dei newcomers si è dimostrato complessivamente più abile degli investitori abitudinari attivi prima del lockdown: tra questi ultimi solo il 68 per cento registrava profitti, contro l’85 per cento dei nuovi arrivati. Una soddisfazione che li ha indotti a restare attivi anche dopo la fine delle restrizioni, partecipando in via permanente alla popolazione dei traders non professionisti.

Questo ha prodotto due effetti sulla struttura del mercato. Il primo è l’aumento dei volumi di attività registrati in Borsa, che non sono tornati al livello pre-Covid ma sono migliorati e viaggiano permanentemente su un livello che ingloba i nuovi arrivati.

Il secondo effetto riguarda i comportamenti nelle compravendite. Di solito gli investitori seguono nel loro complesso la condotta cosiddetta “contrarian”, cioè comprano quando il mercato scende e vendono quando sale e viceversa. Ci si sarebbe aspettati che, con un mercato in gran parte in discesa durante il Covid, i nuovi investitori avrebbero fatto lo stesso. Invece gli esordienti – tali solo in apparenza perché a conti fatti piuttosto scafati – si sono rivelati meno proni all’atteggiamento contrarian, comprando meno di quanto ci si potrebbe aspettare con il mercato in discesa.

Lo studio Consob-Normale giunge, nelle conclusioni, a una considerazione inaspettatamente positiva, che forse non annulla le considerazioni amare sul fenomeno dei delisting che proprio in questi giorni ha ritrovato alimento dalla decisione di Della Valle di ritirarsi dal listino, ma un po’ le compensa.

Tra le tante conseguenze negative che il Covid ha portato nelle nostre vite, dicono gli autori, c’è questo impatto sui mercati finanziari, che negativo non è. Perché da un lato ha agevolato il passaggio alla transizione digitale nel settore finanziario, con il boom delle fintech e del trading online che sono diventati di uso comune per gli investitori; dall’altro ha attirato sulla Borsa l’interesse di una classe di investitori più giovani, che senza il lockdown forse non si sarebbero avvicinati, e che oltretutto sono rimasti attivi anche ben oltre la fine del Covid.

Una presenza che ha dato nuova linfa alla Borsa, ne ha aumentato il giro d’affari, e ha apportato quella liquidità che è fondamentale per la salute del mercato.

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