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L’equo processo secondo la Consob

Secondo i giudici amministrativi del Lazio i procedimenti sanzionatori dell’authority non violano il diritto a un equo processo. Ma gli intermediari coinvolti ricorrono al Consiglio di Stato. Nel frattempo però le sanzioni contestate sono esecutive

Biancamaria Raganelli
Bianca

Con due recenti sentenze il Tar Lazio esclude che il procedimento sanzionatorio disciplinato con regolamento Consob 2005 possa essere ritenuto incompatibile con il principio dell’equo processo di cui all’art. 6 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo per la mancanza di garanzie di partecipazione e di contraddittorio (Tar  Lazio 19  novembre 2014, nn. 11053  e 11054). Le pronunce inducono a riflettere sulla validità del sistema sanzionatorio delle autorità amministrative indipendenti italiane in relazione ai principi Cedu e all’interpretazione degli stessi fornita dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo.

Il caso ha origine da due procedimenti sanzionatori avviati dalla Consob tra dicembre 2013 e gennaio 2014 nei confronti di Banca Profilo S.p.A. e Arepo BP S.p.A. in violazione dell’art. 187- ter, comma 3, lettere a) e b), del d.lgs. n. 58/1998 (Testo Unico della Finanza, Tuf) e per mancata adozione “di adeguate misure in tema di individuazione e segnalazione delle operazioni sospette di costituire abusi di mercato”, in violazione dell’art. 187-nonies Tuf e delle relative misure di attuazione. I ricorrenti chiedevano l’annullamento o revoca degli atti del procedimento sanzionatorio irrogato dalla Consob; l’annullamento e l’accertamento dell’illegittimità del regolamento Consob n. 15086/2005 per presunto contrasto con l’art. 6 della Convenzione Edu e l’accertamento dell’obbligo dell’autorità di provvedere all’emanazione di un nuovo regolamento conforme all’art. 6 della Cedu.

La questione che ha dato luogo al giudizio e le pronunce che ne sono seguite toccano profili importanti che riguardano i temi della partecipazione e del contraddittorio nel procedimento sanzionatorio citato, considerate da parte della scienza giuridica e della giurisprudenza  più recente, un filtro di legittimazione necessario per colmare il deficit democratico che caratterizza le autorità indipendenti; della mancanza di una pubblica udienza e della compatibilità con il diritto a un equo processo; della possibilità di compensare alcuni vizi della fase procedimentale attraverso il successivo controllo giurisdizionale innanzi ad un organo indipendente e imparziale dotato di piena giurisdizione; il riconoscimento di una tutela giurisdizionale anticipata avverso l’atto presupposto. La controversia coinvolge le modalità con le quali la Consob, nell’esercizio della potestà regolamentare a essa attribuita dal Tuf, ha disciplinato il procedimento sanzionatorio relativo alle sanzioni per market abuse.

Come noto, la Consob rientra tra quei soggetti indipendenti dal potere politico e sottratti al modello di responsabilità di cui all’art. 95 della Costituzione, cui sono tuttavia affidati poteri normativi in grado di incidere sul mercato e sull’attività degli operatori. Di qui l’esigenza di un rafforzamento della legalità procedurale, che assicuri la partecipazione e il contraddittorio con gli interessati nei relativi procedimenti di regolazione.

Il Tar Lazio ha prima negato l’istanza cautelare e poi respinto i ricorsi nel merito. La sesta sezione del Consiglio di Stato, ha concesso l’appello cautelare in primo grado (ordinanze nn. 4491-4492/2014) e, da ultimo, accolto l’istanza di misure cautelari monocratiche proposte dai ricorrenti in appello alle decisioni in commento e per l’effetto sospeso interinalmente l’efficacia delle sentenze impugnate (ordinanze nn. 5465-5466/2014) in attesa della discussione in camera di consiglio fissata per la prima metà di gennaio. Questi ritiene sussistano sufficienti elementi di fumus con riferimento alle conseguenze della sentenza Cedu Grande Stevens sul procedimento sanzionatorio in rilievo, nonché “l’estrema urgenza e gravità del danno” con particolare riferimento all’entità delle conseguenze patrimoniali, professionali e funzionali incombenti all’esito del procedimento sanzionatorio medesimo.

Le ordinanze n. 4491-4492 risultano particolarmente innovative rispetto alla giurisprudenza precedente, nella misura in cui riconoscono una tutela giurisdizionale anticipata rispetto all’emanazione del provvedimento sanzionatorio. Viene affermato che, al fine della effettività della tutela giurisdizionale cautelare, non è necessario attendere l’eventuale emanazione di sanzioni, per ipotesi viziate perché adottate sulla base di regolamento illegittimo. Il Consiglio di Stato richiama la sentenza Cedu Grande Stevens, che ha riguardato proprio il regolamento Consob, ritenuto in contrasto con l’art. 6 Cedu sotto vari profili, tra cui la mancanza di contraddittorio e di pubblicità del procedimento. Esso ha ribadito che sussiste il dovere di adeguarsi alle sentenze della Corte Edu, riconosciuto anche dalla Corte Costituzionale (tra le altre, Corte Cost. 7 aprile 2011, n. 113). Tale impostazione trova un cauto riconoscimento anche nelle pronunce Tar di merito.

Quanto ai contenuti della questione e al riconoscimento delle garanzie di partecipazione e contraddittorio nei procedimenti delle autorità indipendenti in generale, vale la pena ricordare che la giurisprudenza amministrativa, in passato fredda nei confronti delle richieste avanzate dai partecipanti ai procedimenti regolatori, risulta oggi unanime nel riconoscere ai destinatati dei provvedimenti delle autorità il diritto di partecipazione al procedimento e di contraddittorio tra le parti, quali garanzie minime in assenza di una responsabilità politica delle autorità stesse. Il Consiglio di Stato ha sostenuto che, nei settori regolati dalle autorità, in assenza di responsabilità e di soggezione nei confronti del Governo, l’indipendenza e la neutralità delle autorità possono trovare un fondamento dal basso, a condizione che siano assicurate le garanzie del giusto procedimento e il controllo in sede giurisdizionale. L’evoluzione della giurisprudenza ha di fatto operato una revisione della disciplina generale sul procedimento amministrativo (l. n. 241/1990, artt. 3 e 13), che esclude l’obbligo di motivazione per gli atti normativi e quelli a contenuto generale, cui appartengono gli atti delle autorità. Essa stabilisce che le garanzie di partecipazione al procedimento non trovano applicazione nei confronti dell’attività della pubblica amministrazione diretta all’emanazione di atti nomativi, amministrativi generali di pianificazione e di programmazione, per i quali restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione. Anche gran parte della letteratura sostiene l’introduzione di tali forme di garanzia nei procedimenti delle autorità indipendenti, in adeguamento ai principi europei sul giusto processo e nonostante il rischio di una maggiore rigidità e lentezza nelle procedure (c.d. rischio di ossificazione).

In linea con la posizione espressa dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare, il Tar Lazio afferma che lo Stato italiano debba ritenersi vincolato anche alle premesse logiche delle decisioni della Corte Edu. Così con  riferimento  alla qualificazione come penali delle sanzioni amministrative relative agli illeciti di cui all’art. 187-ter del Tuf, operata dalla Corte nel caso Grande Stevens. Di conseguenza le qualificazioni giuridiche e tutti i passaggi dell’iter logico delle decisioni della Corte Edu costituiscono strumenti per operare l’interpretazione conforme. Tuttavia, è proprio dall’interpretazione delle parole della Corte di Strasburgo che il Tar trae le ragioni della propria decisione e nega che la sentenza Grande Stevens possa essere letta come una dichiarazione di incompatibilità assoluta del Regolamento Consob ai principi del giusto processo. Il passaggio centrale è rappresentato dal legame tra fase giurisdizionale e fase procedimentale. In particolare, l’esistenza di un successivo grado di giudizio sarebbe idonea a sanare la mancanza nel procedimento sanzionatorio della Consob delle garanzie di partecipazione e contraddittorio. Le esigenze di tutela del contraddittorio troverebbero adeguata soddisfazione nella valutazione del procedimento come indissolubilmente connesso al successivo grado di giudizio. Lo stesso varrebbe con riferimento alla possibilità per gli interessati di interrogare e far interrogare le persone sentite dalla Consob nel corso delle attività accertative del preteso illecito; la possibilità di esporre in pubblica udienza dinanzi all’organo decidente le proprie ragioni nel pieno contraddittorio con gli uffici dell’autorità; la possibilità di avere un organo decidente che non coincida con la stessa autorità che ha formulato le contestazioni e richiesto l’applicazione delle sanzioni.

Nelle decisioni si ribadisce che il cumulo dell’esercizio di funzioni di indagine e di giudizio in seno a una stessa istituzione in materia penale non è compatibile con le esigenze di imparzialità richieste dall’articolo 6 della Convenzione. L’adeguamento del regolamento a tali esigenze non sarebbe tuttavia un onere dell’Autorità, ma richiederebbe un intervento legislativo. Tale presa di posizione appare poco chiara. Non si comprende, infatti, come la potestà regolamentare attribuita all’autorità dalla legge possa non riguardare anche le modifiche, gli adeguamenti delle regole emanate e/o l’emanazione di un nuovo regolamento, considerato che gli adeguamenti richiesti risultano perfettamente in linea con la delega contenuta all’art. 187-septies che richiama i principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti istruttori, della verbalizzazione, nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.

La posizione del Tar non sembra fornire risposta ai rilievi secondo cui il ricorso a un giudice terzo e imparziale, in sede di opposizione innanzi alla Corte di Appello, non sarebbe comunque idoneo a eliminare le conseguenze negative del provvedimento sanzionatorio della Consob, specie se si considerano l’immediata esecutività dello stesso; il carattere estremamente grave delle sanzioni potenzialmente comminabili; la finalità repressiva di tali sanzioni; il carattere infamante delle stesse. Fin dall’inizio del procedimento sanzionatorio avviato dall’autorità di vigilanza, le contestazioni formulate sono in grado di arrecare pregiudizio all’onorabilità professionale e al credito delle persone interessate e di danneggiare di conseguenza le società, ma anche il mercato azionario e il settore bancario nazionale. In attesa della definizione della questione innanzi a un giudice dotato di piena giurisdizione il procedimento  sanzionatorio produce i propri effetti e il provvedimento sanzionatorio, in mancanza di sospensione, è immediatamente esecutivo.

Infine, riflessioni diverse sembrano discendere dall’evidenziata necessità di valutare la fase procedimentale (procedimento sanzionatorio innanzi alla Consob) come indissolubilmente connessa con quella giurisdizionale, a formare un unico procedimento, rispetto al quale valutare il rispetto delle garanzie di partecipazione e contraddittorio, e la connessa lesione del diritto al giusto processo. Seguendo tale impostazione il provvedimento sanzionatorio assume il ruolo di atto endoprocedimentale e l’irrogazione delle sanzioni dovrebbe essere subordinata al termine del giudizio (nei suoi diversi gradi).

Si attendono gli sviluppi che saranno forniti dal Consiglio di Stato in appello.

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