L’educazione finanziaria delle donne è correlata alla partecipazione femminile ai mercati finanziari, al mercato del lavoro e alle relative prospettive di guadagno. E chiama in causa la tenuta istituzionale e sociale di una comunità
In un contesto internazionale in cui uguaglianza ed equità mostrano profili di sempre maggiore vulnerabilità, lavorare per la parità di genere nell’educazione finanziaria rappresenta un punto di snodo nel contrasto alle disuguaglianze economiche e sociali.
Il fabbisogno di conoscenza finanziaria, cosiddetta alfabetizzazione finanziaria, correlata alla partecipazione delle donne al mercato del lavoro (inclusione economica) e all’accesso a strumenti e servizi bancari e finanziari (inclusione finanziaria), richiede strumenti per accrescere la consapevolezza e ridurre l’esposizione al rischio di prevaricazione e violenza economica.
L’attenzione istituzionale su tale fronte attraversa e supera il confine delle politiche sociali e per il lavoro.
Come sottolineato dalla Presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde in occasione dell’ECB International Women’s Day 2025, l’accesso all’informazione veritiera, la consapevolezza nelle scelte e l’educazione finanziaria delle donne assumono oggi un ruolo chiave nella definizione delle strategie di monitoraggio e intervento delle banche centrali.
In questa prospettiva, la Consumer Expectation Survey (CES), strumento di analisi dei comportamenti e delle aspettative finanziarie dei consumatori lanciato dalla BCE nel 2020, fa emergere come la propensione del settore privato a formare le aspettative sull’andamento delle variabili macro-finanziarie fondamentali (inflazione, tassi di interesse) sia sensibile al livello di educazione finanziaria degli agenti. Tuttavia, nell’individuare il profilo dei soggetti con un livello sufficientemente elevato di educazione finanziaria rispetto a caratteristiche socio-demografiche rilevanti (età, genere, livello di istruzione e reddito, area geografica di appartenenza), la stessa indagine pone in evidenza come le donne rappresentino il 60% della popolazione europea non dotata di un livello di educazione finanziaria di base, con uno scarto negativo di 20 punti percentuali rispetto agli uomini.
Tale divario trova immediato riscontro in una minore confidenza nell’uso di strumenti finanziari più o meno sofisticati, agisce negativamente sulla qualità e sulla consapevolezza nelle scelte di pianificazione finanziaria (financial experience) nonché sul livello di conoscenza delle nozioni fondamentali sui contratti di debito (debt literacy), esponendo le donne a maggiori costi e a più elevati livelli di indebitamento, confermando per questa via la relazione tra conoscenza finanziaria, esperienza finanziaria e qualità del debito contratto.
I dati comportamentali incrociati a quelli demografici Eurostat, che registrano un vantaggio attuale e prospettico nell’aspettativa di vita femminile, tratteggiano una realtà europea in cui le donne vivono più a lungo ma in un più avanzato stato di vulnerabilità finanziaria, così scontando una maggiore esposizione al rischio di sovra-indebitamento.
Le indagini condotte sui Paesi dell’Unione Europea convergono nel mostrare un divario nel livello di alfabetizzazione finanziaria, calcolato sulla base delle risposte a 3 tipologie standard di quesiti sulle conoscenze finanziarie (tasso di interesse composto, inflazione, diversificazione del rischio), pervasivo e persistente. In ogni Paese il gap è presente, seppure con profili di eterogeneità, in tutti i sottogruppi della popolazione per età, stato civile, livello di istruzione e reddito.
Tali tendenze trovano riscontro nel contesto italiano in cui, a fronte di graduali miglioramenti a livello di indice aggregato (+0,5 rispetto al 2020), il quadro sulle disuguaglianze finanziarie di genere resta problematico. L’Indagine sull’Alfabetizzazione e le Competenze Finanziarie degli Italiani (IACOFI) 2023, condotta da Banca d’Italia, fotografa una distanza media di punteggio (su scala da 0 a 20) di 0,4 punti inferiore per le donne.
A dimostrazione dello stretto legame tra livello di educazione finanziaria, partecipazione femminile al mercato del lavoro e accesso alle opportunità di guadagno, l’Edufin Index restituisce un gap di genere che tende ad assottigliarsi significativamente (passando da 14 a 4 su scala da 0 a 100) al convergere dello status occupazionale e del reddito maschile e femminile a valori simili.
In questa prospettiva, l’autonomia economica si conferma essere un fattore correlato positivamente al livello delle conoscenze finanziarie, laddove i sottogruppi con minore autonomia salariale (casalinghe e pensionate) contribuiscono ad ampliare la forbice nei livelli di conoscenze, mentre il lavoro dipendente e soprattutto quello autonomo, tendono a restringerla.
Elemento di crescente attenzione negli studi di monitoraggio del fenomeno, è la distribuzione delle risposte fornite ai quesiti sulle nozioni finanziarie fondamentali da cui emerge la propensione delle donne per l’opzione che rinuncia a fornire risposta. “Do not know” è il sintomo di un limite nell’autodeterminazione e di un livello insufficiente di sicurezza nella pianificazione finanziaria del proprio futuro.
Dunque, l’auto-esclusione, intesa come percezione di inadeguatezza a compiere in autonomia scelte finanziarie e prima manifestazione di esclusione finanziaria, si conferma principale bias cognitivo in grado di spiegare circa un terzo del divario osservato. Superata tale barriera, al crescere del livello di alfabetizzazione finanziaria, migliora la correttezza e l’accuratezza nelle scelte di risparmio, così come la partecipazione al mercato azionario e la performance nella gestione del debito.
Si comprende, dunque, come l’educazione finanziaria delle donne, fortemente correlata alla dimensione dell’inclusione e della partecipazione femminile ai mercati finanziari, al mercato del lavoro e alle relative prospettive di guadagno, rappresenti un fenomeno complesso che chiama in causa la tenuta istituzionale e sociale di una comunità. Nell’avvicinare la partecipazione femminile ai mercati, la stessa è in grado di fornire nuovi strumenti di autotutela, incoraggiando comportamenti finanziari virtuosi e di contrastare comportamenti nocivi alla tenuta patrimoniale.
Il richiamo all’impegno in termini di prossimità finanziaria rappresenta un presidio fondamentale per la piena conoscenza dei razionali su cui si fonda una sana e prudente gestione del denaro individuale e collettivo, contemperando l’esigenza di stabilità, efficienza e competitività del sistema finanziario con la tutela del diritto dei singoli alla programmazione del proprio futuro.
Fatta salva la responsabilità civile in questa direzione, anche la scelta delle parole conta. Il tecnicismo finanziario necessita di essere attraversato dal lessico e dalla pratica della prossimità, per rafforzare il senso di una finanza effettivamente democratica e in grado di favorire l’inclusione di Tutti nella vita economica di un Paese.