approfondimenti/banche
Banche di Credito Cooperativo
La riforma non vale per l'Alto-Adige
Carlo Milani
Milani

Dopo una lunga fase di discussione nel 2016 è stata varata in Italia la riforma del credito cooperativo (Legge 49/2016). La riforma ha imposto alle Banche di Credito Cooperativo (BCC) di aggregarsi in uno o più Gruppi Bancari Cooperativi (GBC). Con la riforma si stabilisce che ogni BCC dovrà aderire ad un GBC, avente forma di società per azioni, il quale dovrà essere autorizzato dalla Banca d’Italia ad operare. L’avvio dei GBC è programmato per il 1° gennaio 2019.

Il contratto di coesione

Per aderire ad uno dei GBC le BCC devono sottoscrivere un contratto di coesione che disciplina il funzionamento del Gruppo stesso. Le BCC mantengono il controllo societario della capogruppo, della quale detengono la maggioranza del capitale, prevista inizialmente al 51% dalla Legge 18/2016, ma poi ampliata al 60% con il cosiddetto decreto Milleproroghe del 2018 (decreto legge 91 del 25 luglio 2018 in materia di proroga di termini in materia di banche popolari e gruppi bancari cooperativi).

In altri termini, la capogruppo può aprirsi alla partecipazione di capitali esterni fino ad un massimo del 40% del suo capitale sociale. Lo stesso decreto Milleproroghe ha però previsto che il Presidente del Consiglio abbia la facoltà di fissare una soglia inferiore nel caso in cui vi siano esigenze di stabilità finanziaria. Ciò ha indotto la BCE (2018) ad offrire un parere favorevole alle modifiche apportate recentemente alla riforma delle BCC. 

Ruolo della capogruppo

L’autonomia gestionale delle BCC può essere fortemente limitata in presenza di un elevato livello di rischiosità, quest’ultimo stabilito sulla base di parametri oggettivamente individuati. È la capogruppo, in virtù del contratto di coesione, che valuta se il grado di rischiosità della singola BCC è in linea con gli indirizzi strategici. Il decreto Milleproroghe ha imposto alla capogruppo di consultare le singole banche affiliate in fase di predisposizione dei piani strategici e operativi. Il potere di direzione e coordinamento rimane in ogni caso alla capogruppo, come sottolineato dal parere della BCE (2018) sul decreto.

La capogruppo potrà contribuire in caso di necessità – insieme ai fondi di garanzia del credito cooperativo e ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione – al rafforzamento patrimoniale delle BCC. 

In seguito alla riforma sono stati costituiti due GBC ad operatività nazionale: ICCREA, che ha raccolto l’adesione di circa 140 BCC, e Cassa Centrale Banca, con oltre 100 adesioni. 

L’eccezione per Trento e Bolzano

Nel decreto fiscale in corso di approvazione in Parlamento è stata però prevista una deroga per le sole BCC aventi sede legale nelle province autonome di Trento e di Bolzano, che avranno la facoltà di adottare un sistema istituzionale di protezione (Institutional Protection Scheme, IPS). 

Un IPS è definito dall’articolo 133(7) della Capital Requirements Regulation (CRR; EU no. 575/2013) come “un accordo di responsabilità contrattuale o previsto dalla legge che tutela gli enti partecipanti e, in particolare, garantisce che abbiano liquidità e solvibilità sufficienti a evitare il fallimento, ove necessario”.

In altri termini, un IPS è un meccanismo di solidarietà tra istituti di credito che non implica necessariamente la costituzione di un gruppo bancario. I partecipanti all’IPS mantengono infatti l’autonomia giuridica e sono generalmente soggetti singolarmente alla vigilanza da parte autorità nazionali competenti (ANC) o della Banca Centrale Europea (BCE).

Il sistema alternativo degli IPS

In uno studio realizzato dal CER (2018) per il sistema delle Casse Raiffeisen dell’Alto Adige è emerso come gli IPS siano particolarmente diffusi in Germania e Austria. Nel complesso, e sulla base dei dati relativi al 2017, circa il 40% delle banche dell’Area euro aderisce ad un IPS, per una quota di mercato bancario in termini di totale attivo pari al 16% (circa 3.700 miliardi di euro in termini consolidati). 

Nell’Area euro sono invece presenti solo 5 gruppi bancari cooperativi operanti in Francia (Crédit Agricole, BPCE e Crédit Mutuel), Olanda (Rabobank) e Finlandia (OP Financial Group). Il totale attivo consolidato di questi gruppi è pari a 4,5 trilioni di euro, secondo i dati relativi al 2017. 

Le deroghe concesse dalla CRR a IPS e GBC sono pressoché assimilabili. A fronte però di un trattamento analogo in termini di regole sull’assorbimento di capitale e sulla liquidità, il diverso modello di business e di governance che IPS e GBC tendono nel tempo ad assumere può avere un impatto non trascurabile. 

Le banche cooperative sempre più simili a quelle tradizionali

Dall’analisi del CER è emerso che i GBC europei abbiano caratteristiche molto simili a quelle delle banche tradizionali. Questo risultato si spiega con l’esigenza che i GBC hanno di competere direttamente con gli altri istituti, anche per il reperimento di capitali sui mercati finanziari. Come conseguenza i gruppi cooperativi tendono a perdere una delle connotazioni principali delle banche cooperative, ovvero il legame con il territorio e l’impegno verso i propri soci.

Al riguardo, considerando un campione di IPS e GBC europei si può in primo luogo considerare il rapporto tra numero di soci e numero di clienti, un indicatore di quanto un network cooperativo è in stretto “contatto” con i suoi membri (vedi tabella).

Dal confronto tra IPS e GBC si osserva come nel primo caso l’incidenza sia di quasi il 56%, mentre nel secondo scenda al 40%, dato oltretutto fortemente influenzato dal livello particolarmente elevato registrato per Crédit Mutuel (al netto di questo istituto la media sarebbe pari ad appena il 25%).

Guardando all’incidenza dei crediti erogati a piccole e medie imprese (PMI), il dato medio degli IPS è di circa il 27%, mentre nei GBC si ferma al 16%. Inoltre, il numero di clienti per singolo sportello bancario del network è pari, in media, a 2.200 per gli IPS, contro i 4 mila dei GBC. 

Tabella: IPS e GBC in Europa: principali caratteristiche

(dati relativi al 2012)

 

* Media ponderata in base al totale attivo osservato nel 2017.

Fonte: elaborazioni CER su dati Lang, Signore e Gvetadze (2016).

Autonomia gestionale alle Casse Raiffeisen

In definitiva, se la costituzione di un GBC può determinare le condizioni per reperire rapidamente nuove risorse sui mercati finanziari qualora ve ne fosse l’esigenza (Visco, 2018), può allo stesso tempo implicare lo snaturamento dell’attività delle BCC.

Per quelle realtà bancarie caratterizzate da un’ampia dotazione di capitale e una bassa rischiosità, come è l’esempio delle Casse Raiffeisen dell’Alto Adige (Barbagallo, 2018), appare quindi opportuno lasciare la possibilità di costituire un IPS che, garantendo un’ampia autonomia gestionale, consente di preservare la vocazione territoriale delle singole BCC.