approfondimenti/politica economica
Le prospettive dell’economia globale: l’Italia ha tempo ma non aspetti tempo

Per cercare di comprendere il futuro andamento dell’economia a seguito dell’intensa turbolenza finanziaria globale con cui si è aperto il 2016, occorre interrogarsi su alcune questioni: le cause che hanno portato al crollo dei mercati; il futuro andamento dell’economia cinese; l’evoluzione del prezzo del petrolio; la capacità delle banche centrali delle economie avanzate di riuscire a contrastare le spinte deflazionistiche indotte dai problemi della Cina e dei paesi emergenti, dalle tensioni geopolitiche e dall’andamento dei prezzi delle materie prime; le ripercussioni della eventuale persistente debolezza dei mercati azionari ed obbligazionari su consumi e investimenti; l’effettivo stato di salute del sistema bancario mondiale; la minaccia di esplosione dello spettro di Grexit, con un paese tornato nuovamente in recessione e con un debito sempre più insostenibile.

Giuseppe Maria Pignataro
Pignataro

Il 2016 si è aperto con una turbolenza finanziaria globale di elevata intensità e di ampia profondità che pur essendosi apparentemente acquietata non appare destinata a risolversi nel breve tempo, essendo dovuta all’accentuazione simultanea di un insieme di rischi che accecano le prospettive degli investitori e che hanno nell’alta densità delle incertezze la loro unica certezza.

Tentare di comprendere cosa c’è oltre la nebbia che avvolge il futuro è comunque un esercizio necessario. E a riguardo il primo nodo da sciogliere è correlato al punto di domanda principale che ha assalito tutti, opinion e policy makers, di fronte al crollo dei mercati: si è trattato di una isteria speculativa di vasta scala o sussistono timori fondati di nuove crisi sistemiche nell’economia mondiale?

Per dare una risposta attendibile è necessario decifrare gli aspetti più controversi che contraddistinguono l’attuale fase congiunturale.

Il rallentamento dell’economia cinese si accentuerà o resterà circoscritto sui livelli visti nel 2015? Tutto lascia credere che la crescita cinese è destinata a rallentare ulteriormente; il suo modello di sviluppo è entrato chiaramente in crisi ed è iniziato un processo di transizione che potrà rivelarsi anche molto lungo, complesso e con inevitabili effetti collaterali di contrazione dei dati reali.

Il prezzo del petrolio continuerà a rimanere molto depresso o potrà ritornare a riposizionarsi nel breve periodo su livelli più idonei ad evitare pesanti disequilibri nei paesi esportatori e seri rischi deflattivi nelle economie avanzate? Allo stato attuale appare evidente che l’eccesso di offerta continuerà ad essere l’elemento dominante nel mercato, almeno fino a quando non interverranno accordi efficaci di contingentamento fra i principali paesi produttori; un evento che nelle condizioni date risulta di bassa probabilità. Di conseguenza, gli elementi destabilizzanti legati a questo fattore sembrano destinati a consolidarsi e ad acuirsi.

Le banche centrali delle economie avanzate riusciranno a contrastare le spinte deflazionistiche indotte dai problemi della Cina e dei paesi emergenti, dalle tensioni geopolitiche e dall’andamento dei prezzi delle materie prime? Finora hanno chiaramente mancato di risultare efficaci su questo fronte e il loro armamentario comincia a diventare anche meno dotato; si sono peraltro notevolmente ridotti i margini per contrastare eventuali nuove recessioni nelle economie reali.

Se dovesse persistere la debolezza dei mercati azionari ed obbligazionari, si potrebbero generare ripercussioni rilevanti sui consumi e sugli investimenti e di conseguenza sui ritmi di sviluppo finora ipotizzati nel breve termine? I mercati hanno subito pesanti e repentine correzioni e, se non si concretizzeranno i rischi di nuove recessioni nell’economia globale, tenderanno a recuperare gradualmente terreno per riportarsi su valori coerenti con i loro fondamentali, anche se l’alta volatilità è probabilmente destinata inevitabilmente a contrassegnare le dinamiche borsistiche per un periodo non breve a causa dell’assenza di una chiara traiettoria di sviluppo. Tuttavia, se il prezzo del petrolio continuerà a muoversi al ribasso i paesi detentori di petroldollari, vedendosi asciugare sempre più le loro riserve, continueranno a monetizzare i loro investimenti finanziari generando forti spinte al ribasso dei prezzi sui mercati; in tal caso consumi ed investimenti sono destinati a risentirne sensibilmente.

Il sistema bancario mondiale è realmente ammalato e può quindi provocare rischi sistemici, come quelli del 2008 oppure è vittima di una overdose di timori sul suo effettivo stato di salute? Le banche, in generale, dopo lo shock di Lehman sono più capitalizzate e più controllate ma alcune rimangono molto esposte agli shock avversi anche a causa della persistenza di tassi a zero o negativi in un orizzonte indefinito che penalizza fortemente la redditività.

Lo spettro di Grexit, con un paese tornato nuovamente in recessione e con un debito sempre più insostenibile tende a riaffiorare prepotentemente; fino a quando si potrà sperare che il problema non esploda in tutta la sua dirompenza? Questo è l’interrogativo meno complesso a cui rispondere; non passerà molto tempo prima che la polvere sotto il tappeto diventi una montagna non più occultabile e allora si dovranno fare i conti con la realtà: o alla Grecia si condona una larghissima parte del debito e la si aiuta a crescere con convinzione, o la si accompagna alla porta dell’euro provocando una crepa difficilmente risanabile nell’impianto dell’unione europea.

Tutto ciò porta ad individuare alcuni punti sufficientemente chiari di orientamento per i policy makers:

  • la speculazione sta certamente accentuando le turbolenze ma non le sta determinando; ci solo elementi di fragilità reali diffuse che si stanno irrobustendo;
  • le incertezze sul futuro spingeranno molti operatori economici e finanziari a privilegiarecon più convinzione l’avversione ai rischi;
  • da ciò può conseguire un rallentamento di investimenti e consumi in tutte le economie del pianeta anche perché le banche potrebbero restringere, per ovvie ragioni, i criteri di concessione del credito;
  • l’inflazione non è destinata a risorgere in modo tangibile, né nel breve né nel medio termine; mancano i presupposti basilari e di conseguenza chi è molto indebitato farà molta fatica ad abbassare la propria vulnerabilità;
  • ed i paesi più vulnerabili, in assenza di prospettive concrete di crescita, saranno costretti a seguire politiche fiscali più stringenti per scongiurare i rischi e gli oneri connessi ai loro salvataggi.

In definitiva, le condizioni che prospettano una nuova tempesta planetaria tendono ad addensarsi ma le principali potenze economiche mondiali sono oggi in grado di evitarle, se vorranno e sapranno coordinare tra loro le politiche di intervento finalizzate a contrastare con decisione la caduta della domanda globale e le spinte deflazionistiche.

Nel frattempo, comunque, poiché il quadro globale non si presenta in ogni caso confortante, i paesi più esposti, come l’Italia, farebbero bene a non affidarsi alla buona sorte, aspettando che gli eventi chiariscano a quale futuro stiamo andando realmente incontro. In un tale contesto, sottovalutare i rischi e non affrontare con tempestività e misure appropriate i nodi cruciali della nostra alta vulnerabilità sarebbe una scelta altamente temeraria e quindi poco saggia.

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