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COMPETITIVITA'
Le promesse dello spazio

McKinsey sostiene che la space economy rappresenta un settore rivoluzionario come internet. Il Rapporto Draghi la mette tra le sfide che l'Unione europea non deve perdere. Ecco come

Paola Pilati

La space economy sarà uno dei grandi driver dello sviluppo economico, una svolta epocale come lo è stato internet negli anni Novanta, e ancora prima il boom del trasporto aereo commerciale dopo la Seconda guerra mondiale?

Lo afferma McKinsey in molti dei suoi recenti paper, ne è convinto anche Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea. E non solo perché ormai pagando è possibile passeggiare nello spazio, come hanno fatto i clienti dello SpaceX di Elon Musk, ma perché ci sono molte altre ragioni economiche e di vantaggi tecnologici che aprono il settore a mille nuove opportunità di sfruttamento, una vera prateria di conquiste da mettere a frutto e vendere a chi sta sulla terra.

La prima ragione è quella dei costi di accesso allo spazio: la “cost performance” (che misura l’efficienza di un progetto) di un satellite a media risoluzione è passata da 1 miliardo di dollari del 2013 a 300 mila dollari nel 2022, quella di un satellite ad alta risoluzione da un miliardo di dollari nel 2016 a 3 milioni nel 2022, dice McKinsey. Proprio come è già successo alla tv al plasma, alle auto, ai pannelli solari, alle batterie al litio, a internet, anche il costo del lancio è diventato più accessibile e gli stessi satelliti sono più piccoli e potenti.

La seconda ragione è quella dell’aumento dei servizi legati ai dati che possono arrivare dallo spazio. La connessione che ci arriva sul nostro smartphone, i dati meteo, i dati sulla sicurezza e la difesa, sull’ambiente, i dati per aiutare l’agricoltura, i dati usati dalle compagnie di assicurazione per i danni delle calamità e via dicendo, in una escalation continua di nuove opportunità, sono ormai informazioni imprescindibili.

Questo contesto ha attirato gli investimenti dei privati. Sebbene il settore veda i governi come investitori di prima fila, la crescita si deve soprattutto al nuovo protagonismo del denaro che la finanza sta indirizzando verso tecnologie legate allo spazio, viste come tecnologie pervasive, proprio come è stato internet, rispetto alle quali nessun settore può ritenersi estraneo.

McKinsey prevede che il mercato globale sia destinato a triplicare in valore, di qui al 2035, dai 630 miliardi del 2023 a 1800 miliardi. Più o meno come il ritmo di crescita previsto per l’industria dei semiconduttori, anche se meno del boom previsto, sempre a livello globale, del sistema dei pagamenti, che si prevede raggiunga addirittura i 3.200 miliardi di dollari di ricavi entro il 2027.

Oltre alle grandi potenze spaziali (Stati Uniti, Europa, Cina e Giappone), gli investimenti totali nello spazio nel resto del mondo hanno registrato una crescita impressionante, passando da 163 milioni di EUR nel 2020 a 566 milioni di EUR nel 2023 (principalmente provenienti da Canada, India, Israele e Australia, afferma il Rapporto Draghi).

Ma l’aspetto più promettente è l’arrivo sulla scena dei privati, che stanno dando vita a un New Space, “un nuovo spazio”, spiega Draghi, fatto di startup, maggiori rischi, consegna rapida dei prodotti. E si muovono in uno scenario in cui la disattivazione della Stazione spaziale internazionale, prevista nel 2031, aumenterà notevolmente lo spazio per nuove iniziative commerciali, per nuovi servizi e per nuovi clienti.

L’Europa dovrebbe quindi attrezzarsi al nuovo contesto competitivo. L’industria spaziale europea, con il 12 per cento del mercato globale, competitiva lo è stata finora, contribuendo positivamente alla bilancia commerciale dell’area e attirando investimenti. Ma è frammentata, e ha perso negli ultimi tre anni il primato nei lanciatori commerciali (Ariane) e nei satelliti  geostazionari. Galileo, il programma strategico da cui dipende la sicurezza della Ue, si è dovuto rivolgere a SpaceX di Elon Musk per il lancio dei satelliti (acconciandosi a liste d’attesa affollatissime), Starlink, la rete di satelliti costruita sempre da Musk, sta mettendo in crisi il sistema tlc europeo.

Che fare? Draghi raccomanda nuove regole di governance del settore, un coordinamento della spesa pubblica – che è andata in discesa, mentre Usa e Cina aumentano i fondi allo spazio -, mentre l’Esa, che si muove sulla base del principio del “ritorno geografico”, dovrebbe concentrarsi invece sui progetti più promettenti indipendentemente dal paese di origine. E consiglia la creazione di un fondo multifunzionale per l’industria spaziale, che consentirebbe alla Commissione europea di fungere da “cliente di riferimento” per acquistare congiuntamente servizi e prodotti spaziali e finanziare tecnologie di frontiera, aiutando la base industriale dell’UE ad aumentare la sua capacità.

Altro punto critico, l’arretratezza del settore finanziario nel finanziamento delle imprese private che sviluppano nuove tecnologie per lo spazio: molte startup europee, quindi, finiscono nell’orbita di finanziatori concorrenti, aumentando lo svantaggio dell’Unione. Lo spettro di una dipendenza crescente dell’industria spaziale europea, priva di finanziamenti adeguati e senza quel colpo di reni che la metterebbe al passo con i competitor americani e cinesi, per essere dissolto ha bisogno di una iniziativa mirata per costruire un mercato unico dello spazio in Europa. Un settore dove il futuro è assai promettente e abbiamo ancora la possibilità di afre la nostra parte.