SCENARI E STRATEGIE DEL MONDO DEL CREDITO
Le banche alla prova dell'inflazione

Dagli effetti sul capitale alle scelte sui dividendi. Da una nuova concorrenza sul fronte dei conti correnti ai comportamenti per concedere prestiti. Ecco le possibili mosse del mondo del credito alle prese con aumento dei tassi e inflazione, nell'analisi dagli esperti

Il rialzo dei tassi di interesse è un affare per le banche? A prima vista sì. Una delle prime fonti di guadagno, per chi presta denaro, è l’attività di intermediazione, e oggi mutui e finanziamenti all’economia sono diventati più cari. C’è poi l’effetto inflazione, che alimenta l’illusione monetaria e favorisce l’ampliamento del margine.

Guardando un po’ più in profondità come giocano questi due fattori, tassi e inflazione, nei bilanci delle banche, le cose sono un po’ più articolate, e dipendono molto dal modello di business e da quello di funding delle singole banche.

Le hanno scandagliate i partecipanti al seminario di Minerva bancaria e Banca Finnat, aperto da una relazione di Mario Comana, ordinario degli Intermediari finanziari alla Luiss.

CHE FATICA CREARE VALORE

Una prima osservazione che Comana ha messo in risalto è che quando i tassi di interesse aumentano alla velocità che le banche centrali hanno dato ai rialzi, aumenta il rischio di credito per chi deve restituire il denaro; dall’altro verso, il fatto che i tassi reali restino comunque negativi fa sì che i rimborsi impoveriscano le banche.

Quanto al margine di interesse delle banche, che dipende dal costo della raccolta e dal costo degli impieghi, la situazione delle banche italiane nel complesso mostra un dato tutt’altro che tranquillizzante in prospettiva: mille miliardi di passività arriveranno a scadenza prima degli attivi verso la clientela, creando una eccedenza che può trasformarsi in un fattore di vulnerabilità.

Anche la pandemia ha un ruolo nello scenario del business bancario. La stasi dell’attività economica ha accentuato il divario di fronte alle banche tra grandi imprese e PMI: per queste ultime, che escono dalla fase di emergenza con molti più debiti di prima, l’accesso al credito diventerà più difficile. Per non parlare del rischio credito delle famiglie, la cui capacità di rimborso, con l’inflazione, sarà inferiore.

Su tutte le imprese, comunque, pesa l’incognita della finanza pandemica: le moratorie concesse in Italia pesano 130 miliardi sul totale dei 616 miliardi di moratorie concesse nell’Unione europea (di fatto in Francia e Spagna), su cui pende un rischio di insolvenza crescente.

C’è poi un aspetto meno evidente che Comana ha messo in luce: l’effetto di erosione che l’inflazione produce sul capitale delle banche. Non solo: l’aumento dei tassi ha anch’esso un riflesso sul capitale come cost of equity, mentre l’inflazione farà lievitare i costi e quindi avrà un impatto sul Roe. Risultato: la capacità di creare valore da parte delle banche sarà messa a dura prova.

Di qui un monito da parte di Comana. La politica dei dividendi (e dei buy back) dovrà, nel nuovo quadro di inflazione e tassi in rialzo, essere molto ben ponderata in modo da non impoverire il capitale della banca.

CORSA AI DEPOSITI

Fin qui la visione del tecnico che analizza i fenomeni dall’esterno. Ma qual è il punto di vista delle banche stesse? Elisa Coletti, Head of Banking Research di Intesa San Paolo, ha dato conto dei movimenti reali che si stanno registrando nel nuovo contesto.

Sui conti correnti i tassi non si sono mossi, mentre si stanno muovendo i loro titolari, che stanno velocemente spostando nei depositi a tempo la loro liquidità. Quanto ai prestiti, dopo una lunga stagione in cui è stato preferito il tasso fisso, ora cresce l’onda verso quello variabile (i prestiti a tasso fisso sono scesi dall’80 per cento dell’anno scorso al 35 per cento). Da qualche mese, inoltre, si registra una crescita dei fondi azionari, a cui si affiancherà presto da parte delle banche una forte offerta di fondi obbligazionari.

Anche per Pietro Cirenei, Responsabile Finanza e Wealth Management di Banca del Fucino, il reprincing dei conti correnti sarà lento con probabili effetti positivi sul margine di interesse, mentre il margine di intermediazione dovrebbe migliorare anch’esso proprio in virtù delle commissioni sul risparmio amministrato. 

Il rialzo dei tassi dopo anni di quantitative easing è alla fine un “real” stress test importantissimo per tutte le banche per verificare la validità dei loro modelli di rischio, e gli esiti varieranno in funzione dei modelli di business. Le prime a essere esposte allo shock del rialzo sono le stesse banche centrali, che si ritrovano a dover effettuare un reprincing delle riserve delle banche, ha osservato Simone Freschi¸ Head of M&A and strategic investment di MPS.

TORNIAMO AL MESTIERE DI FARE BANCA

L’intervento di chiusura di Pina Murè, ordinario di Economia degli intermediari finanziari alla Sapienza, ha di nuovo spostato il punto di osservazione. Ha messo le banche di fronte a uno specchio, obbligandole a confrontarsi con la loro missione identitaria, quella di far crescere l’economia attraverso i finanziamenti. Perché si rende necessario questo richiamo? «Con l’inflazione la Bce non ha solo cambiato il corso dei tassi, ma anche il suo comportamento in termini di indicazioni sui suoi movimenti futuri. D’ora in poi le decisioni verranno prese step by step». Lo scenario è molto più incerto e la forward guidance, che guidava per mano il mondo finanziario, è venuta meno. «Sotto la guida della Bce ci eravamo un po’ addormentati», ha ironizzato Murè, «ora mi aspetto da tutte la banche che sappiano gestire rischi come l’inflazione e che sappiano anticiparli». «Anche la grande liquidità messa a disposizione dalla Bce aveva impigrito le banche», ha aggiunto. Una pigrizia che ha portato, a volte, a preferire di cedere un credito un po’ difficile piuttosto che cercare di rientrare. Insomma, è l’invito di Murè, la svolta prodotta dai tassi in rialzo e dall’inflazione riporta in auge il mestiere di fare banca: «Recuperiamo il ruolo delle banche», ammonisce.

Anche la concorrenza tra banche, fino a oggi, si era un po’ addormentata. Ma il clima sta cambiando. Per chi deposita è venuto il momento di guardarsi intorno. Perché la politica commerciale tornerà a farsi sentire e rianimerà la concorrenza tra istituti, è il messaggio finale che viene dal seminario. La caccia ai clienti sta per riaprirsi, quella alle opportunità per chi non vuole fare solo la preda, anche.

P.Pi.