L'allarme del FMI

Non si può dire che il Fondo monetario non abbia parlato chiaro. L’ottimismo del mondo finanziario, che ha spinto le borse a recuperare quasi completamente una primavera di incertezze, è completamente scollegato, dice nel suo aggiornamento del Global stability report (https://www.imf.org/en/Publications/GFSR/Issues/2020/06/25/global-financial-stability-report-june-2020-update), dall’andamento dell’economia globale. Quest’ultima piena, viceversa, di annunci di pericolo.

Quello che è accaduto è sotto gli occhi di tutti: tassi ai minimi termini, e una sbornia di liquidità hanno fatto imboccare ai mercati azionari il rally con cui hanno riguadagnato in media l’85 per cento del livello di gennaio, con alcuni che si sono rifatti completamente.

Un’euforia dettata soprattutto dall’azione delle banche centrali, che dagli Usa all’Europa al Giappone hanno dato il via a un’operazione monstre di immissione di liquidità per sostenere l’attività del credito e di acquisti di asset che non si era vista neanche durante la Grande Crisi.

Il Fondo calcola che da metà gennaio le banche centrali del G10 hanno aumentato gli asset in bilancio di 6 trilioni di dollari, una cifra che è più del doppio di quella che è stata messa in campo a partire dal 2007 nei primi due anni della crisi dei subprime. A tutto questo si sono poi aggiunte le misure dei governi a supporto delle imprese e dei cittadini per altri 11 trilioni.

Tutto questo ha funzionato e ha retto il grande shock dell’emergenza Convid. Ma ora tocca tornare con i piedi per terra. Lo spirito “bullish” che ha contagiato i mercati e messo le ali alle quotazioni si basa su scommesse che non è detto che si realizzino, osserva pragmatico il Fondo.

L’aspettativa di una ripresa dell’economia mondiale secondo un andamento a V, per esempio, con una caduta rapida seguita da un’altrettanto rapida risalita: il World Economic Outlook aggiornato giugno non ne è affatto convinto. L’idea che la manica larga delle banche centrali possa andare avanti senza limiti è altrettanto azzardata. E l’entusiasmo delle borse sembra non accorgersi dell’umore sempre più nero che serpeggia tra i consumatori, indicando che l’economia reale sta viaggiando su un binario diverso da quello sul quale i mercati si muovono a mille.

Eppure, che in molti casi le quotazioni di aziende o dei corporate bond abbiano perso l’ancoraggio con la realtà già lo dimostra un grafico prodotto dallo staff del Fmi: la differenza tra le valutazioni del mercato e quella basata sui fondamentali non è mai stata così alta, in tutte le economie avanzate.

Ci troviamo insomma in una situazione in cui può bastare un nulla, la ripresa del virus, una recessione un po’ più lunga, una frenata delle banche centrali, un nuovo fronte di tensioni commerciali, per far deragliare il treno dell’ottimismo. E sarebbe un disastro, perché diventerebbe il detonatore di tutte quelle situazioni di vulnerabilità su cui oggi si sorvola.

L’aumento dell’indebitamento, innanzitutto. Quello delle imprese è arrivato a livelli record rispetto al Pil, e sono aumentati molto i casi di default di obbligazioni corporate. Quello delle famiglie preoccupa in quelle economie ancora zoppicanti dopo la Grande Crisi. E le banche, per quanto più robuste che in passato, potrebbero finire nel vortice dei fallimenti e dei debiti non onorati.

I dati in discesa sulla redditività delle banche sono una spia dello stress del settore del credito, dove però non sono solo le banche ad annusare il pericolo, ma anche le istituzioni finanziarie non bancarie come i fondi di investimento, che di fronte a una ondata di vendite reagirebbero amplificando il fenomeno.

Morale, abbiamo l’illusione di poter largheggiare come mai prima, invece stiamo camminando sul ciglio di un burrone. Senza essere escursionisti esperti.