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La verifica del merito creditizio del consumatore: una disciplina incompiuta

La norma obbliga le banche e gli enti finanziatori in genere, a verificare il “merito di credito” del potenziale mutuatario. Manca però la risposta sanzionatoria dell’ordinamento alla violazione dell'obbligo di valutazione del merito creditizio. Ecco quali rimedi immaginare, seguendo l'esempio tedesco

Marco Fontana e Federico Bertacchi
Marco-Fontana
Federico-Bertacchi

Ai sensi dell’articolo 124-bis primo comma del D.lgs. 385/1993 (“TUB”), rubricato “verifica del merito creditizio”, “Prima della conclusione del contratto di credito, il finanziatore valuta il merito creditizio del consumatore sulla base di informazioni adeguate se del caso fornite dal consumatore stesso e, ove necessario, ottenute consultando una banca dati pertinente”.

L’art. 124-bis è stato introdotto dal D.lgs. 141/2010 in attuazione dell’art. 8 della Direttiva 2008/48 CE in materia di credito al consumo che, fra l’altro, ha introdotto il principio del c.d. prestito responsabile, al fine di contenere gli effetti distorsivi di un eccessivo ricorso al finanziamento, in un’ottica di corresponsabilizzazione tra istituto di credito e cliente.

La norma obbliga le banche e gli enti finanziatori in genere, a verificare il “merito di credito” del potenziale mutuatario, cioè la capacità del soggetto richiedente di ripagare nel tempo il finanziamento ottenuto, secondo lo specifico piano di ammortamento.

L’attività bancaria, anche per gli aspetti macroeconomici su cui incide, è assoggettata ad obblighi di comportamento più specifici di quelli comuni relativi all’ordinaria diligenza e al dovere di neminem laedere. Questo, in coerenza con la posizione istituzionale che le banche – e gli intermediari finanziari in genere – rivestono nell’ambito del sistema economico-finanziario, quali enti preposti alla raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito ai sensi dell’art. 10 co. 1 TUB.

Per tale ragione, oltre ad improntare la propria condotta in conformità ai generali doveri di correttezza e buona fede contenuti agli artt. 1175, 1776 e 1337 del Codice civile, il T.U.B. impone agli enti creditizi di osservare standard di prudenza e diligenza adeguati allo status professionale, nonché ruolo istituzionale, da essi rivestito.

L’interpretazione trova copioso riscontro nella giurisprudenza.

Si segnala in proposito la recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea (n. 303/2021), che rimarca come: “dall’articolo 8, paragrafo 1, della Direttiva 2008/48 risulta che, prima della conclusione di un contratto di credito, il creditore è tenuto a valutare il merito creditizio del consumatore […]. Tale obbligo persegue altresì l’obiettivo di responsabilizzare il creditore ed evitare che quest’ultimo eroghi un credito a consumatori insolvibili, e pertanto riveste un’importanza fondamentale”.

Nella stessa direzione muove l’orientamento della Suprema Corte di Cassazione che, con due recenti e ravvicinate pronunce (n. 18610/2021 e n. 24725/2021), ha definito i contorni della fattispecie atipica della concessione abusiva di credito.

Secondo la Corte, in particolare, “Dal sistema normativo nel suo complesso emerge la rilevanza primaria per l’ordinamento dell’obbligo di valutare con prudenza, da parte dell’istituto bancario, la concessione del credito ai soggetti finanziati, in particolare ove in difficoltà economica” (Cass. n. 24725/2021) e l’erogazione del credito deve ritenersi abusiva quando viene effettuata o proseguita, con dolo o colpa, senza un preventivo giudizio di meritevolezza del finanziato, o ad un soggetto che versi in stato di crisi conclamata (v. Cass. n. 18610/2021).

Ancora, sempre la Cassazione precisa “l’attività di concessione del credito da parte degli istituti bancari, richiede che, nella formulazione delle proprie valutazioni, la banca proceda secondo lo standard di conoscenze e di capacità, alla stregua della diligenza da parte dell’operatore professionale qualificato, e ciò sin dall’obbligo ex ante di dotarsi dei metodi, delle procedure e delle competenze necessari alla verifica del merito creditizio”. Ne deriva l’obbligo per il finanziatore “di rispettare i principi di sana e prudente gestione, verificando, in particolare, il merito creditizio del cliente in forza di informazioni adeguate” (Cass. n. 18610/2021).

Peraltro, la valutazione del merito creditizio di cui all’art. 124-bis T.U.B. richiede, “in caso di ricorso al credito, l’automatica consulenza finanziaria dell’intermediaria” (Tribunale di Napoli Nord, 21.12.2018 e Tribunale di Lecce, 28.03.2022), venendo a costituire un vero e proprio diritto soggettivo in capo al consumatore (Tribunale di Macerata, 24.05.2018).

Quanto poi alle concrete modalità di svolgimento di tale verifica, secondo la giurisprudenza, la stessa “non può essere limitata alla mera compilazione di un questionario da parte del cliente, posto che la norma dell’art. 124-bis T.U.B. fa riferimento a informazioni adeguate e posto che la connotazione imprenditoriale del finanziatore importa, in un’ottica di prudenza e diligenza, che la raccolta di informazioni debba comunque essere fatta in modo da fornire un quadro completo sul merito creditizio” (Tribunale di Torino, 14.04.2022).

Per quanto riguarda la natura della responsabilità del mutuante, la non estraneità dei soggetti coinvolti sarebbe di ostacolo al modello “aquiliano”, mentre l’assenza di un obbligo espresso di astensione in capo al finanziatore sarebbe un valido argomento contro la ricostruzione in termini di “contatto sociale”, quindi di responsabilità contrattuale1.

A tal riguardo l’art. 9 della relazione di accompagnamento alla proposta di direttiva in materia COM(2002) 443 def. — 2002/0222(COD) fa espresso riferimento all’ipotesi di responsabilità contrattuale: “la valutazione da parte del creditore della solvibilità del consumatore non [sarebbe stata] tuttavia neutra: [era] in gioco la sua responsabilità contrattuale ed [era] opportuno precisare a tale riguardo il legame tra la conclusione del contratto di credito e tale valutazione preventiva”.

Indipendentemente da come si qualifichi la natura della responsabilità, comunque, rimane il problema della risposta sanzionatoria dell’ordinamento alla violazione dell’obbligo di valutazione del merito creditizio. Il TUB a riguardo tace, ma un dovere di condotta senza sanzione non è un vero dovere giuridico, potrebbe essere al massimo un dovere etico-morale, quindi oggetto d’interesse della filosofia e non del diritto.

Interpretando le norme del codice civile si potrebbe argomentare che Il contratto di mutuo è nullo, in quanto ai sensi dell’art. 1418 c.c. tali sono i contratti contrari a norme imperative. Tale ragionamento sarebbe però erroneo, in quanto l’art. 124-bis non prescrive una norma inderogabile dalle parti, imponendo piuttosto un dovere di condotta finalizzato alla stipula del contratto.

La tutela migliore degli interessi in gioco sarebbe prestata da “un utilizzo funzionalistico di rimedi che, preservando l’esistenza del contratto, favoriscano la rinegoziazione ovvero il riadeguamento alle mutate condizioni negoziali”2. Un rimedio demolitorio, al contrario, richiederebbe l’immediata e totale restituzione delle somme concesse, che al netto anche di eventuali sconti potrebbe avere effetti deleteri per il consumatore.

L’individuazione e la quantificazione del danno da risarcire sarebbero problematiche perché la conseguenza principale della condotta del mutuante consiste nel mancato recupero da parte dello stesso delle somme concesse, quindi il riadeguamento delle condizioni contrattuali a parametri più favorevoli per il consumatore si presenta come la via preferibilmente percorribile.

A conferma della bontà di questa soluzione, si può considerare che in Germania, dove la disciplina è stata implementata in maniera compiuta, è stato introdotto nel Codice civile tedesco (BGB) l’articolo 505d, dedicato alla violazione dell’obbligo di valutazione del merito creditizio. In base a tale articolo, se il mutuante ha violato l’obbligo di valutazione del merito creditizio, si riduce il tasso d’interesse concordato nel contratto di mutuo al tasso di interesse di mercato di obbligazioni garantite.

Resta auspicabile un intervento legislativo in materia, che si ponga in linea con l’esempio tedesco. Una simile lacuna non può, infatti, essere colmata dalla magistratura, essendo la stessa titolare di un potere diverso da quello legislativo.


1 L. MODICA, Concessione, cit., 512 ss.

2 Così A. DAVOLA, La valutazione del merito di credito del consumatore, in La riforma del sovraindebitamento nel codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, a cura di E. Pellecchia e L. Modica, Pisa, 2020, 145.

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