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La rivoluzione dell'AI in finanza

Sarà l’intelligenza artificiale la panacea di tutti i mali anche nel settore finanziario? Ecco i vantaggi e anche i nuovi rischi da gestire da parte dell’uomo

Vittorio MIrra*
Mirra

L’intelligenza artificiale (“AI”) ha preso piede in ogni settore e sostanzialmente tutte le attività saranno probabilmente impattate da questa rivoluzione imminente. Anche gli intermediari non possono che considerare come necessario l’utilizzo dell’AI nel loro business.

Ogni ricerca di informazione non potrà esimersi da considerare questo fenomeno; l’uomo sembrerebbe “retrocedere” di fronte a tale processo di automatizzazione. Ma è davvero così?

L’AI è uno strumento che anche nel settore finanziario viene utilizzato principalmente per semplificare i processi e aumentare la qualità delle azioni e degli output.

È sicuramente qualcosa che velocizzerà e aumenterà la produzione di attività cd. ripetitive: ne sono impattate ad es. le verifiche dei dati della clientela, i controlli di conformità, la produzione dei reporting, la gestione dei dati.

Questo significa che vi sarà meno bisogno dell’agire “umano” e quindi meno personale negli intermediari?

Non necessariamente. O meglio, probabilmente ne verrà cambiata la tipologia di utilizzo.

In banca l’intelligenza artificiale permetterà di ridurre la frammentarietà delle informazioni sui clienti, con la possibilità di risposte più veloci e più complete per ogni esigenza sottostante.

Altro è dire che l’AI sostituirà l’uomo. Piuttosto ne dovrebbe aumentare la qualità del lavoro: in prospettiva l’apporto del personale sarà maggiormente orientato alle questioni complesse, a tutto ciò che derivi dalle analisi dell’IA e che debbano essere rivalutate, analizzate con il supporto dell’esperienza e delle conoscenze tecniche ed organizzative, che sono e saranno umane.

I controlli ripetitivi e le estrazioni di dati saranno probabilmente “delegati” all’AI, ma gli esiti, le implicazioni, le valutazioni sui rischi e le interazioni tra strutture interne rimarranno in capo all’uomo. Quest’ultimo avrà più tempo per dedicarsi a tali attività, facendosi “assistere” dall’AI.

In altre parole, si estenderà la necessità di un four eyes control a quasi tutte le attività (già ora il doppio check strumenti tecnologici/uomo è utilizzato: si pensi alle detection che estrapolano gli alert per potenziali fenomeni di market abuse, che poi vengono analizzate e verificate dall’uomo prima di una eventuale segnalazione all’Autorità di Vigilanza oppure alle verifiche in tema di antiriclaggio).

L’intelligenza artificiale impatterà notevolmente sugli intermediari, ma – come previsto dal Regolamento sull’Intelligenza Artificiale (Regolamento (UE) 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2024) – ci saranno rischi da gestire, di differente rilevanza, ed eventualmente porre in essere un set di processi che possano assicurare la compliance in tutti i casi: dalle pratiche vietate (es. pratiche che pregiudicano in modo considerevole la capacità di prendere una decisione informata da parte dei clienti), ai sistemi a rischio alto e basso.

Tutte le normative interne di un intermediario finanziario dovranno essere implementate per evitare di incorrere in comportamenti vietati (es. social scoring, sfruttamento delle vulnerabilità ecc.).

Le sfide che ci aspettano non sono banali: privacy e cybersecurity saranno altamente stimolate a reggere il colpo.

Inoltre, l’uomo dovrà verificare costantemente gli algoritmi, gestire i bias cognitivi che saranno ineliminabili, anche per la AI generativa, definire criteri e processi oggettivi che possano incorporare questa “rivoluzione” di impostazione.

La buona notizia è che sarà molto più semplice creare interconnessioni tra le varie anime dei controlli all’interno degli intermediari (e presumibilmente anche per i rapporti con le Autorità di Vigilanza), creando approcci flessibili che possano aprire all’evoluzione anche dei servizi per la clientela, ma con le medesime garanzie (principio di neutralità tecnologica).

Da non sottovalutare l’impatto coi clienti e la necessità di una completa e precisa informazione agli stessi su tutto ciò che li riguarda che sarà gestito da sistemi di AI e sui diritti di poter richiedere l’intervento umano.

Aumenteranno le esigenze di tracciabilità e verifica dei dati, di sistemi di governance per garantire qualità e integrità dei dati e cambiano i rischi da affrontare.

L’attività dell’uomo si evolverà di conseguenza, ma si vedrà arricchita dal punto di vista della qualità.

Bisognerà però essere pronti e formati per questo cambio di approccio, mantenendo in prospettiva un approccio critico e non esclusivamente dipendente dall’AI.

Altri effetti positivi deriveranno dal fatto che gli strumenti basati sull’apprendimento automatico possono aumentare l’appeal degli intermediari verso i clienti, potendo ad es. offrire soluzioni personalizzate per piani di risparmio, assicurazioni, prestiti e prodotti finanziari, adattati alle esigenze individuali.

Attraverso l’AI si possono “attirare” anche tipologie di clienti ad oggi esclusi, per questione di costi principalmente, oltre che di conoscenze.

In sintesi: l’intelligenza artificiale porterà vantaggi agli intermediari finanziari?  Certamente sì.

L’automatizzazione delle attività amministrative, l’estrazione automatica di informazioni da documenti contenuti nei fascicoli abbatteranno drasticamente tempi ed errori.

Le aree di applicazione sono ampie: ad es. in tema di reclami si potrà col tempo individuare i trend giurisprudenziali o degli ADR di settore, automatizzando l’estrazione dei principi di diritto delle sentenze/decisioni (potendo anche arrivare a formulare una previsione del possibile esito della controversia), anticipando le problematiche più diffuse (per adattare di conseguenza le policy interne dell’intermediario), riducendo i tempi di risposta alla clientela, contribuendo ad accrescere la qualità delle decisioni, minimizzando errori umani e bias soggettivi, migliorando così la trasparenza e la fiducia dei clienti nell’intermediario.

L’AI è priva di rischi? Sicuramente no. Anzi.

Oltre alle esigenze di tutela dei dati personali e di sicurezza informatica, in generale un eccesso di informazioni potrebbe contribuire ad approcci poco lineari e ad aumentare i burden della regolamentazione, cosa sicuramente da evitare nell’ottica dell’obiettivo di una smart regulation a tutti i livelli.

Inoltre, i limiti (tipicamente italiani) relativi all’alfabetizzazione finanziaria e tecnologica dovranno essere superati o quanto meno mitigati, per poter adeguatamente usufruire (anche lato consumatore) dei servizi che saranno implementati.

Sarà l’AI la panacea di tutti mali? Essa porterà a degradare il ruolo umano?  La risposta è no per entrambe le domande.

L’AI dovrà essere utilizzata non per sostituire, ma per supportare la decisione umana. Come sopra evidenziato, rimangono comunque numerosi rischi, a cui bisogna aggiungere dei “deficit” tipicamente umani: la tendenza ad “appoggiarsi” superficialmente alle indicazioni fornite dai sistemi di AI (automation bias), e l’over-confidence nella AI, senza considerare che questa non può essere esente a sua volta da errori e da controlli (chi controlla l’algoritmo se non chi lo ha creato?).

L’intelligenza artificiale implicherà maggiore trasparenza, minore discriminazione per categorie di soggetti/clienti e necessità di diritti a richiedere ed ottenere un intervento umano per la risoluzione di dubbi e controversie (aumentando quindi la necessità di competenza da parte dei funzionari e consulenti finanziari).

Da valutare durante il percorso anche le implicazioni etiche che provocherà l’utilizzo dell’AI: l’intermediario dovrà rispettare un codice etico stringente (come è ora) indipendentemente dalla tipologia di strumenti che utilizza.

In conclusione, come recentemente ricordato dal Governatore della Banca d’Italia (intervento di F. Panetta all’Assemblea ABI a Milano in data 11 luglio 2025), l’evoluzione tecnologica non deve togliere centralità al capitale umano: investire per accrescere le competenze delle persone è il modo più efficace per affrontare il cambiamento e guidare l’innovazione.

Sarà sempre l’uomo che contribuirà, nel bene e nel male, all’evoluzione degli intermediari finanziari.

Per fortuna.

* Le opinioni espresse dall’autore nel presente contributo sono da considerarsi esclusivamente a titolo personale e non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

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