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La risoluzione delle crisi bancarie: bail-in e Resolution Planning

Per la gestione delle crisi bancarie la Bank Recovery and Resolution Directory (BRRD) ha introdotto un sistema di ripartizione delle perdite tra azionisti e creditori in modo da ridurre i rischi per i contribuenti (il cosiddetto bail-in). Il bail-in è strettamente legato al Resolution Planning. Una volta che l’autorità di supervisione (nell’Unione Bancaria la BCE) abbia dichiarato lo stato di crisi irreversibile di una banca, l’autorità di risoluzione propone un Piano di Risoluzione (PR) sulla base di un Piano già predisposto in base a criteri generali stabiliti nella BRRD. Il Piano di Risoluzione deve essere approvato dalla Commissione Europea entro 24 ore. L’idea sottostante è che l’autorità di risoluzione, sulla base del PR e con gli strumenti a disposizione (soprattutto il bail-in), possa risolvere la banca nel giro di un week-end (quando i mercati sono chiusi). Questi strumenti manifesteranno la propria efficacia anche quando verranno messi alla prova di una vera crisi bancaria sistemica?

Sergio Lugaresi
Lugaresi

Il fulcro dell’Unione Bancaria è il modo in cui verranno gestite le crisi. L’Unione ha lo scopo di rendere più ordinata la gestione di crisi bancarie, che, come mostrato dalla recente crisi, hanno effetto su molti o tutti i paesi dell’Area dell’Euro, non solo perché possono coinvolgere banche che operano in vari paesi dell’Unione (e che fanno ciò anche su stimolo della Commissione e dei governi nazionali per favorire l’integrazione dei mercati finanziari), ma anche perché le interconnessioni finanziarie tra le banche che operano con la stessa valuta in un sistema commercialmente integrato sono molto forti. La supervisione prudenziale è uno strumento di prevenzione, ma il problema vero è la gestione delle crisi bancarie, la cui probabilità può essere forse ridotta ma non annullata.

La crisi ha mostrato anche, e di nuovo, che la società e i governi non possono accettare di lasciare fallire le banche, così come si lasciano fallire altre imprese (non tutte in verità, vedi le aziende automobilistiche o le linee aeree). L’ingente impegno di risorse pubbliche durante l’ultima crisi ha reso però socialmente e politicamente odioso ciò che era ritenuto normale precedentemente (Levitin 2011). Inoltre, ha reso esplicito ciò che era stato implicito sino ad allora: investire nelle banche è meno rischioso che investire in altre aziende e ciò genera moral hazard.

Era perciò necessario inventarsi qualcosa.

Una strada, tentata negli USA (regola di Volker) e poi nel Regno Unito (Rapporto Vickers), e recentemente riproposta nell’Unione Europea dal rapporto Liikanen, è quella di separare le funzioni socialmente essenziali delle banche da quelle più speculative e quindi rischiose, sicché diventi meno probabile il fallimento delle attività essenziali e meno costoso il loro eventuale salvataggio (in quanto non dovrebbe coinvolge le attività non essenziali). Tale soluzione risulta però molto difficile:

  • alcune delle attività speculative posso essere complementari ad alcune funzioni essenziali (per esempio, la copertura dei rischi di cambio);
  • nulla assicura che non permangano le interconnessioni tra le due classi di attività, sicché non si può escludere che in futuro il governo debba intervenire per salvare una banca speculativa al fine di evitare che il suo fallimento trascini con sé quello di banche “essenziali”;
  • infine, per attuare tali riforme ci vuole molto coraggio: esse aggrediscono colossi finanziari assai potenti.

Nonostante, quindi, i coraggiosi tentativi di Volker, Vickers e Liikanen, si è in realtà rinunciato a definire ex ante cosa sia essenziale (cioè salvabile) e cosa no. Rimanevano dunque due possibilità:

  1. lasciare alle autorità di decidere in punto di crisi cosa salvare e cosa no;
  2. introdurre un sistema di ripartizione delle perdite tra azionisti e creditori in modo da ridurre i rischi per i contribuenti (il cosiddetto bail-in).

La Bank Recovery and Resolution Directory (BRRD) introduce teoricamente entrambe le possibilità. Però, poiché nella Direttiva non sono posti limiti al bail-in, è questo a cui presumibilmente le autorità, almeno inizialmente, ricorreranno quasi esclusivamente, in quanto più semplice da utilizzare. Inoltre, le nuove regole impongono l’utilizzo del bail-in nel caso in cui sia necessario il ricorso al Fondo di risoluzione.

Il bail-in è un istituto giuridico nuovo e poco sperimentato. Ne esistono due versioni: una di tipo contrattuale; una in cui è conferito come potere all’autorità di risoluzione. Il bail-in contrattuale può essere ex-ante (titoli che includono all’emissione clausole di perdita o conversione in caso del verificarsi di determinati eventi) o ex-post (accordi volontari di ristrutturazione del debito tra creditori). Il bail-in come potere conferito all’autorità può essere solo ex-post.

La scelta del legislatore europeo è stata per il bail-in inteso come potere conferito ed entrerà in vigore il 1° gennaio 2016, anche se in realtà è già previsto dalle nuove regole sugli aiuti di stato alle banche.

In base alla BRRD, dunque, la risoluzione delle crisi bancarie sarà basata essenzialmente sullo strumento del “bail-in imposto”. Perché si è scelta questa soluzione? L’Unione Bancaria Europea dovrà supplire alla mancanza di una vera e propria Unione Fiscale e quindi politica. L’esercizio eminentemente politico della ripartizione delle perdite tra creditori e contribuenti, al fine di tutelare l’interesse superiore dei depositanti e del sistema dei pagamenti, viene così ridotto ad un esercizio di ripartizione coatta tra categorie di creditori, con l’illusione che tale esercizio possa essere puramente tecnico, se non addirittura automatico.L’Unione Bancaria avrà quindi bisogno di fortuna, quella che non ha avuto l’Unione Monetaria. La crisi di una banca transnazionale, infatti, ne rivelerebbe tutte le debolezze, così come la crisi del debito sovrano ha rivelato le debolezze dell’Unione Monetaria.

La preoccupazione immediata delle banche è che l’introduzione del bail-in abbia un impatto sul costo dell’indebitamento delle banche. Tale impatto è dato non solo dalla desiderata rimozione del cosiddetto moral hazard, ma anche dall’incertezza sul se e quando il bail-in verrà imposto. La BRRD prevede che si vada in risoluzione ogni volta che vi è intervento pubblico a sostegno della banca in crisi (a meno che non vi siano fondati rischi di contagio sistemico). Più in generale, il bail-in è concepito per intervenire in situazioni di cosiddetto going concern, ossia quando la banca non è ancora fallita. Se la probabilità di bail-in fosse dunque ritenuta maggiore della probabilità di default, l’effetto potrebbe essere quello di aumentare il costo del credito bailinable al di sopra della semplice rimozione del moral hazard. Tuttavia, l’aumento del capitale che può assorbire perdite potrebbe compensare questo effetto.

Per ora non sono riscontrabili significativi aumenti degli spread sul finanziamento bancario. Ovviamente il Quantitave Easing crea condizioni di mercato particolari che possono nascondere tali effetti. Una interpretazione potrebbe essere che i mercati non ritengono credibile l’applicazione del bail-in: alcuni motivi a sostegno di questa possibilità sono riportati in seguito. La tesi alternativa è che invece abbiano ragione le autorità: l’effetto negativo del bail-in sul costo del debito bancario è compensato dall’effetto positivo prodotto dalla maggiore capitalizzazione (il Teorema di Modigliani-Milller).

Il bail-in è strettamente legato al Resolution Planning. Infatti, una volta che l’autorità di supervisione (nell’Unione Bancaria la BCE) abbia dichiarato lo stato di crisi irreversibile di una banca, l’autorità di risoluzione (per le banche significative nell’Unione Bancaria il Single Resolution Board, SRB) propone un Piano di Risoluzione (PR) sulla base di un Piano già predisposto in base a criteri generali stabiliti nella BRRD. Il Piano di Risoluzione deve essere approvato dalla Commissione Europea entro 24 ore. L’idea sottostante è che l’autorità di risoluzione, sulla base del PR e con gli strumenti a disposizione (soprattutto il bail-in) possa risolvere la banca nel giro di un week-end (quando i mercati sono chiusi).

Il Resolution Planning può essere un utile strumento ex-ante. L’autorità di risoluzione avrà il potere di richiedere modifiche alla struttura e organizzazione della banca al fine di rimuovere gli ostacoli pratici all’applicazione degli strumenti di risoluzione. Le misure che potranno essere richieste includono:

  • limiti alle esposizioni individuali e aggregate;
  • la cessione di asset specifici;
  • limiti o la cessazione di attività; la restrizione o il divieto di sviluppare specifiche attività commerciali o vendere specifici prodotti;
  • la richiesta di modifiche alle strutture legali o operative, anche controllate indirettamente, al fine di ridurre la complessità e rendere possibile la separazione delle funzioni critiche dalle altre funzioni;
  • la richiesta di istituire una capogruppo a capo delle attività intraprese nel perimetro dell’Unione Bancaria;
  • la richiesta di emettere passività bailinable.

Come qualsiasi attività di pianificazione, il Resolution Planning faciliterà il processo decisionale. La risoluzione effettiva, però, dovrà risolvere un esercizio difficile di valutazione (dimensione delle perdite, valore degli asset ecc.): per quanto aggiornato annualmente, il PR non potrà contenere,     nel momento in cui viene dichiarato lo stato di crisi, tutte le informazioni necessarie e aggiornate. Le interconnessioni possono rivelarsi più complicate di quanto previsto nel RP. La crisi potrebbe rivelare l’imprevista non-sostenibilità del core business model o essere associata ad un grave danno reputazionale. Più in generale, la crisi della banca potrà rivelare gli “unknown unknowns” (De Serière 2014).

Per questi motivi, la risoluzione effettiva, dovrà necessariamente seguire delle vie non previste nel RP. È una illusione pensare che la crisi di una banca possa essere risolta sulla base di un documento preconfezionato (PR) e con uno strumento semplicistico come il bail-in:

[the management and resolution of a banking crisis is] a long and complicated process that requires the ability to orchestrate rapid responses as well as to take care of the various interests at stake” (Boccuzzi 2011)

Più in generale, è una illusione l’idea stessa che la crisi di una banca si possa risolvere in un week-end (De Serière 2014). Le risposte devono essere rapide (“rapid”), ma un processo lungo e complicato (“long and complicated process”) non può risolversi in un fine settimana.

Ciò che è necessario durante il famoso fine settimana è “swift action” (De Serière 2014), “improvisation” (Schoenmaker 2013), “ability to orchestrate” (Boccuzzi 2011), in modo che le risposte siano credibili. È pericolosa l’idea che misure preconfezionate e l’imposizione d’autorità di perdite ad una lista di creditori (bail-in) possano sostituire le abilità necessarie a formulare risposte credibili (swift action, improvisation, ability to orchestrate) e riportare magicamente in vita, il lunedì successivo, una banca morta.

L’idea che aveva ispirato due investment banker (Colello-Wilson) nel 2010 era che se fosse esistito un piano preconfezionato e le autorità avessero avuto il potere di imporre il bail-in, Lehman Brothers sarebbe potuta ritornare al “business as usual” il 15 Settembre 2008. Questa idea è diabolica e non particolarmente rispettosa della concorrenza. Una banca morta è una banca morta: non può essere trasformata in Frankenstein, almeno non senza terrorizzare i vivi!

Cosa accadrà quando questa idea verrà messa alla prova di una vera crisi bancaria? Nel caso di crisi idiosincratica, il PR aiuterà il processo decisionale (“swift action”) dell’autorità di risoluzione, che comunque dovrà improvvisare anche soluzioni impreviste e imprevedibili. Nel migliore dei casi, la minaccia del bail-in potrebbe facilitare l’uso di strumenti di risoluzione effettivi, quali la separazione degli asset e la costituzione di una bridge bank, mirate a individuare soluzioni di mercato. L’applicazione del bail-in a situazioni cross-border (creditori di vari stati membri, creditori extra BU) o di elevati danni reputazionali o di business model insostenibile si rivelerà comunque assai complicata.

In caso di crisi sistemica, invece, sia il PR che il bail-in saranno poco utili (difficoltà di valutazione degli asset, contagio ecc…) (Goodhart-Avgouleas 2014). Tuttavia, il fatto che sia stato introdotto il bail-in e costituite delle autorità di risoluzione avrà rilegittimato l’unico strumento efficace per risolvere crisi sistemiche: il bail-out!

When systemic risk materialises the alternative between [resolution] and bail-out is illusory and bail-outs cannot be banned. The real issue is how to re-legitimise bail-out ”. (Levitin 2011)