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La rinegoziazione dei contratti pubblici in Italia: uno sguardo più approfondito ai dati*

Considerate a lungo come un segno di inefficienza o di cattiva gestione, le rinegoziazioni dei contratti pubblici meritano un secondo sguardo. Nuovi dati sulla realtà italana suggeriscono che gli appalti possono anche riflettere un approccio costruttivo e adattivo a realtà in evoluzione

Stéphane Saussier
Stephane-Saussier

I contratti di appalto pubblico sono spesso visti come una rigida struttura e qualsiasi modifica è considerata  con scetticismo. Tuttavia, dati recenti sulle rinegoziazioni dei contratti avvenute in Italia suggeriscono che queste non sempre sono negative. Al contrario,  in alcuni casi potrebbero riflettere un approccio pragmatico alle sfide impreviste.

Comprendere il contesto

Nel 2014, l’Unione Europea ha introdotto  tre direttive volte ad aumentare la trasparenza negli appalti pubblici. L’Italia ha attuato queste direttive nel 2016, imponendo alle amministrazioni pubbliche di pubblicare gli Avvisi di Modifica del Contratto in Esecuzione (AMCE) ogni volta che vengono apportate variazioni significative ai contratti in essere. Questi Avvisi forniscono le motivazioni delle modifiche, offrendo spunti di riflessione sulle ragioni alla base delle rinegoziazioni

Cosa ci dicono i dati

L’analisi di 1.577 AMCE pubblicati in Italia tra il 2016 e il 2023, per un totale di oltre 13,7 miliardi di euro di spesa pubblica, rivela alcuni aspetti interessanti:

  • Entità dei cambiamenti: in media, le rinegoziazioni hanno portato a un aumento del 15% del valore del contratto, spesso rimanendo appena al di sotto della soglia del 50% consentita dai regolamenti UE.
  • Tenore delle giustificazioni: l’analisi del sentiment delle giustificazioni indica un tono prevalentemente neutro o positivo, suggerendo che molte rinegoziazioni rappresentano uno sforzo di collaborazione per adattarsi alle mutate circostanze.
  • Motivi della rinegoziazione: tra i motivi più comuni vi sono eventi imprevisti come la pandemia COVID-19 o le tensioni geopolitiche, che evidenziano la necessità di flessibilità nell’esecuzione dei contratti.

Riconsiderare le rinegoziazioni

Tradizionalmente, le teorie economiche considerano le rinegoziazioni dei contratti come segni di fallimento o di opportunismo. Tuttavia, i dati italiani suggeriscono una narrazione diversa. Le rinegoziazioni dei contrati in essere possono essere strumenti di adattamento, che consentono alle autorità pubbliche e agli aggiudicatari di rispondere efficacemente a sfide inaspettate.

Questa prospettiva si allinea al concetto di contrattazione relazionale, in cui la fiducia e la collaborazione tra le parti sono enfatizzate rispetto alla rigida aderenza ai termini iniziali. In questi contesti, le rinegoziazioni non sono anomalie ma componenti integrali della gestione dinamica dei contratti.

Implicazioni per i policy makers e per la pratica operativa

Le analisi sui dati evidenziano l’importanza di professionalizzare i processi di approvvigionamento  pubblico. Formare i responsabili degli appalti a gestire i contratti in modo proattivo e trasparente può migliorare l’efficacia della spesa pubblica.

Inoltre, abbracciare una visione equilibrata delle rinegoziazioni – riconoscendole come potenziali strumenti per ottenere risultati migliori – può portare a sistemi di appalti pubblici più resilienti e reattivi.

In conclusione, mentre le rinegoziazioni dei contratti negli appalti pubblici sono state spesso viste con sospetto, i dati italiani suggeriscono che queste possono servire come risposte pragmatiche alle complessità del mondo reale. Promuovendo la trasparenza e la collaborazione, le rinegoziazioni possono portare ad avere servizi pubblici più adeguati ed efficienti.

*La versione integrale di questo articolo è pubblicata sull’ultimo numero di Economia Italiana

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