Il taglio delle tasse del nuovo governo britannico non ha ottenuto il plauso dei mercati. Due economisti di rango ne spiegano il perché
Tagliare le tasse dà crescita economica? È quello che crede Liz Truss, il nuovo primo ministro britannico, che ha inaugurato il suo incarico con un gesto spettacolare, alla Margaret Thatcher: taglio delle tasse per 45 milioni di sterline, alleggerendo l’aliquota massima sui redditi, quella per i super ricchi, di cinque punti, cancellando il previsto aumento della corporate tax e consentendo a chi ha redditi che derivano da bonus e a chi riceve rendite – per esempio quelle immobiliari – attraverso una struttura societaria, di differirne l’incasso a quando il nuovo anno fiscale renderà operativi i vantaggi, cioè da aprile 2023.
La premier e il suo cancelliere Kwasi Kwarteng hanno definito l’iniziativa una mossa coraggiosa, che invertirà il circolo vizioso della stagnazione in una rapida crescita dell’economia britannica, e hanno anche annunciato che si indebiteranno sul mercato per sostenerla, come pure per sostenere i rincari delle bollette energetiche di imprese e famiglie. La manovra sulle tasse dovrebbe costare, secondo le stime, 30 miliardi di sterline, la spesa per supportare le bollette almeno altri 100 miliardi di sterline.
Secondo un rapporto del tink-tank indipendente Institute for Fiscal Studies e della banca di investimenti Citi, le due mosse spingeranno l’indebitamento a livelli insostenibili: a 60 miliardi di sterline oltre il livello deciso dall’Office for Budget Responsibility lo scorso marzo.
Se doveva essere il segnale che la City tornerà a essere il centro finanziario più appetibile del continente, che Londra ritroverà il suo tocco magico per chiunque sogni di diventare ricco, per ora l’effetto è stato deludente. La promessa di rivedere le regole per agevolare il cammino delle imprese verso la Borsa e il pacchetto per rilanciare la città, rivedendo le regole sul capitale dei fondi pensione e delle società di assicurazione per indurle a investire di più (alla faccia di Solvency 2), non ha sollevato per ora nessun entusiasmo nel mercato. Anzi.
Di fatto, la ricetta che lega taglio delle tasse con ripresa economica, abbracciata dal nuovo team al governo, ha più volte dimostrato di essere fallace. Tanto più oggi, che siamo in presenza di una inflazione a livelli di allarme rosso. Tant’è che i mercati hanno reagito fuggendo dalla sterlina, e i tassi di interesse si sono gonfiati.
«È una delle convinzioni economiche che definisco zombie», ha scritto il Nobel Paul Krugman sul New York Times, per dire di ricette che hanno ripetutamente dimostrato di non funzionare e che quindi dovrebbero essere cestinate per sempre, e invece vengono riproposte come il coniglio dal cappello da governi in diverse parti del pianeta, o brandite come risolutive, come nella nostra campagna elettorale.
Per demolirne – ancora una volta – il mito, Krugman dimostra che i tagli dell’era Reagan, a lungo celebrati come la svolta per l’economia degli Usa, non hanno fatto altro che tenere la crescita del paese lungo una traiettoria di crescita di lungo periodo che già c’era. Tanto è vero che durante l’era Clinton, che successivamente smantellò i tagli alle tasse di Reagan, non si produsse alcun disastro né alcuna frenata, il trend proseguì senza scossoni e anzi l’economia crebbe anche di più.
A sparare contro la ricetta zombie di Truss e Kwarteng, anzi quasi a ridicolizzarla, ci ha pensato sul Financial Times il principe dei suoi commentatori economici, Martin Wolf: la dottrina Truss-Kwarteng, espressa nel 2012 in un libro dal titolo “Britannia Unchained”, che indicava come modello da seguire il Brasile, oggi appare alquanto stupida, ha scritto.
Soprattutto, nonostante le tasse più basse rispetto alle altre economie avanzate e la forte deregolamentazione attuata dalla Tatcher in poi, Uk ha conservato tutti i suoi difetti: non sono migliorate le disuguaglianze sociali, le imprese hanno continuato a preferire la spesa all’investimento, la produttività è rimasta stagnante.
La crescita e gli investimenti nascono dal clima di fiducia e dalla stabilità, ammonisce Wolf. Truss non sembra alimentare né l’una né l’altra. I messaggi da lei lanciati hanno solo sapori bellicosi: dalla possibilità di rompere con la Ue sul Protocollo sull’Irlanda del Nord alle accuse verso la Cina.
Insomma, se i mercati si comportano, dopo l’annuncio del pacchetto fiscale del nuovo governo, con il sospetto dovuto di solito ai paesi in via di sviluppo che azzardano politiche da apprendisti stregoni, invece che misurarsi con un gigante economico in rilancio, non è un buon segnale. La luna di miele della tatcheriana Truss con i mercati non è iniziata al meglio. Una lezione per chi volesse seguirne l’esempio.