Libri

a cura di Filippo Cucuccio

La ricetta di Varufakis contro i tecnofeudatari

Yanis Varoufakis “Cosa ha ucciso il capitalismo”, La nave di Teseo, Milano, 202 , pagg. 363, Euro 24,00

Come il capitalismo finanziario, orientato al profitto, sia stato sostituito da un altro modello, basato sullo sfruttamento delle risorse economiche da parte dei detentori delle nuove tecnologie, i tecnofeudatari

Filippo Cucuccio

Apparentemente, ad una prima presa di contatto, l’ultimo libro di Yanis Varoufakis, economista di lungo corso con sconfinamenti in campo politico – è stato, oltreché membro del Parlamento greco, anche Ministro delle Finanze del Governo Tsipras per un breve periodo nel 2015 – si può iscrivere nel novero dell’ampia letteratura sul tema della dissoluzione del sistema capitalistico. Un tema che rispecchia una linea di pensiero che affonda le proprie radici da oltre 150 anni nello stesso Capitale di Karl Marx, il quale – è bene ricordarlo – di questo sistema, già allora aveva preconizzato l’implosione, a seguito della presa di coscienza dei lavoratori e della loro successiva organizzazione in movimento rivoluzionario.

In realtà, sfogliando con maggiore attenzione le pagine del libro, il lettore si troverà coinvolto in un percorso intellettuale, gradevolmente intrigante e, certamente, non privo di spunti originali. A concorrere alla formazione di questo giudizio vi sono, da un lato, la solida preparazione economica con un marcato orientamento di tipo neokeynesiano, che traspare dalle considerazioni addotte; dall’altro, il richiamo alle proprie origini greche, filtrato attraverso l’evocazione di temi letterari e mitologici già utilizzati in altre fatiche letterarie dell’A. (come nei casi della poetica di Esiodo e nella leggenda del Minotauro) e che tanta parte hanno avuto nello sviluppo culturale del mondo occidentale.

A rendere ancor più piacevole la lettura è, poi, l’utilizzo di uno stile colloquiale, indirizzato nei confronti del proprio genitore, i cui insegnamenti sul piano etico hanno, evidentemente, avuto un impatto significativo nel percorso di crescita, non solo anagrafica, di Yanis Varoufakis.

Quanto finora detto già giustificherebbe, pertanto, il giudizio di originalità del libro; giudizio, che risulta, inoltre, rafforzato dalla sapiente articolazione del suo impianto logico narrativo, a sua volta arricchito da due interessanti appendici: la prima, dedicata a spiegare i fondamenti economici di quello che Varoufakis definisce il tecnofeudalesimo; la seconda appendice, più breve, destinata ad illustrare, attraverso l’esempio dei derivati, la modalità con cui la finanziarizzazione dell’economia ha portato allo sviluppo di questo nuovo sistema.

In estrema sintesi, la tesi dell’A. vuole dimostrare come il declino del capitalismo finanziario, orientato al profitto, sia sfociato e, quindi, sia stato sostituito da un altro modello, basato sullo sfruttamento delle risorse economiche e caratterizzato da un ristretto numero di detentori delle nuove tecnologie (i nuovi feudatari), orientati a massimizzare le proprie rendite di posizione.

L’analisi svolta comprende una ricostruzione accurata e convincente delle caratteristiche essenziali dello sviluppo economico della seconda metà del secolo scorso e dei primi due decenni di quello in corso, nonché dei pericoli che l’avvento del nuovo sistema del tecnofeudalesimo rappresenta per la vita dei singoli individui e per la sopravvivenza delle democrazie, con l’emergere dei due poli egemonici contrapposti degli Stati Uniti e della Cina.

Passando ad una valutazione conclusiva di questo libro, qualche riserva può essere avanzata sulla terapia indicata per contrastare questa temibile nuova tendenza dello sviluppo economico e della sua connessa regressione democratica. Una terapia lasciata, forse, un po’ nel vago nei suoi dettagli operativi e, comunque, ammantata da un velo di eccessivo utopismo.

Lascia, inoltre, perplessi il giudizio emesso con tanta sicurezza sulla fine del capitalismo, anche alla luce di quanto sottolineato dallo stesso Varoufakis, a proposito dell’imprevedibilità delle vicende umane, testimoniata dall’esempio dell’evoluzione della rivoluzione industriale del ‘700, premessa al capitalismo industriale dell’800, poi, trasformatosi in capitalismo finanziario nella seconda parte del’900.

Si tratta di riserve, che, peraltro, non inficiano un giudizio complessivamente positivo di questo volume, sia per il tentativo (riuscito) di offrire una lettura coerente e sistematica delle tendenze economiche contemporanee e del più recente passato; sia per il monito, certamente, opportuno, a prendere consapevolezza delle possibili pericolose derive non democratiche presenti nell’attuale scenario e a reagirvi adeguatamente e tempestivamente per scongiurarle.

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