Gael Giraud “La rivoluzione dolce della transizione ecologica - Come costruire un futuro possibile”, Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2022, pagg. 235, Euro 16,00
Il sempre più frequente manifestarsi di eventi climatici disastrosi, il loro allargamento ad aree geografiche da essi in precedenza non toccate, hanno certamente favorito i numerosi recenti moniti a riconsiderare i modelli economici di sviluppo, postulando un uso più consapevole delle risorse naturali e una maggiore attenzione alla tutela ambientale.
In questa corrente di pensiero, sempre più affollata di contributi scientifici, spicca per originalità di approccio l’ultimo libro di Gael Giraud, un religioso gesuita, che dirige il Programma per la Giustizia Ambientale della Georgetown University, dove insegna Economia Politica.
In questo suo libro, frutto di ricerche e di riflessioni non di breve periodo, sorrette da un’accurata e robusta consultazione delle fonti disponibili e articolato in quattro parti, l’A., nelle prime due ripercorre i sentieri tradizionali della scienza economica, passandone al vaglio critico alcuni aspetti operativi controversi e suscettibili di una loro più adeguata regolamentazione. Una rassegna da cui emergono, sia la convinzione di poter riformulare e riorientare i principi economici, rendendoli coerenti con un livello di accresciuta sensibilità sociale ed ecologica, sia la necessità di sgombrare il campo da falsi miti, o errate concezioni, che caratterizzano la trattazione di alcuni temi: i mercati delle materie prime, le forme di protezionismo, la mobilità del capitale e le sue potenzialità e, infine, la velocità sempre maggiore delle transazioni finanziarie.
Segue, poi, una terza parte, in cui si considerano le problematiche della decarbonizzazione e della correlata necessità di prevedere l’imposizione di una carbon tax. Una premessa indispensabile per avviare un approfondimento di riflessione sugli attuali modelli economici, basati sullo sfruttamento intensivo/esclusivo delle risorse tradizionali, tra cui quelle petrolifere. In questo contesto, in un’ottica di transizione ecologica, va sottolineata la proposta dell’A. di superare la tradizionale dicotomia beni privati – beni pubblici per virare con decisione sulla definizione di beni comuni, patrimonio della collettività; una categoria di beni, meritevoli di essere adeguatamente ed efficientemente gestiti e tutelati, in una prospettiva di crescita economica virtuosa..
Nella quarta parte, infine, Giraud corona il proprio approccio originale, richiamando gli insegnamenti e gli orientamenti della Chiesa in campo economico – sociale. Viene, pertanto, delineato un interessante quadro di riflessioni in tema di giustizia distributiva, con echi dell’equilibrio kantiano nell’interpretazione dell’economista John Roemer e con una rivalutazione del ruolo, fin qui marginale, della carità, pilastro ineludibile della religione cristiana. È questo un passaggio essenziale per poter approdare ad uno scenario che prevede il superamento della logica, finora prevalente, del contraccambio, ossia del dono contro dono, per puntare decisamente a quella, inopinata e certamente inaudita, della gratuità.
Una logica apparentemente utopistica, quella offerta in queste pagine dall’A. al lettore, ma che, in realtà, ha già permeato di sé esperienze di successo non trascurabile: dal microcredito, ad alcune forme di autogestione e di gestione mutualistica.
Sono tutte esperienze che risultano accomunate da un fattore essenziale per il loro sviluppo, la fiducia. Una componente che sarà altrettanto determinante per una ripartenza dell’economia mondiale, all’insegna di una mitigazione delle crescenti disuguaglianze socio – economiche; così come del prevalere di una cultura della protezione ambientale più efficace e di un uso più consapevole delle risorse naturali disponibili.
Un libro, in definitiva, che nonostante il titolo accattivante – la rivoluzione dolce – in realtà contiene in sé gli enzimi ideologici di un ribaltamento radicale dei canoni economici finora osservati, indispensabile per rispondere efficacemente alla loro messa in discussione e alla necessità di fornire un’alternativa praticabile e finalizzata ad un futuro meno minaccioso per la nostra e per le successive generazioni.