Rendimento. È l’araba fenice di cui vanno a caccia tutti coloro che devono gestire il denaro, siano essi piccoli risparmiatori che grandi money manager, soprattutto da quando viviamo in epoca di tassi negativi. Posto che regole assolute non esistono, qualche titolo per dare lezioni sul come fare lo ha chi quel denaro lo gestisce con un forte vincolo sul futuro: i fondi pensione, le fondazioni, le casse di previdenza. Sono loro i protagonisti del survey che Mercer, la società internazionale di consulenza, svolge ogni anno. In quello appena presentato (e che potete leggere integralmente nella sezione Documenti), i messaggi sono chiari: si è chiusa una fase di mercato contraddistinta da bassa volatilità, una buona disponibilità di asset finanziari sottovalutati e premi per il rischio alti ma vi via calanti. In quella che si apre le scelte saranno più difficili: generare rendimenti annuali del 3-4 per cento nei prossimi tre/cinque anni sarà difficile, chiarisce il survey. La calma degli ultimi esercizi sarà scossa da un aumento della volatilità e bisognerà essere pronti a improvvisi scenari negativi, e poiché anche sul fronte valutario ci aspettano possibili grandi sommovimenti, sarà importante gestire il rischio di cambio. In conclusione, l’orizzonte di qui a otto anni, afferma Mercer, è assai incerto.
Ci si dovrà addentrare in mari poco conosciuti, aprirsi agli hedge fund, investire in real asset come il mattone ma anche le infrastrutture e le risorse naturali, e incominciare a incorporare nelle scelte finanziarie lo scenario ambientale, cioè quale impatto la decarbonizzazione (obiettivo su cui l’Europa è impegnata mentre gli Usa di Trump fanno marcia indietro) e i cambiamenti climatici possano avere sul valore di alcuni titoli. Soprattutto, occorrerà tenere conto del riapparire sulla scena di una componente quasi dimenticata, l’inflazione, che nel 2017 a livello globale è prevista dai partecipanti al survey al 2,7, ma che sarà oltre il 2 solo negli Usa, mentre si manterrà ben sotto questa soglia sia in Europa che in Giappone.
Questo rischia di stravolgere non poco il quadro delle scelte fatte finora. Riprodotta qui sotto, la fotografia di 1250 portafogli di investitori istituzionali europei in 13 paesi, per un totale di 1.100 miliardi di euro. È evidente la prevalenza di bond (che sono in maggioranza domestici governativi, tranne che in Belgio, che preferisce bond di altri paesi equamente divisi tra governativi e corporate, Finlandia e Norvegia, che preferiscono in assoluto i bond delle proprie corporate, Svizzera che si concentra sui corporate bond esteri), che per l’Italia sono al 57 per cento titoli del Tesoro.