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La quota di una Srl tokenizzata potrà essere negoziata?

Nell'adeguare il nostro sistema al Regolamento UE “DLT Pilot Regime”, il legislatore italiano ha fatto scelte a un tempo ardite e non comprensibili: consentendo la tokenizzazione delle quote di S.r.l., si è poi spogliato integralmente del potere di intervenire sulla loro struttura affidando la disciplina della “quota tokenizzata alla Consob” e questo nonostante la decisione sembra essere essenzialmente politica

Antonio Di Ciommo
Di-Ciommo

Se l’accesso alla dematerializzazione “tradizionale”, di cui al Ddl. capitali di prossima approvazione, evidenziava già quanto fosse inesorabile l’avvicinamento tra le azioni e le quote di S.r.l. (e, dunque, la mutazione di queste ultime in strumenti finanziari), questo processo sembra si sia ulteriormente accelerato con il recente D.L. 17 marzo 2023 n. 25 in materia di emissione e circolazione di “determinati strumenti finanziari in forma digitale e di semplificazione della sperimentazione FinTech”, di adeguamento alle disposizioni contenute nel Regolamento (UE) 858/2022 (il c.d. “Regolamento DLT pilot regime”).

Con detto decreto, il legislatore ha introdotto le prime ed essenziali norme per consentire ai gestori delle sedi di negoziazione e delle infrastrutture di mercato (i.e., depositari centrali di titoli e controparti centrali) di convertire le proprie tecnologie e dirigersi verso sistemi e strutture basati – anche – sulla Distributed Ledger Technology.

La Legge 10 maggio 2023 n. 52, di conversione del D.L. 25/2023, all’art. 28, comma 2, ha aggiunto la lett. a-bis) con cui viene conferito alla Consob, inter alia, di “includere [con apposito regolamento] nell’ambito degli strumenti che gli emittenti possono assoggettare alla disciplina del presente decreto […] le quote di partecipazione ad una società a responsabilità limitata, anche in deroga alle disposizioni vigenti relative al regime di forma e circolazione di tali strumenti, ivi comprese le disposizioni di cui agli articoli 2468, primo comma, 2470, commi dal primo al terzo, e 2471 del codice civile”.

Laddove la Consob esercitasse detto potere, estendendo l’ambito di applicazione del D.L. 25/2023 alle quote di S.r.l.: (i) iscritte su un “registro per la circolazione digitale1; e (ii) ammesse alle negoziazioni su un MTF DLT, queste ultime ricadrebbero astrattamente nell’ambito della definizione di “strumenti finanziari digitali”.

Poiché la delega regolamentare consente alla Consob di derogare, inter alia, ai divieti di cui all’art. 2468, comma 1, c.c., è ragionevole dedurre che le quote di S.r.l. incluse in un “registro per la circolazione digitale” e negoziate su un “MTF DLT”, oltre a divenire “strumenti finanziari digitali”, acquisirebbero l’ulteriore carattere (formale e sostanziale) della negoziabilità tipica dei “valori mobiliari”, divenendo così strumenti finanziari anche tradizionali.

In altri termini, le quote di S.r.l. che ricadranno nella definizione di “strumenti finanziari digitali” ai sensi del D.L. 25/2023 potrebbero ricadere anche nella categoria dei “valori mobiliari” e divenire comunque strumenti finanziari anche “tradizionali. Ciò avrebbe conseguenze indubbiamente significative in termini di disciplina settoriale applicabile, tra cui, prime fra tutte, la riserva di attività ex art. 18 TUF e la normativa armonizzata in materia di offerta al pubblico.

Così interpretando, però, la – potenziale – estensione del D.L. 25/2023 alle quote di S.r.l. tokenizzate potrebbe rivelarsi non del tutto compatibile con l’ordinamento europeo.

L’art. 3 del Regolamento DLT pilot regime stabilisce, infatti, che “gli strumenti finanziari DLT sono ammessi alla negoziazione su un’infrastruttura di mercato DLT o registrati in un’infrastruttura di mercato DLT soltanto se, al momento dell’ammissione alla negoziazione o della registrazione in un registro distribuito” ricadono in una delle tre fattispecie espressamente elencate dalla norma; tra dette fattispecie, l’art. 3 del Regolamento contempla soltanto gli emittenti di “azioni” aventi una capitalizzazione provvisoria inferiore a 500 milioni di euro.

Per “infrastruttura di mercato DLT”, il Regolamento DLT pilot regime intende un “sistema multilaterale di negoziazione DLT, sistema di regolamento DLT o [un] sistema di negoziazione e regolamento DLT”. In altri termini, un MTF DLT, un depositario o una controparte centrale “semplice” (cioè ciascuno autorizzato a esercitare ognuna di queste attività e componenti un sistema che realizza il regolamento delle operazioni in strumenti finanziari DLT),  un MTF DLT autorizzato anche all’attività di depositario centrale (si intende, di strumenti tokenizzati) o di controparte centrale, o ancora un depositario centrale di strumenti tokenizzati o una controparte centrale autorizzati a gestire anche un MTF DLT.

Peraltro, mette conto notare che queste due attività nella disciplina mobiliare tradizionale non possono essere cumulate in capo al medesimo soggetto.

Perciò, in prima analisi si sarebbe portati a credere che l’estensione del Regolamento DLT pilot regime alle quote di S.r.l. per opera del – futuro – regolamento della Consob previsto dall’art. 28 del D.L. 25/2023 non potrebbe consentire la loro ammissione agli scambi presso un MTF DLT.

Difatti, la dizione dell’art. 3 del Regolamento DLT pilot regime sembra – inusualmente – precisa e circoscritta: se il legislatore europeo ha indicato nell’elenco dell’art. 3 le “azioni” (e non, come in altri casi nella normativa settoriale europea, le “azioni o loro equivalenti”), se ne dovrebbe concludere a contrario, che gli strumenti di partecipazione al capitale diversi dalle azioni, pur se tokenizzati, non potrebbero essere registrati e ammessi alle negoziazioni sugli MTF DLT di futura costituzione.

Astrattamente, sembrerebbe militare in tal senso anche l’art. 2 del D.L. 25/2023 che, tra gli strumenti compresi nell’ambito di applicazione del D.L. 25/2023, indica solamente “le azioni di cui al libro quinto, titolo V, capo V, sezione V del codice civile” (in altre parole, le azioni emesse dalle S.p.A.) e al comma 2 ribadisce, poi, che “resta fermo quanto stabilito dall’articolo 3 del [Regolamento DLT pilot regime]”.

Sembra, perciò, residuare uno spazio molto limitato per argomentare che le quote di S.r.l. tokenizzate potranno essere registrate e negoziate presso le future infrastrutture di mercato DLT. E, tuttavia, così interpretando, perderebbero di senso gran parte degli interventi più recenti del legislatore nazionale.

Non passa inosservato, in primo luogo, che lo stesso elenco dell’art. 2 D.L. 25/2023 risulta astrattamente ampio di quello di cui all’art. 3, par. 1, del Regolamento DLT pilot regime.

La ristrettezza del concetto di “azione” espressa, poi, dall’art. 3 del Regolamento DLT pilot regime è tale da escludere fenomeni partecipativi analoghi alla partecipazione azionaria, da cui sono distinti solo per non essere rappresentati da titoli di credito.

In altri termini, la eccessiva determinatezza del concetto di “azione” espresso dal Regolamento e l’assenza di ogni spiegazione delle ragioni di tale scelta nei Considerando, inducono a ritenere che le scelte operate dal legislatore europeo con l’art. 3, par. 1, del Regolamento DLT pilot regime appaiono mosse da un eccessivo formalismo (che si pone, paraltro, del tutto in controtendenza rispetto alla disciplina mobiliare tradizionale).

In questo senso, è lampante la diversa ampiezza tra la nozione di “azione” di cui all’art. 3, par. 1, del Regolamento DLT pilot regime e la definizione di “valore mobiliare” adottata dalla MiFID II, in cui quest’ultima è stata concepita in modo da abbracciare potenzialmente ogni fenomeno partecipativo a imprese collettive societarie e capitalistiche. Ciò per rispondere a due finalità: consentire un accesso al mercato a un novero ampio di soggetti a prescindere, per quanto possibile, dalle specifiche peculiarità delle diverse discipline societarie nazionali e, al contempo, consentire che queste stesse imprese ricadessero sotto la vigilanza delle autorità competenti per assicurare una adeguata tutela agli investitori e una effettività al principio di buon funzionamento dei mercati.

Alla luce di ciò, si comprenderebbe molto poco il senso della scelta compiuta dal legislatore italiano con l’art. 2, comma 1, D.L. 25/2023 di estendere le norme sulla tokenizzazione a un novero di fattispecie di strumenti (finanziari e di mercato monetario) apparentemente più ampio di quello consentito dall’art. 3, par. 1, del Regolamento DLT pilot regime e, dunque, una scelta di autorizzare la tokenizzazione di specifici prodotti se questi non siano poi negoziabili ai sensi del medesimo art. 3 del Regolamento.

Per quale ragione, infatti, il Dipartimento del Tesoro presso il MEF, emittente del debito pubblico nazionale, dovrebbe tokenizzare i Buoni del Tesoro sapendo con certezza che questi, poi, non potranno essere negoziati sugli MTF DLT e che difficilmente potrebbe negoziarli, poi, sulle infrastrutture tradizionali?

Allo stesso modo, per quale ragione una banca dovrebbe tokenizzare le proprie ricevute di deposito di titoli sapendo che poi non potrebbe registrarle e negoziarle su infrastrutture di mercato DLT e che, dopo la loro tokenizzazione, essi difficilmente potrebbero accedere alle infrastrutture tradizionali?

In effetti, anche se queste fattispecie non sono specificatamente nominate dal Regolamento, esse sembrano rientrare nel novero degli strumenti finanziari di debito compresi nell’art. 3, par. 2, lett. b), del Regolamento DT pilot regime.

Sarebbe, perciò, ancor meno comprensibile la scelta del legislatore nazionale, compiuta in sede di conversione, di estendere (sia pure eventualmente e con successivo regolamento della Consob) il D.L. 25/2023 alle quote di S.r.l. tokenizzate.

L’estensione delle norme di cui al D.L. 25/2023 alle quote di S.r.l. pone già di per sé problemi interpretativi gravi con riguardo alla disciplina codicistica delle forme e della pubblicità dei trasferimenti delle quote che, circolando in forma tokenizzata, rischierebbero di essere trasferite in modo opaco (e, dunque, in contrasto con le finalità dell’ordinamento societario vigente).

A ciò, si aggiunga che l’eventuale impossibilità di registrare e negoziare le quote negli MTF DLT farebbe venire a mancare ogni senso economico alla scelta degli emittenti di tokenizzarle.

Di fatti, così interpretando, la tokenizzazione della quota comporterebbe per una S.r.l. l’accesso a un sistema di mera registrazione delle quote e dei relativi trasferimenti alternativo alle ben più consolidate e accessibili forme ordinarie.

Per quale ragione una S.r.l. dovrebbe decidere di tokenizzare le proprie quote se non in funzione di una apertura del proprio capitale a nuovi investitori reperiti sul “mercato DLT” (come infatti sarà per le società che emettono azioni tokenizzate)?

Una interpretazione sistematica di queste due norme sembra perciò imporsi.

Il legislatore nazionale sembra, infatti, aver lasciato (forse involontariamente) un tenue spiraglio all’accesso delle quote di S.r.l. tokenizzate alle infrastrutture di mercato DLT e, dunque, alla loro negoziabilità sugli MTF DLT.

Come già anticipato, alla Consob è consentito esercitare la propria delega regolamentare potendo prevedere norme derogatorie anche dell’art. 2468 c.c. e, dunque, del divieto in capo alle S.r.l. di offerta al pubblico e, soprattutto, di emissione azionaria.

La deroga all’art. 2468 c.c. potrebbe essere perciò interpretata come una espressa (oltre che necessitata) legittimazione a emettere azioni concessa eccezionalmente dalla Consob alle S.r.l. se ed in quanto emetteranno quote tokenizzate.

Certo, è singolare come il Parlamento, quale organo politico, abbia deciso di abdicare al proprio potere di decidere espressamente sulla negoziabilità o meno delle quote tokenizzate sugli MTF DLT, rinviando la questione non solo a una normativa di rango inferiore a quella stabilita dal codice civile (ossia, a un regolamento), ma a una autorità addirittura sprovvista di potere politico qual è la Consob.

Tutti questi elementi inducono infatti a credere che la Consob avrà l’ingrato compito di decidere conclusivamente, in base alla disciplina concretamente adottata nel proprio regolamento, se le quote tokenizzate potranno essere negoziate o meno sugli MTF DLT.

Nel primo (e auspicabile) caso, la Consob dovrà esercitare la propria delega regolamentare compatibilmente con le norme dell’art. 3 del Regolamento DLT pilot regime e, dunque, disciplinando la quota tokenizzata in modo da ricalcare l’azione tradizionale.

Perciò, la deroga regolamentare all’art. 2468 c.c. non potrà essere limitata soltanto a una – generica – disapplicazione del divieto di offerta al pubblico di prodotti finanziari (come in effetti già avviene per le quote di S.r.l. offerte sui portali di crowdfunding), ma dovrà consentire (se non addirittura imporre) alle S.r.l. emittenti di strutturare le proprie quote come se fossero azioni.

Detto altrimenti, è ragionevole concludere che per renderle negoziabili negli MTF DLT, la Consob dovrà imporre alle S.r.l. che emettono quote tokenizzate di prevedere che esse rispettino i canoni di cui all’art. 2331 c.c. e, dunque, che esse abbiano “uguale valore e attribuisc[a]no eguali diritti” e siano, perciò, suddivise in singole unità di partecipazioni predeterminate e indivisibili.

Una operazione certamente non semplice, sia sotto il profilo politico, sia sotto il profilo normativo. Una scelta simile, infatti, rischia di rendere irreversibile l’avvicinamento della S.r.l. alle società azionarie, mettendo forse in crisi il senso della distinzione tra i due tipi societari.

A tutt’oggi, resta un mistero quale sia la ragione per cui il legislatore si ostini a utilizzare la legislazione speciale per intervenire sulla struttura della S.r.l.; se, come sembra, lo scopo è quello di creare un tipo societario dal capitale aperto e concorrenziale rispetto alle S.p.A., questo obiettivo potrebbe essere raggiunto in modo certamente più efficace con una riforma organica (anzi, con una ri-codificazione) del tipo societario.

Desta, poi, molte perplessità la scelta del legislatore di attribuire alla Consob (ossia a una autorità tecnica) e non al MEF (ossia a una autorità politica) una delega regolamentare su una simile materia; delega che, sulla base della disciplina sovraordinata di riferimento, sembra infatti risolversi in una delega a prendere una posizione che travalica il tecnico e investe scelte di politica economica e legislativa estranee alle competenze tipiche di un’autorità di vigilanza.

Di fatti, la delega di cui all’art. 28, comma 2, lett. a-bis), D.L. 25/2023 sembra mettere la Consob nella non facile posizione o di confermare le S.r.l. nel proprio ruolo di piccole società chiuse (strutturando perciò le quote tokenizzate in modo da non poter essere compatibili con il concetto di “azioni” espresso dall’art. 3 del Regolamento DLT pilot regime), ovvero di modificare strutturalmente l’essenza del rapporto partecipativo tipico della S.r.l. e, perciò, il suo ruolo nell’attuale ordinamento societario (e, dunque, nel sistema economico).


1 Regolato dall’art. 4 D.L. 25/2023.

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