Secondo il Global Financial Stability Report del Fondo Monetario Internazionale, la stabilità dei mercati finanziari è decisamente migliorata, ma la ricerca affannosa di rendimenti sul mercato, favorita dai bassi tassi di interesse, e l’accumulo di debiti del settore privato potrebbe creare nuovi rischi nel medio termine che vanno contrastati con politiche adeguate.
Oggi la stabilità dei mercati finanziari è decisamente migliorata, afferma il rapporto semestrale del Fondo Monetario Internazionale sulla Stabilità Finanziaria (Global Financial Stability Report) di ottobre, Is Growth at Risk? appena pubblicato. Questo grazie a un mix di straordinario supporto politico, rafforzamento della regolamentazione e ciclica ripresa dell’economia.
Le grandi banche sono più forti, sia patrimonialmente, sia dal punto di vista della liquidità, in un contesto di regole più severe e che prevede uno scrutinio sempre maggiore per le istituzioni di importanza globale per il sistema finanziario (le GSIFIs).
La politica monetaria è stata molto efficace nel gestire la crisi e nello stabilizzare i mercati. Tuttavia, le misure eccezionali adottate creano anche nuove vulnerabilità. Da un lato l’accumulo di debiti da parte del settore privato, dall’altro la ricerca affannosa da parte dei risparmiatori di rendimenti al di fuori del loro habitat tradizionale.In questo contesto, le vulnerabilità si spostano dalle banche verso l’economia reale e crescono i rischi di mercato. Tutto questo può condurre a un ulteriore riduzione dell’apprezzamento del rischio (ovvero a una sua insufficiente valutazione da parte del mercato) e a un maggiore indebitamento del settore non finanziario. Secondo il Fondo, è necessario che queste sfide vengano gestite attentamente per evitare di mettere a rischio lo sviluppo nel medio termine.
Se le condizioni finanziarie sono decisamente migliorate nell’ultimo periodo, “l’esperienza ci ha insegnato che è proprio quando il denaro è a buon mercato che viene costruita la vulnerabilità del sistema” come ammonisce nella sua introduzione Tobias Adrian, coordinatore del rapporto. È dunque questo il momento giusto per porre in atto misure di ulteriore prevenzione dei rischi finanziari. E in effetti la prosecuzione di una politica monetaria accomodante nelle economie avanzate – necessaria per supportare lo sviluppo e raggiungere gli obiettivi di inflazione – si associa ad una crescita dei prezzi delle azioni e a un più alto indebitamento delle imprese che rende il sistema più vulnerabile a futuri shock. In questo momento la valutazione del rischio temporale (legato alla inflazione attesa) e del rischio di credito (spread sui corporate bonds) è vicina ai minimi storici.
In altre parole, ci sono troppi capitali a caccia di investimenti a fronte di troppo pochi titoli di qualità su cui investire: oggi meno del 5% dello stock di attività investment grade a reddito fisso rende più del quattro per cento; mentre era l’80% delle attività prima della crisi. In cifre, scendiamo da 15,8 a 1,8 trilioni di dollari: come dire, utilizzando le classifiche del PIL del FMI, che si passa dal PIL degli USA a quello dell’Italia.
Il Global Financial Stability Report dedica un intero capitolo all’indebitamento del settore privato, sottolineando come l’allentamento delle condizioni finanziarie favorisce la crescita del PIL nel breve termine, ma quando questa politica accomodante si unisce alla crescita dell’indebitamento privato i rischi aumentano nel medio termine. Come si vede dal grafico, la crescita dell’indebitamento nei paesi del G20 è stata senza soste e particolarmente accelerata per le imprese negli ultimi anni. Il debito di governi, famiglie e imprese (banche escluse) ammonta oggi a 135 trilioni di dollari e risulta superiore al PIL di 2,3 volte.
Nel complesso, paradossalmente, alcuni dei fattori che hanno contribuito a rafforzare la stabilità finanziaria potrebbero essere essi stessi portatori di nuove rischi nel medio termine, in assenza di appropriate politiche (V. le misure riassunte nel “decalogo” riportato nel box grigio). Fra queste, lo strumento ritenuto più importante è quello delle politiche macroprudenziali. In particolare un’azione per rafforzare gli standard di qualità delle emissioni del settore privato rappresenta lo strumento primario per tutelarsi contro i futuri rischi che il sistema finanziario può causare alla crescita reale. Occorre agire in particolare sulle istituzioni non-bancarie le cui vulnerabilità appaiono crescenti, mentre è evidente il rafforzamento conseguito dalle banche di importanza globale (GSIBs) grazie alle riforme determinanti intraprese dopo la crisi del 2008.
A fronte delle numerose critiche generate dall’applicazione di Basilea III, il rapporto ammette che una revisione e una semplificazione della regolamentazione post crisi, eliminando gli effetti non desiderati, è probabile, ma sottolinea anche che i capisaldi devono rimanere il mantenimento di un elevato livello di capitale e di liquidità.
In conclusione, prima della grande crisi finanziaria, pochi economisti avevano lanciato un allarme. Fra le Cassandre inascoltate c’era stato Raghuram Rajan, all’epoca capo economista presso l’FMI, poi per vari anno governatore della banca centrale dell’India, che aveva messo in guardia a titolo personale sui rischi dei titoli sintetici nel suo paper del 2005, “Has the financial development made the world riskier?”.In cui si argomentava come i mutui impacchettati nei titoli avessero reso più complicato discernere i rischi, ma non per questo li avevano eliminati.
Oggi il Fondo si muove ufficialmente con cautela e lungimiranza. IlGlobal Financial Stability Report (GFSR)ha proprio il compito di analizzare, con cadenza semestrale, lo stato di salute del settore finanziario, di valutare come gli sviluppi della finanza possono influenzare le future condizioni economiche e quindi di identificare politiche idonee per mitigare i rischi per la crescita derivanti dall’evoluzione del settore: prevenire è meglio che curare.
Qual è dunque la ricetta del Fondo per prevenire una crisi di medio termine?
La vera sfida per i policymakersèdi assicurarsi che il sistema non continui ad accumulare vulnerabilità e che al contempo le condizioni di politica monetaria rimangano favorevoli per la ripresa mondiale. Altrimenti l’accumulo di debito e la sopravvalutazione degli asset potrebbe minare la fiducia del sistema e mettere a rischio la crescita globale. I policymaker devono sfruttare questo momento particolarmente positivo per la stabilità del sistema evitando il compiacimento e mettendo in atto nuove misure per prevenire i rischi a medio termine.