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La battaglia per il clima arruola le fintech

Ecco quali investimenti la finanza alternativa offre a chi vuole puntare sul climate change

L’attenzione all’ambiente e il fronte di chi cerca di ridurre le emissioni e combattere il cambiamento climatico vede arruolarsi anche le banche.

Secondo uno studio di Opyn – la fintech italiana dei finanziamenti digitali alle imprese – il consumo energetico dell’industria bancaria supera i 250 Twh all’anno (fonte: un report di Galaxy Digital). Non è un caso quindi che la finanza – quella tradizionale come quella tecnologica – sia impegnata nelle azioni mirate alla riduzione dell’impronta carbonica.

A cominciare dalle banche centrali. Quanto Banca d’Italia, tra il 2018 e il 2021, l’impronta carbonica delle azioni del suo portafoglio, che ha un valore di 16 miliardi, è crollata del 60% e risulta inferiore del 37% rispetto al benchmark (lo afferma il primo Rapporto sugli investimenti sostenibili e sui rischi climatici). I titoli del portafoglio dell’istituto sono sopra la media anche per quanto riguarda gli indicatori sociali – altra cruciale metrica della sostenibilità – : le donne impiegate sono il 7% in più rispetto al mercato generale e il tasso di infortuni è inferiore del 9%.

Nel resto del mondo i grandi protagonisti della finanza globale aumentano il livello dei propri impegni a favore del clima. L’American Bankers Association spinge i principi per la transizione verso un’economia a bassa impronta di carbonio; Goldman Sachs ha aderito a un’iniziativa open source sui dati climatici. Il governo del Regno Unito ha stanziato 10 milioni di sterline per creare un hub di “finanza verde” a Leeds e a Londra. E compie un anno nelle prossime settimane la Net-Zero Banking Alliance, iniziativa lanciata da 40 banche europee e volta ad accelerare le strategie di decarbonizzazione riconoscendo il ruolo del settore finanziario nella transizione “green”. Tra i firmatari Hsbc, Santander, Bnp Paribas, Deutsche Bank, Credit Suisse e UBS.

E il mondo fintech? Anche qui si muovono passi a favore della salvaguardia del pianeta. Missione probabilmente più semplice, in quanto parliamo di un’industria sostenibile by design: sia per il suo elevato tasso di digitalizzazione, che equivale a un minor consumo di carta se non a un modello del tutto paperless, sia per la minore mobilità e quindi minori emissioni legate ai trasporti, sia perché è un sistema flessibile, veloce, aperto all’innovazione. Opyn per esempio ha prodotto nel solo 2021 un risparmio di carta di 739,5 kg, pari a due pini alti 15 metri (da cui, secondo una stima del WWF si ricavano circa 79.500 fogli). Oltre all’acqua e all’energia che sarebbe servita per trasformare il legno in carta.

La finanza alternativa ha anche dato il via tra il 20220 e il 2021 al cosiddetto climate fintech. Vale a dire? Una serie di prodotti e aziende fintech incentrate sul clima.

In primo luogo ci sono le startup che nascono proprio con l’obiettivo di contribuire al climate change. È il caso di Cooler Future, fintech finlandese che sta costruendo un’app di investimento in azioni al dettaglio incentrata sull’impatto climatico. Trine, sede in Svezia, consente invece ai suoi utenti di investire in energia fotovoltaica nei mercati emergenti, semplificando il processo e l’accesso e offrendo rendimenti interessanti. La startup Carbon Collective è un roboadvisor che costruisce portafogli a basso impatto climatico.

Altre fintech già consolidate puntano su prodotti con focus specifico. Come Stripe che ha lanciato Stripe Climate, che consente alle aziende clienti di reindirizzare parte dei loro ricavi verso quattro tecnologie emergenti incentrate sulla riduzione dell’impronta di carbonio, ma anche di condividere l’iniziativa e dunque comunicare le proprie credenziali climatiche ai clienti (fattore sempre più determinante nelle scelte di consumo): lo strumento è già globale e vi hanno aderito oltre 100 aziende in Europa.

E infine ci sono le challenger banks come Atmos Financial che ha inserito nella sua gamma di offerta un conto di risparmio bancario “progettato per invertire la crisi climatica” attraverso investimenti in energia pulita effettuati per il tramite dei depositi. E da Stoccolma arriva infine Black, la carta di credito della startup Doconomy che si blocca se il valore delle emissioni generate dalle transazioni supera il limite per persona fissato dall’Ipcc.