La Boe ha appena pubblicato il primo report su come inglobare i rischi climatici nelle strategie finanziarie. Uno studio che punta a fissare il benchmark per i paesi del G7, facendo evolvere le tecniche e quindi la scienza sulla valutazione dell'impatto ambientale. Ci è riuscita, mettendo a disposizione di tutti le sue linee guida. Ma anche dando un segnale forte di una leadership culturale che abbraccia le istanze della generazione Greta
Il rischio del riscaldamento globale, della carenza d’acqua, delle piogge torrenziali e degli uragani, cioè di tutti gli eventi climatici e dei disastri ambientali a cui il pianeta è sempre più esposto, non sono più il dominio dei soli ecologisti, ma stanno entrando nella metrica della finanza.
A dare l’esempio e ad ammaestrare su come inglobare questi rischi nelle proprie strategie si è mossa per prima la Banca d’Inghilterra, che ha esordito con un rapporto unico nel suo genere, intitolato “The Bank of England’s Climate- related financial disclosure” (https://www.bankofengland.co.uk/-/media/boe/files/annual-report/2020/climate-related-financial-disclosure-report-2019-20.pdf?la=en&hash=5DA959C54540287A2E90C823807E089055E6721B), promettendo di farne regolarmente altri d’ora in poi, e appuntandosi giustamente sul petto la medaglia dell’apripista.
I rischi finanziari dei cambiamenti climatici e della riduzione della CO2 riguardano sia le banche che il mondo delle assicurazioni, mette in guardia la BoE, e possono materializzarsi in tanti modi: riducono il valore di alcuni asset, cambiano il merito di credito dei debitori, danneggiano le proprietà immobiliari con poca efficienza energetica.
Nel Regno Unito, per esempio, circa il 10 per cento delle proprietà immobiliari acquistate con un mutuo si trovano in zone a rischio alluvione, e le maggiori banche britanniche sono fortemente esposte verso produttori di carburanti fossili o attività ad alto tasso di emissioni di CO2, come pure lo sono gli asset di molte assicurazioni.
Ma non basta suonare l’allarme. Quel che conta, a questo punto, è mettere in campo energie per cambiare le cose, investire per sviluppare i know-how utili a stimare i rischi, valutarne gli effetti nel breve termine e le conseguenze nel lungo termine delle decisioni prese: ogni ritardo, dice chiaro la banca centrale britannica, può avere conseguenze disastrose.
Anche se può apparire singolare che sia una banca centrale ad assumere la leadership in questo ambito, che a un primo sguardo può sembrare estraneo alla sua mission e che dovrebbe essere affidato alle forze del mercato, la forza del messaggio della BoE sta proprio nel considerare il rischio climatico come un pericolo per la stabilità finanziaria collettiva. E la difesa della stabilità è esattamente il suo mestiere.
Nel report la BoE fa innanzitutto l’esame a se stessa. Così si viene a sapere che utilizza energie rinnovabili in tutti i suoi edifici; che ha sostituito la carta per produrre le banconote da cinque e 10 sterline con una carta sintetica fatta di polimeri, che hanno un’impatto ambientale inferiore; che ha iniziato a monitorare i suoi investimenti in base al costo di una potenziale carbon tax (fissandone il prezzo iniziale a 45 sterline per tonnellata di CO2), e in base a quanto corporate bond o titoli sovrani nel suo portafoglio sono esposti agli eventi climatici.
Se l’obiettivo della banca era di ridurre la sua emissione di gas serra del 20 per cento dal 2015 al 2020, le pratiche seguite hanno raggiunto un risultato ancora migliore, perché è riuscita a tagliare le emissioni del 30 per cento. Quindi non solo si è avvicinata al target degli accordi di Parigi per il 2030 (tenere l’aumento della temperatura non oltre 1,5° oltre i livello pre-industriale), ma si può dare un nuovo record: quello di emissioni nette zero per il 2050, che è anche l’obiettivo-paese per la Gran Bretagna.
La Boe, insomma, ha voluto diventare il benchmark per i paesi del G7, facendo evolvere le tecniche e quindi la scienza sulla valutazione del rischio ambientale in finanza. Ci è riuscita mettendo a disposizione di tutti delle nuove linee guida di modo che non ci siano più alibi per nessuno.
Ma c’è un altro risultato che travalica il mondo della finanza. Ed è quello di dare un segnale a chi pensava che queste tematiche fossero un’esclusiva dei giovani, delle anime belle seguaci di Greta, guardati con accondiscendenza e anche un po’ irrisi. Tanto poi le cose continuano come prima.
A tutti gli scettici sull’impatto del clima la Banca d’Inghilterra ha tappato la bocca. E, nonostante l’arroccamento della Brexit, ha dimostrato di sapere come darsi un ruolo innovativo per il futuro, in una posizione di leadership culturale e scientifica.