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La Babele delle lingue europee finisce in tribunale

L’utilizzo sempre più esclusivo dell'inglese nelle istituzioni Ue infiamma il dibattito sulla diversità di trattamento dei paesi membri. Il necessario riconoscimento di una “lingua da lavoro” ufficiale sollecitato dai ricorsi e dalle sentenze.

Elisabetta Corapi
Corapi

Il principio del multilinguismo e del rispetto della diversità linguistica sono considerati caratteristiche essenziali oltre che punti di forza dell’Unione europea. Le istituzioni europee hanno, infatti, un “regime linguistico” comune, fissato dal Consiglio nel 1958, che prevede quali lingue ufficiali tutte le lingue riconosciute dagli Stati membri e che attualmente sono 24 (bulgaro, ceco, croato, danese, estone, finlandese, francese, greco, inglese, irlandese, italiano, lettone, lituano, maltese, neerlandese, polacco, portoghese, rumeno, slovacco, sloveno, spagnolo, svedese, tedesco e ungherese).

Si ricorda in proposito che proprio su ricorso dello Stato Italiano contro la pubblicazione di bandi di concorso solo in alcune lingue europee e non in tutte le lingue ufficiali, il Tribunale dell’Unione europea ha avuto l’occasione di precisare che un cittadino dell’Unione europea che legge in Gazzetta Ufficiale il testo del concorso in una lingua diversa dalla propria “è svantaggiato rispetto a un candidato la cui lingua materna è una delle tre lingue nelle quali i bandi di concorso controversi sono stati pubblicati integralmente”. Si tratta di uno svantaggio “sotto il profilo sia della corretta comprensione di tali bandi sia del termine per preparare ed inviare una candidatura”. Tale svantaggio, sostiene il Tribunale, “è la conseguenza della diversità di trattamento a motivo della lingua”(Tribunale Ue , sez. V, sent. 12.09.2013 T-126/09).

Pertanto al fine assicurare il regime di multilinguismo le Istituzioni europee si avvalgono anche di servizi ufficiali di traduzione, tuttavia, per motivi di praticità e di velocità, nei casi di comunicazione interna alle istituzioni (in cui si presume che tutti i funzionari e agenti conoscano almeno due lingue dell’Unione oltre alla lingua materna), nei lavori cui partecipano esperti o funzionari degli Stati membri (i quali utilizzano anch’essi, in generale, almeno una lingua straniera) e nei documenti preparatori degli atti finali, si utilizzano solamente le lingue c.d. di lavoro, ovvero quelle la cui conoscenza è maggiormente diffusa. Queste limitazioni linguistiche rispondono all’esigenza pratica di velocità e a motivi di bilancio, in quanto consentono di contenere le spese di funzionamento.

Tale regime linguistico si applica a tutte le Istituzioni europee e tra queste anche all’Eiopa (Autorità europea delle assicurazioni e pensioni professionali).

La creazione dell’Eiopa con il reg. 1094/2010 del Parlamento europeo, s’inserisce nel Sistema europeo di sorveglianza finanziaria (Sevif) reso necessario in seguito alla crisi finanziaria del 2007 e del 2008 e che comprende anche altri tre organismi di vigilanza delle attività finanziarie: l’Autorità bancaria europea (Eba), l’Autorità europea degli strumenti e dei mercati finanziari (Esma), il Comitato europeo sui rischi sistemici (Cers).

Nello svolgimento dei suoi compiti, tra cui: l’elaborazione di norme e prassi di regolamentazione e vigilanza; la sorveglianza e valutazione del mercato nei settori di sua competenza e la promozione della tutela dei titolari di polizze assicurative, degli aderenti e dei beneficiari di schemi pensionistici, l’Eiopa si avvale spesso di consultazioni pubbliche. Tali documenti e consultazioni vengono pubblicati nel sito dell’Autorità.

La pubblicazione nel novembre e dicembre 2011 di documenti oggetto di consultazione pubblica nella sola lingua inglese, e non invece in tutte le lingue ufficiali dell’UE, ha dato luogo alla protesta da parte dell’associazione francese Maf (Mutuelle des architectes français assurances) e al successivo ricorso al Tribunale di Lussemburgo per l’annullamento dei documenti e della consultazione.

Malgrado in data 27 novembre 2013 il Tribunale europeo (sent.T-23/1252) si sia pronunciato per l’irricevibilità del ricorso, accogliendo le considerazioni dell’Eiopa sul mero carattere preparatorio e non definitivo di tali documenti, la decisione risulta essere comunque interessante poiché pone l’accento sulla prassi ormai consolidata di utilizzare l’inglese nei documenti di lavoro delle Istituzioni dell’UE, soprattutto in quelle che operano la vigilanza nel mercato finanziario.

L’utilizzo crescente dell’inglese nei documenti di lavoro dell’Unione europea, se da un lato risponde all’esigenza di semplificazione, dall’altro apre nuovi scenari. Innanzitutto riguardo alla necessaria strada verso un riconoscimento ufficiale dell’inglese quale lingua ufficiale di lavoro ma anche verso la constatazione che tale lingua inglese è una sorta di ibrido o lingua franca alla quale non corrispondono i concetti propri della common law inglese bensì quelli delle direttive e della terminologia giuridica europea soprattutto quella degli affari.