approfondimenti/Mercato finanziario
Istruzioni agli investitori per navigare nel 2024

Il rischio, se si confermassero le capacità anticipative dei mercati e la debolezza dei risultati attesi dell’economia reale, è quello di una concreta difficoltà dei gestori, mal posizionati nella qualità e nei prezzi di carico di molti titoli, nel recuperare redditività nel corso del 2024

Giuseppe Guglielmo Santorsola

Avevo trattato il tema dell’incertezza nella scorsa primavera in una congiuntura invero a specchio rispetto a quella attuale. È quindi un momento corretto per riprendere il tema con una chiave di lettura differente. Come è ovvio, non si tratta di smentire quanto allora affermato, quanto di rileggere le condizioni del mercato di fronte a un differente manifestarsi delle variabili determinanti per le scelte di investimento. Da buon navigante, chi opera a qualsiasi titolo nei mercati finanziari deve orientare le vele del proprio portafoglio a seconda della direzione e dell’intensità dei movimenti dello scenario.

In primo luogo, intendo proporre alcune considerazioni in merito ai numeri relativi ai mercati obbligazionari ed azionari (a).

In seconda battuta esaminerò i risultati ottenuti dalle principali asset class (b).

In conclusione, senza pretesa non coerente con il mio ruolo, cercherò di individuare le possibili scelte considerando le probabilità che lo scenario evolva in un verso o nell’altro (c).

Per motivi di spazio e di efficacia dell’analisi, limito le valutazioni in prevalenza al mercato azionario, ritenendo più opportuno considerare quello obbligazionario quando i tassi dovessero confermare, per tempi e quantità, le attese di queste settimane.

a. IL MERCATO

I numeri esposti dai principali indici di mercato nel corso del 2023 sono generalmente positivi (con l’eccezione del mercato azionario cinese). Ciò è palesemente in contrasto con i dati dell’economia reale e lo scenario geo-politico e non era razionalmente prevedibile. Volendo astrarre da considerazioni teoriche, questa asincronia verrà esaminata nel punto b) valutando i risultati ottenuti dai gestori.

Il mercato azionario presenta il trend orientato al rialzo dal marzo 2009, ha prodotto un ciclo positivo (calcolato su base trimestrale o di tredici settimane) mai invertito, nemmeno (in questo orizzonte) in occasione della pandemia e tantomeno dopo l’invasione russa in Ukraina.

Questo dato è riferito in particolare al mercato statunitense, ma ha caratterizzato, con meno vigore, altri mercati europei (con l’eccezione di quello britannico). Anche le fasi recessive di alcuni Paesi (tra cui l’Italia) non hanno prodotto ribassi particolarmente rilevanti (nonostante le significative, ma brevi,  cadute del 2014, 2020 e 2022).

Azzardo l’ipotesi che le diverse componenti che alimentano i mercati finanziari attualmente non amino tendenze ribassiste e contrastino speculazioni in tal verso degli operatori specializzati con una propensione a comprare titoli dopo i momenti di ribassi.

La sommatoria algebrica degli acquisti e delle vendite ha prevalentemente generato risultati positivi e ciò determina l’abbondante presenza di fasi di mercato laterale per disincentivare il prevalere di orientamenti verso lo short selling e la ricerca di crash (cadute recuperabili) o crack (rotture del trend) del mercato.

Gli operatori finanziari spostano la propria attenzione verso nuove aziende e nuovi settori, modificando l’assetto e la composizione degli indici (specialmente quelli equally weighted più che quelli basati su liquidità a capitalizzazione (ILC).

Anche volendo considerare le capacità di anticipo, quelle al rialzo sono più rapide e più intense, nonché più robuste in termini di numerosità dei soggetti che accompagnano i trend setter iniziali.

b. I RISULTATI DELLE GESTIONI

Se il punto precedente offre spunti “positivi”, questo seguente è invece meno brillante. I fondi comuni di investimento hanno spesso sottoperformato rispetto agli indici ed alcuni hanno sorprendentemente ottenuto risultati negativi. I gestori del risparmio sembrano aver temuto le attese recessive coprendo i propri portafogli, non trovandosi posizionati in modo corretto nei momenti di rialzo ravvicinato rispetto alle loro attese.

È necessario aggiungere, peraltro, che gli stessi fondi sono stati condizionati dall’andamento della raccolta netta frequentemente negativa nel corso del 2023. Sarebbe opportuno approfondire l’analisi (con gli opportuni dati) per valutare se i riscatti siano stati imposti dai clienti o suggeriti dai consulenti finanziari. In entrambi i casi, comunque, i gestori si sono trovati costretti ad operazioni magari contrarie ai loro obiettivi, alimentando la sottoperformance.

Peraltro, anche alcune gestioni separate di compagnie assicurative e fondi pensione presentano, nelle linee azionarie, risultati non in linea con i mercati; quelli che avessero spostato i portafogli verso strumenti obbligazionari hanno in parte goduto dei relativi rendimenti crescenti, tuttavia inferiori ai già citati e forse sorprendenti risultati dei mercati azionari.

Il rischio, in prospettiva, se si confermassero le capacità anticipative dei mercati e la debolezza dei risultati attesi dell’economia reale, è quello di una concreta difficoltà dei gestori, mal posizionati nella qualità e nei prezzi di carico di molti titoli, nel recuperare redditività nel corso del 2024, anche perché la volatilità è contenuta e non fornisce spazi per recuperi nelle posizioni.

c. LE PROSPETTIVE

Le ultime considerazioni portano verso le conclusioni in merito agli scenari possibili. L’incertezza geo-politica appare fuori discussione nella sua continuità; storicamente tutte le tensioni belliche degli ultimi 60 anni hanno avuto durate nettamente superiori alle attese. Si possono auspicare ed ipotizzare tregue, ma non il ritorno alla stabilità. Indipendentemente dai rischi di conflitto, ciò significa che trasporti, scambi e criticità nelle commodities, nei semilavorati e nei tempi della produzione e della vendita, sono destinate a permanere. Quand’anche alcune situazioni dovessero evolvere, il numero dei poli di conflitto impedisce di pensare ad un alleggerimento dello scenario.

Alcune delle società i cui titoli hanno sovraperformato negli ultimi anni e guidato i rialzi degli indici hanno rallentato il loro trend e qualcuno potrebbe non trovare quell’attenzione della domanda che finora ne ha favorito il valore di mercato anche ben oltre il valore di libro. Non appare ipotizzabile l’introduzione sul mercato di nuovi soggetti in grado di alimentare quella dimensione della domanda che ne ha favorito l’andamento delle relative azioni.

Dal punto di vista del risparmiatore/investitore, si combinano quindi, quattro fattori:

  • il ritorno alla remunerazione della liquidità ne innalzerà i volumi nel corso dell’anno, soprattutto se il ribasso dei tassi dovesse allungare i propri tempi, come appare l’ipotesi più plausibile;
  • il mercato obbligazionario propone cedole più appetibili, soprattutto se l’inflazione continuasse a scendere e i tassi non ne seguissero il percorso, ricreando condizioni più vicine a tassi reali positivi;
  • il risparmio amministrato continua a recuperare il proprio ruolo rispetto a quello del risparmio gestito, alimentando una differenziazione delle scelte che potrebbe confermare la tendenza laterale del mercato e la realizzazione, nel complesso, di performance mediamente non eccellenti;
  • la statistica lascia ipotizzare l’ipotesi che altri elementi critici possano insorgere senza che quelli precedenti risultino risolti. Mentre la pandemia sembra aver esaurito il proprio impatto sull’economia, la crisi Russia-Ukraina, quella Medio Orientale, il contrasto fra G7 e BRICS allargati potrebbero correlare positivamente (purtroppo solo in senso statistico) i propri effetti.

La copertura di tutti questi rischi dovrebbe comportare una crescita delle coperture, il posizionamento differenziato fra le varie asset class, la probabilità che il numero degli errori (sia gli errors che i mistakes) rispetto alle risposte agli eventi aumenti.

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