AUMENTO DEI PREZZI E BANCHE CENTRALI
Inflazione? Pronti al bazooka

Transitoria o meno che sia, l'inflazione preoccupa. Se gli economisti sono divisi sui suoi effetti, i banchieri centrali invece diffondono ottimismo. Ma, dietro le quinte, preparano stress test e sanno che il rialzo dei tassi, se necessario, dovrà essere rapido e deciso come un colpo di bazooka

Paola Pilati

L’inflazione è tornata per rimanere, oppure no, se ne andrà nel corso del 2022, rinfoderando gli artigli? Il dibattito tra economisti è tornato a infuocarsi intorno a questo dilemma, mentre si organizzano le fila in fazioni opposte come Montecchi e Capuleti.

Negli Usa, l’aumento del 6,2 per cento dell’indice dei prezzi al consumo in ottobre sull’anno precedente ha segnato la scesa in campo di due pezzi da novanta. Larry Summers, nella veste del profeta di disastri, ritiene responsabile dell’impennata dei prezzi il piano di interventi per la ripresa dalla pandemia da 1,9 trilioni di dollari di Biden (American rescue plan), giudicandolo uno stimolo eccessivo, e fa la Cassandra sugli effetti ancora più pericolosi che avrà il Bipartisan Infrastructure Deal (1 trilione di dollari), per non parlare del successivo Build Back Better Act (1,8 trilioni di dollari), una volta abbia ottenuto il via libera del Congresso. Una prospettiva che la Casa Bianca contesta per bocca dei suoi economisti.

Sul fronte opposto a Summers, il Nobel Paul Krugman getta acqua sul fuoco, e considera la preoccupazione per i prezzi esagerata nei suoi fattori di origine (strozzature nella catena dei rifornimenti, spinta al rialzo dei salari, ecc.), in accordo con quanto scrive la BIS. Una preoccupazione che viene anche amplificata – secondo Krugman – da un’opinione pubblica suggestionata dai media che parlano di una economia zoppicante. Pure uno stuolo di 17 economisti e premi Nobel – da Stiglitz a Solow, da Phelps ad Akerlof – ha già dichiarato il pieno supporto ai progetti di spesa del governo, assicurando che nel lungo termine essi avranno piuttosto l’effetto di tenere a bada l’inflazione.

Previsione confermata da Moody’s, i cui economisti hanno previsto che con il solo provvedimento sulle infrastrutture l’inflazione arriverà al 2,1 per cento per la fine del prossimo anno, e se anche il piano di spesa sociale dovesse ottenere il voto favorevole, potrebbe salire al 2,5 per cento. Un livello assolutamente compatibile con le regole della Fed.

La verità è che nessuna previsione ha un valore definitivo, essendo tante le variabili in gioco. Al coro degli economisti ha scelto di fare muro di gomma il fronte dei banchieri centrali. Una categoria che ha scoperto una compattezza granitica attraverso l’esperienza del Covid e il concerto di strumenti di intervento non convenzionali messi in campo. E che ora continua ad esercitarla per tacitare le ansie dei mercati, garantire che l’inflazione sarà temporanea, che tutto rientrerà nei limiti, anche se – è l’unica concessione ai catastrofisti – ci dovesse mettere un po’ più di tempo del previsto. Quindi basta chiacchiere.

Lo ha confermato Christine Lagarde di fronte al Parlamento europeo per quanto riguarda l’inflazione in Europa, che segue a ruota la crescita dei prezzi negli Usa, ed è stata certificata a fine ottobre da Eurostat al 4,1 per cento. Sulle mosse future della Bce occorrerà però attendere dicembre, quando il meeting di fine anno potrebbe decidere se accelerare nella riduzione degli acquisti di titoli.

Eppure dietro le facce da poker sfoderate dai banchieri centrali, nelle stanze che governano la moneta si intuisce un certo allarme. Il tapering, intanto, è già stato avviato dalla Fed. «Ma tutte le altre decisioni restano aperte», ha confermato in un recente seminario organizzato da Ubs Jim Bullard, il presidente della Fed di St Louis: «tutto dipenderà da come andranno le cose nel 2022: se dovessimo essere costretti a tenere l’inflazione sotto controllo, dovremmo concludere il piano di acquisti e alzare i tassi». Aggiungendo, deciso, che: «E dovremo muoverli più velocemente di quanto oggi il mercato si aspetta».

Klaas Knot, governatore della Banca centrale olandese e membro del consiglio direttivo della Bce, ha confermato che pure a Francoforte si preparano a un monitoraggio stretto e a decisioni veloci. «Anche se le valutazioni correnti sul mercato finanziario si basano su una prospettiva di tassi bassi, tutto dipende dall’evoluzione dell’inflazione. Molte banche centrali stanno facendo degli stress test su questo», ha detto nello stesso seminario Ubs. «Se l’inflazione dovesse muoversi non come si pensa, non si dovrà aspettare troppo e intervenire. E non con un piccolo, ma un deciso aumento dei tassi».

Infine Raghuram Rajan, ex governatore della Reserve Bank of India, ha avvertito: «I banchieri centrali hanno lavorato per riportare l’economia in linea, e adesso hanno paura a staccare la spina. E questo influisce sull’atteggiamento attuale, che è più accomodante di quanto non suggeriscono i numeri dell’inflazione». Perciò, ha aggiunto, «i banchieri centrali dovranno moversi molto attentamente. Non in maniera troppo aggressiva. Ma neanche rischiare di essere in ritardo. Devono essere più pronti a reagire velocemente: questo è il mantra».

La Bank of England potrebbe rompere il ghiaccio e farlo prima di tutti, spinta dai dati dell’aumento dell’occupazione e dell’inflazione. Ma l’idea di essere la prima tra i paesi sviluppati a mettersi a ruota di Russia, Messico e Brasile, Repubblica Ceca e Polonia, che hanno già mosso i tassi, non entusiasma Londra.

I mercati hanno annusato il nuovo clima. I tassi dei Treasury sono andati su e giù nervosamente e il dollaro si è rafforzato.

Quasi a ripondere a Rajan, in un articolo sul FT, il governatore della Bank of Canada Tiff Macklem ha messo in chiaro che le banche centrali hanno ormai abbastanza esperienza per non farsi trovare impreparate di fronte a eventi inaspettati. Non resteranno ingessati a tempistiche precostituite, ma risponderanno esclusivamente ai dati che avranno sotto gli occhi: «Be prepared for the unexpected and be humble», dice Macklem, insomma tutti pronti a “gestire l’imprevisto”: «If we end up being wrong about the persistence of inflationary pressures and how much slack remains in the economy, we will adjust. Our framework enables us to do just that». I mercati sono avvertiti.