Le previsioni di Crif
Il mercato dei crediti deteriorati avrà un ruolo centrale anche nei prossimi 2 anni. Ma poiché le dismissioni dovranno crescere più degli stock, gli operatori sono preoccupati: i portafogli futuri avranno valori in diminuzione. Sia per la difficoltà di recupero, sia per i tempi della giustizia
A seguito del deciso rallentamento dell’economia europea già in atto alla fine del 2019, un possibile aumento dei volumi di credito deteriorato era già previsto a fine 2019 nelle stime di CRIF Ratings. È però ragionevole considerare che gli effetti derivanti dall’emergenza Covid-19 possano accelerare in modo significativo il peggioramento dei profili di rischio creditizio nei prossimi trimestri.
Per quanto concerne le politiche creditizie, e quindi la nuova finanza utile a far ripartire l’economia reale e a prevenire in modo più o meno diretto il deterioramento dei profili di rischio, il sistema finanziario adotterà con ogni probabilità criteri di selezione diversi rispetto a quanto adottato per fronteggiare la crisi del 2008.
Gli aspetti connessi alla Sostenibilità del business delle imprese (es. ESG) e le analisi settoriali che differenzieranno business più o meno impattati dall’evoluzione dei comportamenti socioeconomici (es. il distanziamento sociale) avranno un impatto differenziale lato deterioramento dei crediti in stock sia in termini di peggioramento delle condizioni reddituali di imprese e privati, sia rispetto alle politiche di accettazione per la nuova finanza.
Per completare il quadro e avere delle stime più accurate sugli impatti quantitativi che questa crisi potrà determinare nel breve-medio periodo sarà necessario attendere alcuni mesi, in quanto al momento non abbiamo ancora tutti gli elementi di contesto, di cui ecco un elenco indicativo e non esaustivo:
Se le dinamiche di crescita dei NPL dovessero però riflettere quanto registrato durante la crisi economica del decennio scorso potremmo aspettarci in 2-3 anni volumi raddoppiati degli attuali stock di UTP-NPL.
Il trend di crescita dei NPL nei bilanci bancari a seguito della crisi del 2008 è stato estremamente significativo, arrivando al picco dei 342 mld€ di fine 2015, pari al 17% del totale impieghi. Ancora oggi siamo il paese dell’area Euro con il maggior volume (in termini nominali) di NPL e rappresentiamo circa 1/3 del totale NPL con un’esposizione nominale di circa 168 mld€ (corrispondenti al 9% del totale dei prestiti bancari in Italia).
Continuiamo a registrare un Gross NPL Ratio molto elevato e distante dal target del 5% indicato da BCE, nonostante negli ultimi 5 anni lo stock degli NPL nei bilanci bancari si sia ridotto di circa 174 mld€, potendo beneficiare di operazioni di smobilizzo (cessione della titolarità del credito ad investitori specializzati) per un ammontare complessivo di circa 161 mld.
Possiamo quindi assumere che il sistema bancario italiano, per raggiungere i target ratio Gross NPL/Impieghi indicato dagli organi di Vigilanza, dovrà proseguire con le operazioni di dismissione, che conseguentemente dovranno crescere in modo più che proporzionale alla crescita degli stock.
Il mercato dei crediti deteriorati quindi avrà un ruolo centrale anche nei prossimi 2 anni.
Se prima della crisi da Covid-19 il mercato si era dimostrato molto efficace e dinamico, oggi molti operatori di settore manifestano perplessità sull’effettivo valore dei portafogli acquisiti e quindi, in prospettiva, di quelli di futura cessione. Alla luce di questo si stima una riduzione significativa del valore e quindi dei prezzi degli portafogli in considerazione di:
Oggi non ci sono elementi certi per fare delle previsioni in relazione alle questioni sopra elencate, anche se ovviamente sono tutte previsioni di “buon senso”.
Mi soffermerei sull’ultimo punto e cioè quello legato al tema Giustizia: una volta che il credito passa in sofferenza, statisticamente il 70% dei recuperi si determina passando per le vie giudiziali ma va rimarcato come il nostro sistema giudiziario sia notevolmente più lento della media europea. Dobbiamo quindi continuare a lavorare in questa direzione, aiutando però il nostro sistema giudiziario ad essere più efficiente.
Prendiamo ad esempio le esecuzioni immobiliari.
La riforma del codice di procedura civile del 2015 ha diminuito in effetti i tempi della fase iniziale (dal pignoramento all’ordinanza di vendita si è passati da 2,7 anni a 1,2), ma in media le procedure ci mettono ancora più di 5 anni a chiudersi, quindi senza evidenti miglioramenti almeno per ora.
Le statistiche che riportano la diminuzione dei tempi complessivi a fronte della riforma 2015 purtroppo osservano le procedure “migliori”, cioè appunto quelle che dalla riforma si sono chiuse. L’effetto reale a livello di sistema si potrà vedere solo tra 2-3 anni.
Ci sentiamo però di spezzare una lancia a favore del sistema Giustizia. Il problema generalizzato non è solo di efficienza, ma anche di capacity. Negli ultimi 3 anni si sono aperte circa 65.000 procedure l’anno mentre se ne sono chiuse in media circa 75.000 nella medesima finestra temporale. Tuttavia abbiamo ancora più di 200.000 procedure pendenti oltre a potenziali ulteriori 300.000 per smaltire i 300 mld€ di NPL: questo arretrato rischia di ingolfare il sistema.
Pertanto dobbiamo utilizzare la leva giudiziale solo quando questa:
1) è davvero l’ultima via per definire la posizione debitoria,
2) ha buone probabilità di definizione in tempi brevi.
In questo ci aiuta avere benchmark puntuali su procedure, collateral immobiliari e tribunali. Nel nostro lavoro osserviamo quotidianamente questi aspetti con l’auspicio di poter aiutare il sistema a gestire in modo più efficace i NPL.