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Il Texas Ratio: l'indicatore predittivo-prudenziale dello stato di salute dell'economia

Le banche che ritardano nel riconoscimento degli NPL, sperimentano un aumento della loro rischiosità e devono scegliere se incrementare gli accantonamenti o ridurre il numero di NPL attraverso operazioni di cartolarizzazione. In questo contesto, per valutare la resilienza di una banca l'indicatore migliore è il Texas ratio. Ecco i valori delle banche italiane

Francesco Cremona
Foto-Francesco-Cremona

Le diverse tensioni economiche e geopolitiche avvenute nell’ultimo quinquennio hanno scosso lo stato di salute dell’industria europea del credito. Dalla pandemia del 2020 allo scoppio dei conflitti bellici in Ucraina e Medio Oriente, alle tensioni inflattive e alla conseguente stretta monetaria applicata dalle banche centrali, ed ora dall’andamento al ribasso dei mercati causato dall’effetto dazi.

La richiesta della BCE di aumentare gradualmente gli accantonamenti fino al 100% tra il 2024 e il 2026 ha spinto inevitabilmente le banche ad accelerare le vendite dei crediti deteriorati sul mercato secondario. Pertanto, il rafforzamento del quadro normativo di Basilea emerso all’indomani delle turbolenze finanziarie e l’individuazione di un indicatore ad alto contenuto informativo e robusta significatività quale è il “Texas ratio” risultano essenziali per salvaguardare la resilienza del sistema finanziario e richiedono la massima attenzione e cooperazione da parte di tutti gli attori coinvolti, dalle autorità di regolamentazione al risk management bancario.

Il peso degli NPL

L’analisi storica dell’NPL ratio, dato dal rapporto tra il valore lordo dei prestiti contabilizzati in bilancio come sofferenze (esposizioni scadute da più di 90 giorni e assenza di garanzie del debitore di adempiere pienamente alle proprie obbligazioni creditizie) e il valore totale del portafoglio prestiti (compresi i prestiti in sofferenza prima della deduzione degli accantonamenti per perdite su prestiti), proxy del credit crunch e driver dell’asset quality, ha evidenziato dal 2017 un trend di de-risking fino al raggiungimento e al miglioramento dell’obiettivo del 3% stabilito per il 2023.

Nel primo semestre del 2024 si registra però uno stock europeo di NPL pari a 373 miliardi di euro (16 miliardi di euro in più rispetto al quantitativo registrato all’inizio del 2023), ed un NPL Ratio in aumento di 11 punti base (dall’1,75% di marzo 2023 all’1,86% di fine giugno 2024). Tale variazione è da attribuirsi principalmente all’incremento del deteriorato nelle banche tedesche (+9,4 miliardi di euro) e francesi (+8,8 miliardi di euro) di riflesso sull’aumento del costo del rischio che ha raggiunto il suo livello massimo dalla fine del 2020 (0,57% nel primo semestre del 2024).

In questo contesto, le banche italiane supportate dalle politiche pubbliche di sostegno alle imprese, si mostrano in controtendenza facendo registrare una riduzione degli stock NPL (-5,1 miliardi di euro) ed un sostanziale calo del Stage 2 ratio (stima anticiclica retroattiva del rischio migrazione o “cliff effect” degli indicatori di backstop ravvisati dalla BCE quali il riconoscimento di concessioni o il criterio degli importi scaduti da più di 30 gg, di impatto sulla transizione della PD da 12 mesi a lifetime del principio contabile IFRS 9 per il calcolo della ECL “forward looking”) che passa da 11,5% a 9,4%, allineandosi alla media UE

Il Texas Ratio

Risulta essenziale individuare un indicatore sintetico predittivo-prudenziale il cui contenuto informativo sotteso evidenzi l’interrelazione tra l’entità della copertura dei crediti in sofferenza, le congiunture economiche e la qualità dell’attivo: il “Texas Ratio”.

Formulato negli anni ‘80 dal banchiere americano Gerald Cassidy di RBC Capital Market durante la crisi delle banche texane degli anni ’80 causata dal crollo del mercato petrolifero e immobiliare, tale indice è diventato un punto di riferimento fondamentale sia per le autorità di regolamentazione, sia per le banche stesse per testare la propria capacità di recupero durante gli stress-test.

Tradizionalmente, il rapporto che sottende l’indicatore di natura gestionale ha lo scopo di esprimere il grado di copertura delle perdite derivanti dallo stock di NPL lordo attraverso il rapporto tra rettifiche di valore (fondo accantonamenti), contabilizzate tramite riserve per perdite su crediti (LLR) relative a esposizioni in bonis e non in bonis quali scaduti deteriorati, inadempienze probabili e sofferenze, e il capitale di migliore qualità della banca (CET1).

Il quadro normativo prevede che le banche mantengano un Texas ratio pari a uno, ovvero un livello di equilibrio per il quale il capitale e le riserve compensano completamente il valore lordo dei crediti problematici. Un Texas ratio superiore a uno (“early warning indicator”) indica che la banca è a maggior rischio di collasso (Zombie Bank), perché il buffer di capitale attualmente disponibile non è in grado di coprire le perdite potenziali derivanti dagli NPL.

Gli articoli in letteratura, e fra questi da ultimo il saggio “Il Texas Ratio, la discrezionalità delle politiche di accantonamento per perdite su crediti e l’andamento dell’economia” pubblicato sul numero 1-2/2025 della Rivista Bancaria-Minerva bancaria, dimostrano le teorie delle economie di scala e dei canali di regolamentazione confermando la pro-ciclicità dell’indicatore in merito alle congiunture economiche e quantificano l’effetto delle scelte discrezionali delle politiche di accantonamento.

La prima teoria afferma che un’adeguata capitalizzazione avvantaggia soprattutto le banche più grandi a ridurre l’effetto dell’assorbimento delle perdite su crediti sulla redditività. La seconda, afferma che l’effetto degli accantonamenti per perdite su crediti, proxy della perdita attesa attraverso una stima interna alla banca e misura l’ammontare dei crediti in sofferenza che sono già stati cancellati e non hanno valore di recupero (rettifiche a conto economico), è più attenuato per le banche quotate in quanto soggette a maggiori controlli rispetto a quelle non quotate che, attraverso il de-listing, hanno meno pressioni e vincoli.

Le implicazioni sui bilanci bancari

La letteratura, supportata dai risultati, converge verso una certezza comune: le banche, anche se ben capitalizzate, che ritardano nel riconoscimento tempestivo degli NPL, sperimentano un aumento della loro rischiosità implicita. Le crisi bancarie derivano spesso quindi da livelli di accantonamento insufficienti ex-ante, con conseguenze dirette sulla stretta creditizia e quindi sulla stabilità del sistema finanziario.

Le banche si trovano quindi di fronte a una scelta strategica: incrementare gli accantonamenti o ridurre il numero di NPL attraverso operazioni di cartolarizzazione. L’aumento degli accantonamenti, sebbene garantisca una maggiore copertura, potrebbe impattare sulla redditività delle banche e sulla loro capacità di finanziare l’economia reale. D’altra parte, le operazioni di cessione degli NPL offrono benefici immediati, ma il valore netto contabile degli asset deteriorati provoca una riduzione significativa della riserva di capitale della banca. Questo è il disincentivo più evidente per le banche a intraprendere queste operazioni.

Conclusioni

Secondo le proiezioni, si stima che entro il 2026 lo stock totale degli NPE italiani potrebbe scendere a 277 miliardi di euro, con una riduzione del 23% rispetto al 2015. Il mercato continuerà a essere attivo nel biennio 2025-2026, con volumi di transato NPL stimati a circa 18 miliardi di euro annui.

Il Texas Ratio registrato nell’ultimo decennio dai principali gruppi bancari italiani (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Bper), sia in termine di valore medio per cluster dimensionali, sia se si analizzano i singoli operatori, evidenzia valori estremamente difformi, compresi tra il 18% e il 38%, ben inferiori alla soglia critica di equilibrio del 100%, ma in moderato miglioramento, riflettendo le significative iniziative di “deleveraging” poste in essere nel settore finanziario per la riduzione dei crediti deteriorati e la congiuntura economica favorevole degli ultimi anni.

In definitiva, la resilienza del sistema bancario dipenderà dalla capacità degli operatori di cooperare con le autorità di vigilanza e gestire proattivamente gli NPL attraverso strategie market-driven, attraverso l’implementazione di modelli predittivi su portafogli sensibili a scenari di stress test, prima nel settore del credito performing, poi a quello del distress credit, garantendo una migliore qualità degli attivi bancari e una maggiore stabilità finanziaria nel lungo periodo.

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