Nuovi settori strategici da proteggere. Nuove norme anti-scorrerie. Rafforzamento dei poteri Consob. Diventano più stringenti - anche se temporaneamente - gli obblighi di notifica per i paesi extra-Ue. Ma anche per i partner europei. Un eccesso di protezione che viola le regole comunitarie?
Con Comunicazione del 26 marzo 2020 la Commissione europea ha invitato, o meglio, seriamente consigliato agli Stati membri di avvalersi appieno dei meccanismi di controllo degli investimenti esteri diretti. Il mercato europeo rimane sempre aperto agli investitori extra-comunitari, ma non senza restrizioni, date le serie difficoltà del momento.
La profonda crisi generata dal diffondersi dell’epidemia da COVID-19, infatti, porta con sé il rischio di possibili “scalate” straniere predatorie. Risulta necessario, pertanto, proteggere i settori strategici dell’Unione, primo fra tutti quello sanitario.
L’Italia ha recepito il monito e, con il Decreto liquidità, ha dotato il Governo degli strumenti per difendere le nostre imprese.
Il Golden Power governativo italiano, quindi, è divenuto ancora più forte. Ne sono stati estesi i poteri e se ne è allargata anche la portata operativa.
Con l’entrata in vigore del Decreto liquidità, infatti, l’ampliamento dei settori “strategici”, operato dal Regolamento UE 2019/452, ha effetto immediato. Nella categoria rientrano, inter alia, le infrastrutture critiche (quali l’energia, i trasporti, l’acqua e la salute), il settore finanziario, creditizio e assicurativo, l’intelligenza artificiale, la robotica, i semiconduttori, la cibersicurezza, le nanotecnologie e le biotecnologie, la sicurezza alimentare, l’accesso a informazioni sensibili, compresi i dati personali, nonché la libertà e il pluralismo dei media (intendendosi per tali la “diversità di vedute”, punto focale della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, essenziale per garantire la trasparenza e l’affidabilità in una democrazia).
Resta salva, poi, l’individuazione di ulteriori settori “strategici” tramite decreto del Presidente del Consiglio.
Il Governo, pertanto, potrà bloccare o porre condizioni a tutti gli investimenti esteri diretti potenzialmente pericolosi in società italiane che detengono attivi nei nuovi e numerosi settori “strategici”.
Oltre all’ampliamento degli ambiti oggetto di scrutinio, però, c’è di più.
Gli obblighi di notifica per i soggetti extra-europei, fino al 31 dicembre 2020, divengono ancora più stringenti.
Sempre temporaneamente, poi, il “via-libera” del Governo sarà necessario anche per gli acquirenti europei.
L’esigenza di tutela delle imprese italiane, pertanto, diventa così pregnante da non conoscere più confini.
E, forse, neanche restrizioni. A fronte del rischio di aggiramenti o divieti degli obblighi di notifica, infatti, il Governo può attivare anche d’ufficio il procedimento di controllo e chiedere la collaborazione della pubblica amministrazione.
Le novità in tema di potenziamento delle misure protettive, poi, hanno interessato anche il settore finanziario.
Nel contesto di ribasso del corso dei titoli azionari riconducibile alla diffusione dell’epidemia, infatti, il rischio di manovre speculative sui titoli delle società quotate italiane ha imposto una veloce corsa ai ripari.
È apparso necessario, infatti, espandere i poteri di controllo della Consob sulle partecipazioni rilevanti.
Così, si è ampliato il novero delle società potenzialmente interessate dagli interventi con cui l’Autorità rende più stringenti gli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti.
Si è rinforzata, poi, la norma “anti-scorrerie”. La Consob, infatti, temporaneamente e per particolari esigenze di tutela degli investitori e del mercato, può prevedere una soglia di comunicazione aggiuntiva più bassa (del 5%) per le società ad azionariato particolarmente diffuso.
Tali misure rassicurano ma non mancano di generare riflessioni.
In primo luogo, l’allargamento dei settori oggetto di scrutinio e il potenziamento del Golden Power portano ragionevolmente a chiedersi se il Governo, abbandonati inutili formalismi, riuscirà a svolgere il suo ruolo da “controllore” con prontezza ed economicità.
Ci si interroga, poi, sulla portata dell’imposizione del controllo governativo anche agli investimenti potenzialmente “pericolosi” da parte di soggetti europei. Dubbio che cresce, anche, e soprattutto, se si compara la scelta italiana a quella presa da altri paesi dell’Unione.
La Germania, a titolo esemplificativo, ha rinforzato il Golden Power governativo, ma non con riguardo alle acquisizioni infra-Unione Europea.
Pertanto, se per l’Italia l’emergenza da COVID-19 è tale da dover “controllare” anche i partner europei, tale esigenza non è stata avvertita dai nostri alleati.
Vero è che la scelta italiana riflette l’attuale stato di vulnerabilità che il Paese sta vivendo. Come è vero anche, però, che le restrizioni alle operazioni all’interno dell’Unione rappresentano, in linea di principio, una forma di limitazione alla libera circolazione dei capitali.
In ogni caso, l’eccezionalità della situazione e la temporaneità delle restrizioni sono sembrate ragioni giustificatrici poste alla base di tale misura fortemente protettiva.
Restano, tuttavia, degli interrogativi. L’ Italia, “spaventata” dalla potenza economica dei partner europei, ha interpretato troppo rigidamente il monito della Commissione europea? Quest’ultima e la Corte di Giustizia dell’UE considereranno le restrizioni alle operazioni infra-UE poste dal Decreto liquidità compatibili con l’ordinamento comunitario?
Il prossimo futuro, forse, ci permetterà di rispondere.