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Il sistema finanziario ha bisogno di un efficiente organismo di ADR: "piovono" i ricorsi sull'arbitro per le controversie finanziarie

In capo all’Arbitro per le Controversie Finanziarie (ACF) sono riposte notevoli aspettative da parte del mercato e la mole di ricorsi giunti sin dall’inizio della sua operatività lo dimostra [nel primo bimestre di attività (9 gennaio/8 marzo 2017) sono pervenuti all’ACF 270 ricorsi]. Sicuramente i “filoni” provenienti da reclami presentati dai clienti delle banche Venete ha di fatto probabilmente contribuito a rappresentare buona parte dei ricorsi presentati dagli investitori, ma indipendentemente da ciò, tale Organismo si affaccia con rinnovato vigore nell’ambito dei mercati finanziari, dopo la fallimentare esperienza della Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob [dati al riguardo sono riportati nella Relazione annuale al mercato presentata dalla Consob nel 2016].

Vittorio Mirra
Mirra

Superati i problemi di natura legislativa ed organizzativa che hanno caratterizzato Camera di Conciliazione ed Arbitrato presso la Consob, la creazione dell’ACF ha fatto sì che quest’ultimo potesse essere legittimamente considerato un organismo ADR ai sensi della Direttiva ADR consumatori (Direttiva 2013/11/UE, recepita in Italia con il decreto legislativo 6 agosto 2015, n. 130), colmando la grave criticità della volontarietà dell’adesione da parte degli intermediari finanziari, che caratterizzava la Camera Consob.

Il passato è stato dunque superato: sulla falsariga dell’art. 128-bis del TUB, l’adesione all’ACF (ovvero ad altro organismo di risoluzione stragiudiziale delle controversie) è ora divenuta obbligatoria per gli intermediari finanziari, pena l’applicazione di una specifica sanzione amministrativa pecuniaria (cfr. art. 190, comma 1, del TUF e, per i consulenti persone fisiche, art. 190-ter).

I soggetti che possono adire l’ACF sono gli investitori retail; controparte del rapporto sono gli intermediari [come definiti dall’art. 2 del Regolamento di attuazione dell’articolo 2, commi 5-bis e 5-ter del decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, approvato con delibera della Consob n. 19602 del 4 maggio 2016] e l’oggetto della controversia deve riguardare l’esercizio di servizi e attività di investimento.

La controversia portata davanti all’ACF deve consistere in una violazione – da parte degli intermediari – degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti nei confronti degli investitori nell’esercizio delle attività previste nella parte II del TUF (i.e. disciplina degli intermediari), incluse le controversie transfrontaliere. Tali obblighi devono caratterizzare l’agere dell’intermediario sin dal primo contatto con la clientela, indipendentemente dalla sottoscrizione (successiva) di un contratto avente ad oggetto servizi o attività di investimento [in giurisprudenza, per tutti vedasi Cass., sez. I, 13 ottobre 2015, n. 20560].

Il valore della controversia non può eccedere cinquecentomila euro.

Per il funzionamento dell’ACF, risulta di assoluto rilievo la Segreteria tecnica – costituita all’interno della Consob, con personale e costi a carico dell’Istituto – la quale “filtra” i ricorsi pervenuti per ammissibilità e ricevibilità, effettuando tutte le attività preparatorie per la decisione [per i compiti della Segreteria tecnica vedasi l’art. 5 della delibera della Consob n. 19700 del 3 agosto 2016].

Il ricorso all’ACF è gratuito per quanto concerne il ricorrente e per finalizzare la decisione del Collegio è stato stabilito un termine (non perentorio) di novanta giorni.

Alla decisione del Collegio, laddove negativa per l’intermediario, quest’ultimo dovrà conformarsi entro il termine indicato nella decisione stessa o, in mancanza, entro trenta giorni.

La decisione dell’ACF non è giuridicamente vincolante. Nel caso in cui l’intermediario soccombente non si conformi tempestivamente è prevista una sanzione di natura meramente reputazionale: la condotta inadempiente è resa nota mediante pubblicazione sul sito web dell’ACF, a cura e spese dell’intermediario inadempiente, su due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico, e sulla pagina iniziale del sito web dell’intermediario per una durata di sei mesi.

Nonostante qualche scelta discutibile a livello regolamentare (e.g. la totale gratuità del ricorso dal lato investitore potrebbe incentivare la proposizione di quantitativi rilevanti di ricorsi palesemente infondati o puramente strumentali; tali ricorsi futili potrebbero “rallentare” in maniera rilevante le risposte dei membri dell’ACF), il sistema finanziario e la fiducia degli investitori in quest’ultimo hanno assolutamente bisogno che tale Organismo di ADR funzioni in maniera appropriata.

La mole di ricorsi presentati dagli investitori sin dall’inizio dell’operatività dell’ACF e la alfabetizzazione finanziaria non elevata in ambito nazionale, hanno reso necessario un primo “intervento” da parte dell’ACF in senso chiarificatorio ed esplicativo delle regole sulle quali si basa il proprio funzionamento. Nel marzo 2017, infatti, detto Organismo ha pubblicato sul proprio sito web una comunicazione, nella quale – prendendo spunto dall’esperienza applicativa riscontrata nei primi mesi di operatività – chiarisce i primi “passaggi chiave” in merito agli errori da evitare in sede di redazione del ricorso, nonché sulle competenze dell’ACF e i contenuti del ricorso stesso.

L’ACF ha nella sostanza chiarito come esso abbia competenza per le controversie fra investitori al dettaglio e intermediari, riguardanti i servizi di investimento e di gestione collettiva del risparmio. Dunque, sotto il profilo dell’oggetto della controversia, non possono essere trattati dall’ACF ricorsi, ad esempio, in materia di:

  • carte di credito, bancomat o altri strumenti di pagamento;
  • mutui o contratti di finanziamento in generale (tra cui anche quelli nei quali la restituzione della somma erogata dall’intermediario avviene tramite la cd. “cessione del quinto”);
  • contratti bancari (conti correnti, cassette di sicurezza, ecc.).

Non possono, inoltre, essere sottoposte all’ACF questioni di natura societaria che riguardano emittenti strumenti finanziari e, quanto alle polizze assicurative, l’ACF è competente per quelle di tipo “finanziario”, appartenenti cioè ai rami vita III (polizze unit e index linked) e V (prodotti finanziari di capitalizzazione).

Si vuole in tal modo evitare che in futuro la Segreteria Tecnica ed il Collegio vengano “ingolfati” da ricorsi redatti in modo superficiale, affrettato,     incompleto, che possono ridurre o addirittura vanificare la possibilità di ottenere adeguata ed effettiva tutela.

Secondo la Consob, l’ACF determinerà un incentivo significativo all’aumento della conformità degli intermediari e una conseguente riduzione del contenzioso: c’è da augurarselo, così come vi è da augurarsi che, nonostante la copiosità dei ricorsi, la risposta decisoria dell’ACF sia tempestiva e l’attività di risoluzione stragiudiziale delle controversie svolta da tale Organismo sia percepita quale autorevole e rispettata dagli intermediari – come si verifica per gli equivalenti organismi di ADR presenti in Europa – nell’ottica di una piena collaborazione con i soggetti vigilati atta ad adattare le proprie attività alle indicazioni dell’ACF (“anticipatorie” dei prevedibili sviluppi dell’attività di vigilanza della Consob), perseguendo l’obiettivo di una piena compliance alle previsioni legislativo-regolamentari.

(*) Il presente contributo è frutto esclusivo delle opinioni personali dell’autore, che non impegnano in nessun modo l’Istituto di appartenenza.

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