approfondimenti/Mercato finanziario
Il rischio climatico visto dalla banca

I rischi climatici possono influire sulla solidità patrimoniale dei singoli intermediari e sulla stabilità del sistema finanziario. Quindi assumono grande importanza le prove di stress. Ecco che cosa consiglia il Meccanismo di vigilanza unica e lo stato dell’arte dell’ESG credit risk management in alcune banche significant italiane

Federico Giovanni Rega
Federico-G.-Rega

Negli ultimi anni è aumentata l’attenzione delle organizzazioni internazionali verso la finanza sostenibile, vista come strumento per creare valore nel lungo periodo.

Tale contesto acuisce l’esigenza, per gli intermediari finanziari, di incrementare i propri sforzi in materia di prodotti e iniziative di finanza sostenibile, considerando i fattori ESG (Environmental, Social, Governance) come nuovo elemento di valutazione del rischio.

Nell’ambito del Meccanismo di Vigilanza Unica le nuove “Priorità di Vigilanza” per il periodo 2023 – 2025, sulla base degli esiti del processo annuale SREP, evidenziano, inter alia, la necessità di intensificare gli sforzi per gestire l’esposizione ai rischi climatici e ambientali.

Su questo fronte i dipartimenti di risk management e le divisioni lending delle banche sono ancora in una fase esplorativa, fatta di esercizi pilota, calibrazioni, raccolta dati (in larga parte non strutturati e “non tradizionali”), non senza difficoltà né senza primi spunti interessanti.

Ma nella pratica come vengono impattati i rischi classici, ad esempio il rischio di credito?

Il rischio climatico (ma anche gli altri fattori di rischio legati alle dimensioni sociali e di governance) ci pone di fronte ad una domanda semplice (ma complessa se pensiamo alle risposte nell’operatività): quanto è affidabile la controparte da finanziare alla luce dei nuovi paradigmi di analisi “climate related” (e, in termini più ampi,  ESG – related)?

Secondo le note metriche di misurazione del rischio di credito, ciò richiede che siano adeguati i parametri PD, LGD ed EAD.

Dalle banche ci si attende, in termini di risk governance, che il Risk Appetite Framework (RAF) integri anche i rischi ESG o quanto meno quelli climatici (per ora), con i connessi obiettivi e soglie di tolleranza e/o early warning (ad esempio la concentrazione sul portafoglio su settori climate sensitive), identificando opportuni Key Risk Indicators (KRIs).

La Vigilanza ritiene altresì opportuno che le banche modifichino i processi ICAAP e ILAAP e quindi prevedano:

  • l’integrazione nella mappa dei rischi, inserendo tra gli “altri rischi” la definizione di rischi climatici, altri rischi ambientali, altri rischi ESG;
  • l’integrazione dell’ICAAP governance declinando ruoli e responsabilità di organi e funzioni coinvolti dal framework ESG (per esempio assegnando nuovi compiti al Comitato Rischi, alla Funzione Pianificazione e controllo di gestione, al CRO, al Consiglio di Amministrazione);
  • l’integrazione della descrizione del modello di business con le linee strategiche relative al rischio climatico e agli altri rischi ESG, facendo riferimento anche ai possibili impatti di disastri ambientali e altri rischi climatici sulla validità, nel lungo termine, dell’attuale modello di business. Per tale valutazione, è utile ricorrere ad analisi di stress test;
  • le revisioni periodiche del processo ICAAP allo scopo di verificare se le metodologie e i processi interni abbiano condotto a risultati solidi e se continuino a essere adeguati alla luce della situazione corrente e degli andamenti futuri (backtesting);
  • l’integrazione di scenari avversi che dovrebbero ipotizzare andamenti inusuali ma plausibili con un adeguato grado di gravità in termini di impatto sui coefficienti patrimoniali regolamentari. Per quest’ambito le banche possono far ricorso a quelli previsti dal già citato Network for Greening the Financial System (NGFS) e ai modelli IAM per realizzare prove di stress o per produrre scenario analysis (ECB Expectation n. 11). L’utilizzo di metodologie basate su scenari a lungo termine per testare la resilienza ai rischi climatici degli istituti finanziari è la principale (e complicata) sfida in quest’ottica.

La tabella seguente illustra lo stato dell’arte dell’ESG credit risk management relativamente ad alcune banche significant italiane:

I fattori di rischio climatici e ambientali sono considerati nella valutazione del merito creditizio delle controparti e nel processo di concessione del credito, assicurandone il monitoraggio all’interno dei portafogli, con particolare riferimento ai processi di attribuzione dei rating del credito, nell’ambito del Credit Risk Appetite (CRA), nella valutazione delle garanzie ai fini della concessione del credito. Il processo di erogazione del credito alle imprese prevede, con riferimento al rischio di credito, l’adozione di un modello di rating aziendale, che include elementi sociali e ambientali (fattori qualitativi intangible quali, ad esempio, certificazioni ambientali, attività di ricerca e sviluppo) che possono portare ad un upgrade del rating. Per le controparti corporate italiane, nella parte qualitativa del modello di rating, è stata prevista anche la valutazione degli aspetti connessi agli eventi catastrofali in funzione dell’area geografica di appartenenza. L’importanza del rischio fisico è stata infatti attentamente analizzata da Intesa Sanpaolo, considerando che l’Italia è considerata uno dei Paesi europei più esposti agli effetti dei cambiamenti climatici. Intesa Sanpaolo ha quindi sviluppato un modulo ad hoc, “CAT RISK”, per stimare i rischi fisici relativi alle controparti domestiche con fatturato aziendale inferiore a 500 milioni di euro, valutando il rischio di calamità naturali che potrebbero interessare gli impianti e le attrezzature delle imprese.

 

(fonte/ulteriori informazioni: TCFD Report 2022)

Al fine di integrare i rischi ESG & Climate nella strategia aziendale, tenerne conto in tutte le fasi del processo di concessione del credito e monitorare tali rischi nel portafoglio crediti, un team dedicato – all’interno del Group Risk Management – ha progettato un questionario di assessment del rischio di transizione. Il questionario è stato concepito per valutare l’esposizione al rischio di transizione lungo tre dimensioni chiave:

  • livello di esposizione attuale
  • livello di vulnerabilità futura
  • impatto economico.

 

I risultati delle valutazioni climatiche e ambientali integrano i dossier presentati ai Comitati di Credito, consentendo loro di considerare correttamente i fattori climatici e ambientali nell’assegnazione delle decisioni durante la fase di sottoscrizione. Inoltre, i punteggi di rischio di transizione (recuperati da fornitori esterni) sono tradotti in segnali di orientamento ad hoc e sono pienamente integrati nel quadro delle strategie di rischio di credito aziendali.

Il Gruppo ha inoltre sviluppato una metodologia per stimare il potenziale deterioramento annuo del fair value (FV) delle garanzie sottostanti il portafoglio ipotecario.

 

(fonte/ulteriori informazioni: Integrated Report 2022)

Al fine di integrare i rischi ESG & Climate nella strategia aziendale, tenerne conto in tutte le fasi del processo di concessione del credito e monitorare tali rischi nel portafoglio crediti, il Gruppo ha progettato un questionario di assessment del rischio di transizione. Il questionario è stato concepito per valutare l’esposizione al rischio di transizione lungo tre dimensioni chiave:

  • livello di esposizione attuale
  • livello di vulnerabilità futura
  • impatto economico. I risultati delle valutazioni climatiche e ambientali integrano i dossier presentati ai Comitati di Credito, consentendo loro di considerare correttamente i fattori climatici e ambientali nell’assegnazione delle decisioni durante la fase di sottoscrizione.

 

Le politiche creditizie 2023 hanno introdotto l’analisi dell’esposizione al rischio fisico della controparte e delle garanzie immobiliari nella valutazione del rischio di credito. Inoltre, nell’ambito del questionario ESG sottoposto alla clientela, sono state introdotte domande relative alla presenza di fattori di mitigazione quali la predisposizione di un piano di business continuity e/o la presenza di polizze assicurative.

Infine, all’interno del proprio Risk Appetite Framework, il Gruppo ha previsto spccifici KPI relativi alla concessione di credito per iniziative ESG, inclusi finanziamenti al Terzo Settore.

 

(fonte/ulteriori informazioni: DCNF 2022)

Nel corso del 2022, il Gruppo ha definito un impianto di identificazione e valutazione dei rischi climatici ed ambientali ed ha avviato dedicate attività funzionali alla progressiva integrazione dei rischi climatici e ambientali nel complessivo framework di risk governance e risk management. In relazione ai principali framework di Risk Governance rilevano i seguenti interventi: nel Risk Appetite Statement (RAS), nel corso del 2022 sono state introdotte a livello consolidato e per finalità di monitoraggio prime viste di analisi con riferimento ai rischi climatici e ambientali. Tali viste, facendo leva sull’esercizio regolamentare di Climate Stress Test, sono state declinate distintamente per rischio di transizione e rischio fisico e hanno permesso di monitorare nel periodo (i) l’esposizione creditizia associata ai 22 settori NACE, con particolare attenzione verso quelli considerati a più alta intensità carbonica, e (ii) il livello di rischiosità (rischio alluvioni) degli immobili posti a garanzia sul portafoglio imprese e mutui retail. Nel corso del 2023 il Gruppo introdurrà una sezione specifica all’interno del RAS di Gruppo prevedendo la declinazione di specifici KRI (distintamente per rischio di transizione, rischio fisico controparti e rischio fisco immobile) rilevati trimestralmente, con finalità di monitoraggio, sia a livello consolidato che individuale.

In ambito credit risk, il Gruppo ha definito un primo Credit Risk Climate Stress test gestionale e un’integrazione dei modelli satellite.

 

(fonte/ulteriori informazioni: DCNF 2022)

A livello europeo, c’è una crescente attenzione al tema dei rischi climatici in quanto possono influire sulla solidità patrimoniale dei singoli intermediari e sulla stabilità del sistema finanziario nel complesso (double materiality) o interferire con i canali di trasmissione della politica monetaria. Pertanto, come emerso con l’avvio del primo “learning exercise” di BCE, assumono grande importanza le prove di stress, di natura sia regolamentare che gestionale, come proxy di valutazione della tenuta del sistema finanziario.

Il tema dei rischi climatici e ambientali, sociali e di governance impatta trasversalmente i processi creditizi, le attività dell’area finanza, le attività del risk management, di ogni istituzione finanziaria.

In seguito alla crisi pandemica, il contesto attuale – condito anche da rischi geopolitici – e le sfide relative al blu e al verde aprono uno scenario complesso, liquido, precario in cui il governo dei rischi (antichi e nuovi) del credito e del capitale deve (ancora una volta) riuscire a guardare oltre.