Il Principe

di Leonardo Morlino

Il regime di Putin poggia su due colonne

Le due istituzioni che puntellano l'ideologia di Putin. E perché la fine della guerra dipende da loro

Leonardo Morlino
MORLINO

L’estrema incertezza in cui stiamo vivendo l’evoluzione della guerra dopo l’invasione russa dell’Ucraina (24 febbraio 2022) e la mancanza di informazioni sulle vicende politiche interne alla Russia ci spingono inevitabilmente a cercare elementi strutturali di contesto, che almeno ci diano un quadro di fondo della situazione. Uno degli elementi contestuali più importanti è quale regime politico ci sia in Russia oggi, con quali caratteristiche essenziali. Che cosa sappiamo, più o meno con sicurezza, su questo tema?

Senza dubbio, rispetto ai tradizionali regimi autoritari con visioni ideologiche poco sviluppate, scarsa mobilitazione e limitata partecipazione delle persone, un leader o un gruppo al potere, un sistema giudiziario controllato politicamente e, dunque, applicazioni delle leggi dettate da chi sta al potere, quello russo ha presentato degli aspetti nuovi e originali sin dall’inizio, ovvero da quando si è stabilizzato con Putin al comando nei primi anni di questo secolo.

Infatti, quello russo si qualifica meglio come un ‘autoritarismo elettorale’, in cui vi è un partito egemonico Russia Unita, ma apparentemente c’è spazio per l’elezione di rappresentanti di altri partiti nella Duma, il parlamento russo. Dietro un’apparenza democratica, però, vi è una costante manipolazione del voto, una persecuzione capillare degli oppositori, una diffusa corruzione. Di queste caratteristiche i russi stessi sono ben consapevoli, come mostrato da sondaggi attendibili condotti negli anni anche da istituti vicini al governo, e le accettano. Come mai?

La grande maggioranza dei russi ha una visione comunitaria della politica, in cui gli aspetti centrali sono dati dalla garanzia dei servizi essenziali. Al tempo stesso, dopo la caduta dell’Unione sovietica, quella maggioranza ha aderito a una visione fortemente nazionalistica, proposta con successo da Putin in alternativa alla vecchia e delegittimata ideologia marxista-leninista.

Un regime del genere presenta due aspetti di fondo che sono al cuore della sua stessa esistenza. Primo, l’informazione è essenziale e ancora di più il controllo della stessa. Occorre dare costantemente al pubblico le notizie che confermano la bontà del regime per i cittadini e, dunque, assicurano la sua legittimazione e il conseguente sostegno. In questo senso, tutte le tecnologie più sofisticate di manipolazione devono essere a disposizione dei governanti e concentrate necessariamente nei servizi di intelligence sia verso l’interno che verso l’esterno.

Questi servizi costituiscono una struttura portante del regime e sono inevitabilmente un’istituzione politicamente assai rilevante. Ovviamente, un governante autoritario si protegge dall’eccessivo potere politico che quelle istituzioni possono avere approfittando della loro tradizionale divisione. Esiste, quindi, più di un centro di comando che fa rifermento direttamente al leader. Così, in Russia ci sono: il Servizio federale per la sicurezza della Federazione Russa (FSB), erede del KGB, il Direttorato principale per l’intelligence, militare (GRU o GU), e il Servizio di intelligence internazionale, militare anch’esso (SVR).

Secondo, un’ideologia nazionalista, che fa della precedente situazione dell’URSS un punto di riferimento da ricordare ed imitare, spinge inevitabilmente a politiche estere espansive. Infatti, già all’inizio del suo potere, Putin ci aveva provato cercando di creare un mercato unico con gli altri paesi ex-URSS, Ucraina compresa, ma questo tentativo era sostanzialmente fallito anche perché l’Ucraina con i suoi circa quaranta milioni di abitanti venne meno quasi subito. In questa prospettiva, l’Unione europea è vista come un’organizzazione rivale sin dall’inizio della stabilizzazione del regime, in quanto potenzialmente – e, come abbiamo visto ora, effettivamente – un polo alternativo di attrazione.

Così, quando specificando meglio i propri contenuti ideologici, lo stesso Putin parla di alternativa tradizionale e cristiana a un Occidente corrotto e individualista, vuole solo dare ulteriori argomenti alla sua constituency interna di riferimento. Il risvolto politico istituzionale di un’ideologia del genere e delle politiche estere espansive connesse è la centralità dei militari, che diventano con l’intelligence la seconda colonna del regime.

Per le sue stesse caratteristiche, quindi, la crisi di un autoritarismo così definito può venire solo dai vertici di quelle due istituzioni, sicuramente non da una forza esterna, quale quella rappresentata da Prigozhin, anche se le vicende concrete fossero andate diversamente. Per questo, il comandante della Wagner non aveva alternativa se non fare marcia indietro. E, per le informazioni parziali e limitate che abbiamo, i vertici di quelle due istituzioni rimangono collegati a Putin.

Ai fini della guerra, che è quello che ci interessa, tutto questo che vuol dire? Per le caratteristiche del regime a questa domanda ci sarebbe una sola risposta possibile: la via della pace potrà essere imboccata solo quando Putin potrà sostenere di avere ottenuto la vittoria, magari anche costruendo una narrativa ad hoc con l’aiuto della sua intelligence. E se Putin perdesse? Questo è un risultato non considerabile con questo regime.

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