MISURE DI CONTENIMENTO DELLA POVERTA'
Il Reddito di Cittadinanza ha aumentato il benessere dei percettori?

Un'indagine dell'Inps mostra come il RdC sia stato associato ad un allentamento dei vincoli al consumo di beni di prima necessità, ma non sia riuscito ad attenuare i vincoli al consumo di beni non strettamente necessari

Daniele Checchi, Giuseppe Pio Dachille, Maria De Paola, Daniela Moro

Il Reddito di Cittadinanza (RdC), la misura di contrasto alla povertà al centro del dibattito pubblico nazionale, con oltre 1 milione e mezzo di nuclei percettori, è stato lanciato a partire da marzo 2019 con lo scopo di allentare le ristrettezze delle famiglie in condizione di povertà presenti in Italia, quasi raddoppiate rispetto a inizio secolo.

Infatti, secondo le rilevazioni ISTAT, i nuclei familiari al di sotto della soglia assoluta di povertà sono aumentati incessantemente negli ultimi lustri, a partire dagli 820 mila nel 2005 (incidenza pari al 3,3 percento sul totale delle famiglie), attestandosi a un livello di 1,82 milioni nel 2018, per poi raggiungere un picco nell’anno pandemico pari a 2 milioni, con un’incidenza di povertà pari al 7,7 percento.

L’introduzione relativamente recente della misura ha limitato le analisi sul suo impatto. Tra i pochi studi disponibili vi è quello contenuto nel XIX rapporto INPS, in cui si mostra che, per quanto gli effetti del RdC sul tasso di povertà relativa siano stati trascurabili, ci sono stati effetti significativi di alleviamento dell’intensità della povertà relativa (da 39,2 a 33,4 percento). Questa stima viene sostanzialmente confermata dal Rapporto Caritas 2021 sulla lotta alla povertà.

Alla luce di quanto esposto, la recente analisi pubblicata sul n.1/2023 di Economia Italiana si inserisce nel quadro degli studi sugli effetti del RdC sul benessere dei percettori, utilizzando un’esclusiva fonte di dati.

Nel novembre 2021 è stata avviata dall’INPS un’indagine di gradimento sui servizi di informazione e supporto alla compilazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) ai fini ISEE che, come noto, era prerequisito necessario per la presentazione del RdC. L’indagine includeva una serie di domande tese a misurare la soddisfazione del servizio fornito a supporto della compilazione della domanda di RdC e, in una sezione dedicata, anche gli effetti del beneficio sulla qualità della vita e sulle condizioni economiche dei beneficiari.

L’analisi effettuata grazie all’Indagine INPS ha consentito di caratterizzare le variazioni nel benessere socio-economico dei percettori di RdC in un’ottica quasi-sperimentale. Per identificare queste variazioni sono stati utilizzati dei gruppi di confronto (controllo) il più possibile simili a quello dei percettori di RdC (il gruppo di trattamento) e sono state considerate le risposte al questionario con riferimento alla capacità di risparmio, ai consumi e alla qualità della vita del nucleo familiare.

Per valutare se il RdC abbia influito sul benessere dei percettori sarebbe necessario osservare quale sarebbe stato il loro benessere in assenza della politica (controfattuale). Poiché quest’ultima circostanza non è possibile osservarla, abbiamo comparato coloro che dichiarano di essere beneficiari di RdC a coloro che pur avendo fatto domanda di RdC non hanno ricevuto il beneficio (domanda respinta o domanda in via di definizione), che dovrebbero approssimare le condizioni in cui verserebbero i beneficiari di RdC in assenza della politica (lo scenario controfattuale).

Considerato che le soglie fissate per l’accesso al beneficio sono misure imperfette dello stato di bisogno degli individui, si può ritenere che il gruppo dei trattati e dei controlli siano sufficientemente comparabili. D’altra parte, se le misure delle condizioni economiche utilizzate per definire i beneficiari fossero pienamente rappresentative delle effettive condizioni di bisogno, allora i soggetti la cui domanda è stata respinta (o che potrà essere respinta, come mostriamo in ulteriori analisi di robustezza) presenterebbero una situazione economica sistematicamente migliore rispetto a quella dei soggetti la cui domanda è stata accolta. Ciò comporterebbe un attenuation bias delle nostre stime, in quanto la differenza degli outcomes tra gruppo di trattamento e gruppo di controllo risentirebbe del fatto che i due gruppi partono da condizioni leggermente diverse e i soggetti inclusi nel gruppo di controllo presentano condizioni economiche più favorevoli.

I risultati dell’analisi mostrano come il RdC sia associato ad un allentamento dei vincoli al consumo di beni di prima necessità, ma non sia riuscito ad attenuare i vincoli al consumo di beni non strettamente necessari. È plausibile, infatti, che l’importo del RdC, per quanto abbia contributo a ridurre le ristrettezze più evidenti dei nuclei più poveri, sia riuscito solo a intervenire sul margine intensivo della povertà, come evidenziato in letteratura dagli effetti di riduzione sull’intensità della povertà e non sull’incidenza della stessa.

Un effetto positivo si riscontra su relazioni familiari, relazioni amicali, salute, benessere psicologico.

Per quanto riguarda, invece, il risparmio o la capacità di far fronte a spese inattese non si riscontra alcun effetto statisticamente significativo del RdC. Questa evidenza può essere parzialmente spiegata, come si è già discusso, dal fatto che la misura non consenta forme di risparmio.

In sintesi, sembrerebbe che il RdC abbia avuto un effetto sulla riduzione dei vincoli di consumo legati a condizioni di estrema povertà e sul miglioramento della qualità della vita. Questi risultati confermano quanto già preliminarmente emerso in relazione agli effetti del RdC sulla riduzione della povertà in Italia, in particolare durante il periodo pandemico. Queste stime sono da considerare come un punto di partenza per ulteriori e più circostanziati studi su altri outcome importanti, come la partecipazione al mercato del lavoro, la salute, la fecondità, ecc.