Aumentano i vecchi, le nascite sono al palo, i giovani se ne vanno. L'Italia è destinata a spegnersi? Analisi e riflessioni nel nuovo numero di Economia Italiana
Dobbiamo rimettere mano alle regole per il pensionamento anche in Italia? Mentre la Francia fa la rivoluzione per l’innalzamento da 62 a 64 dell’età pensionabile, noi ci sentiamo al sicuro con la regola dei 67 anni introdotta dalla Fornero in quattro e quattr’otto durante il governo Monti, sotto la pressione di uno spread a 500. In realtà non lo siamo. Perché la fetta di popolazione che invecchia è sempre più numerosa, mentre i giovani, che devono versare i contributi che servono a pagare le pensioni di quegli anziani, sono sempre di meno.
Il problema demografico in Italia è ormai un’emergenza. Il cambio della struttura per età degli italiani sta producendo – e lo farà sempre di più – non solo un impatto in termini sociali, ma anche un effetto sulla finanza pubblica. È questo il doppio messaggio venuto dalle analisi condotte dagli economisti per la nuova monografia di Economia Italiana, dedicata appunto alla implicazioni del cambiamento demografico sul sistema economico e finanziario italiano.
Le proiezioni demografiche della società italiana al 2070 prevedono una riduzione della popolazione di 11 milioni di persone, come dire desertificare una regione grande come la Lombardia. L’allungamento della vita media, insieme a un tasso di natalità sempre anemico, farà sì che già tra 15 anni per 8 comuni su 10 diventerà difficile assicurare i servizi essenziali dovuti all’aumento del numero degli anziani.
La diminuzione della popolazione attiva avrà un impatto sulla crescita dell’economia sempre più marcato: anche se oggi l’Istat registra aumenti degli occupati, il tasso di attività dell’Italia è uno dei più bassi nei confronti internazionali. E il costo per la collettività della riduzione della popolazione si traduce in disparità sempre più accentuata di redditi tra giovani e vecchi e in un peso del debito pro capite più elevato e magari anche nella necessità di una tassazione più alta.
«Ci aspettano 15 anni in cui sia la spesa per la sanità che quella per le pensioni aumenteranno», ha detto Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, nel seminario al Cnel che ha presentato il numero di Economia Italiana. Il picco sarà intorno al 2040, dopodiché ci sarà un ritorno verso i livelli attuali, ma con una foto dell’Italia che già nel 2060 sarà già molto più vecchia e spopolata di oggi.
Come trovare risorse per affrontare lo stesso tipo di prestazioni del welfare che vengono erogate oggi e che per alcuni versi non sono neanche sufficienti? Difendere gli stessi livelli di pensioni di oggi e una sanità con la stessa qualità (già decaduta rispetto al passato) sarà una nuova sfida per chi deve perseguire l’equilibrio di bilancio in un paese come il nostro, che ha già il problema di ridurre il peso del debito.
La demografia non è comunque un percorso ineluttabile. Anche se i trend dipendono da fattori di costume che è difficile cambiare, le policy hanno il loro spazio. Si può pensare a formule per incentivare i versamenti dei giovani nel risparmio pensionistico (una proposta è avanzata nel numero di Economia Italiana da Giorgio Di Giorgio); si possono fare interventi per favorire la natalità; si possono trattenere i giovani più istruiti che ora preferiscono andare all’estero offrendo loro un contesto formativo e di lavoro più gratificante; si può fare una politica dell’immigrazione più lungimirante, come anche gli industriali chiedono. Tutti aspetti a cui le analisi contenute nel numero monografico di Economia Italiana offrono spunti di riflessione.
Di certo non basta una sola ricetta, ci vuole uno sforzo in molte direzioni. E ci vuole, soprattutto, un segnale forte al paese che si ha voglia di sostenerne il futuro, guardando al domani e non solo alle beghe di cortile del quotidiano.
P.P.