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Il nuovo Codice degli Appalti a prova di PNRR

Un'analisi UPB-IRPET dimostra l'efficacia del nuovo Codice degli Appalti per velocizzare i lavori e dare efficenza alle stazioni appaltanti. Ma non vanno dimenticati i requisiti di qualità e i costi complessivi delle opere 

Nicola Carmine Salerno
Nicola-Salerno

Negli ultimi anni si sono succeduti diversi interventi normativi accomunati dall’obiettivo di agevolare la ripresa degli investimenti pubblici semplificando il quadro procedurale e introducendo incentivi all’accelerazione dei processi decisionali delle Amministrazioni pubbliche. Nella fase attuale, caratterizzata dalla necessità di realizzare un imponente programma di investimenti come quello associato al PNRR e al PC, l’attenzione alla velocità di completamento delle opere come fattore di ripresa economica del Paese è particolarmente alta.

Molteplici aspetti della normativa speciale adottata per favorire il compimento dei progetti finanziati dal PNRR e dal PC sono stati poi definitivamente recepiti nel nuovo Codice degli Appalti, entrato in vigore quest’anno. Tra gli aspetti più rilevanti del nuovo Codice degli Appalti vi sono: le maggiori possibilità di ricorrere a procedure di affidamento dirette o negoziate, nel Codice precedente (il cosiddetto “Cantone”) molto limitate in favore delle procedure competitive aperte (le gare propriamente dette); il rinnovato interesse per l’appalto integrato progettazione-esecuzione, in precedenza di fatto quasi escluso;  la più ampia facoltà di usare il prezzo come unico criterio di aggiudicazione, sinora visto addirittura con sospetto e sostituito dall’offerta economicamente più vantaggiosa; il rinforzo della qualità delle stazioni appaltanti; l’avvio del rating di impresa per favorire l’assegnazione dei lavori agli operatori più preparati e affidabili; la promozione della partecipazione ai lavori pubblici di micro e piccole imprese e delle imprese di prossimità.

I risultati di un recente lavoro congiunto dell’UPB e dell’IRPET, pubblicato sulla rivista “Economia Italiana” n. 2/2023, confermano che tutte queste innovazioni vanno nella direzione desiderata di ridurre i tempi di realizzazione delle opere. L’obiettivo è particolarmente urgente nel Mezzogiorno, che deve recuperare lo storico deficit infrastrutturale rispetto al resto del Paese e che presenta performance di realizzazione peggiori rispetto al Centro-Nord.

In particolare, trova conferma l’effetto di riduzione dei tempi dei lavori associabile a un innalzamento generalizzato della dotazione tecnico-esperienziale delle stazioni appaltanti e delle imprese aggiudicatarie. Le misure inserire nel nuovo Codice vanno proprio in questa direzione, con una ribadita attenzione sia alla riduzione del numero delle stazioni appaltanti, alla loro crescita dimensionale e alla loro preparazione tecnica e manageriale, sia all’avvio di un sistema di monitoraggio continuo dei comportamenti e delle prestazioni delle imprese. Già presenti nell’impianto del vecchio Codice ma non trattati con la dovuta priorità e non concretizzati, occupano adesso una posizione centrale nel nuovo Codice.

Sulle stazioni appaltanti locali (principalmente comunali) vengono riposte molte aspettative per la rapida capacità di attivazione di quella larga parte della spesa infrastrutturale costituita da piccoli interventi diffusi sul territorio; è una delle caratteristiche che informano il PNRR. L’analisi UPB-IRPET mostra che esse fanno registrare generalmente buone performance in termini di tempi di realizzazione rispetto alle altre stazioni appaltanti, ma con l’evidente eccezione del Mezzogiorno, dove la presenza di una stazione appaltante nazionale, o comunque terza rispetto al bacino territoriale locale, si associa a miglioramenti significativi rispetto alle stazioni locali. Ne deriva una utile indicazione per il processo di razionalizzazione organizzativa delle stazioni appaltanti, che nel Mezzogiorno sembra avere bisogno, più che nelle altre aree del Paese, di essere accompagnato da una guida dall’alto e non lasciato alla libera iniziativa degli Enti locali che potrebbero tendere a lasciare in vita o aggregare tra loro stazioni appaltanti affette da storici problemi di inefficienza e opacità.

Un commento merita anche il favor legis per le PMI e per le imprese di prossimità. Il nuovo Codice recepisce un indirizzo che è già le direttive europee sugli appalti. L’obiettivo è evitare che le commesse pubbliche favoriscano grandi operatori europei a discapito del tessuto diffuso delle imprese sul territorio, con conseguenze potenzialmente negative nei rapporti tra territori (centri e periferie) e tra Paesi membri. L’attenzione per queste imprese fa da bilanciamento alle politiche di promozione della concorrenza sul mercato unico europeo. Da un altro punto di vista, sostenere la vitalità delle imprese locali è direttamente parte di una politica economica di mercato che mira a prevenire eccessi di concentrazione dell’offerta e a mantenere un sufficiente equilibrio contrattuale tra Amministrazioni committenti e imprese che partecipano agli appalti.

Non sarà facile bilanciare i due obiettivi dell’efficienza (di cui si sente la responsabilità nell’immediato) e dell’apertura del settore delle commesse pubbliche a operatori privati di varia natura e dimensione, e a tal fine saranno cruciali proprio il rating di impresa e l’eccellenza professionale delle stazioni appaltanti, su cui non a caso il Codice ripone grandi aspettative e che dovranno svolgere una funzione sostanziale e non solo di forma.

Infine, va detto che se oggi l’attenzione è soprattutto alla durata dei cantieri, perché è avvertita la priorità di sostenere la ripresa economica e il rapido rinnovamento infrastrutturale rispettando i target del PNRR da cui dipendono le tranche di finanziamento erogate dall’Europa, non vanno dimenticate le altre dimensioni della qualità e dei costi complessivi delle opere. Anche se non espressamente affrontate dall’analisi congiunta UPB-IRPET, esse restano fondamentali e sarà necessario riservare loro altrettanto spazio sia nel dibattito scientifico che istituzionale.