PRETESTI
Il no al vaccino, tra Spinoza e i gilet jaunes

Si invocano, per opporsi alle vaccinazioni, limiti costituzionali. Eppure sono obbligatorie, in Italia, ben dieci vaccinazioni. L'affresco del composito mondo dell'antagonismo no vax e le forze che lo spalleggiano 

 

Oliviero Pesce

Da qualche mese si sono acuiti i movimenti contrari alle vaccinazioni e persino alla certificazione di averle effettuate, il cosiddetto Green Pass, nella nostra lingua ufficiale (ancora) la Certificazione verde COVID-19 (che è anche un EU Digital Certificate). Movimenti insensati, assolutamente indebiti e contrari a qualsiasi razionalità, e che si sono presto rivelati per quello che sono: pretesti per atti vandalici, quando non eversivi. Ai quali purtroppo, per i motivi più svariati (dolosamente o colpevolmente), si sono allineati, dando loro sostegno, politici – di opposizione e persino di governo – filosofi, storici, poliziotte, intellettuali a vario titolo, rampolli di grandi famiglie americane, invocando libertà violate e simili assurdità. Caratterizzati tutti, in quest’ambito, da una voluta, o in alcuni casi inconsapevole, ignoranza, se non contrarietà, alla scienza, e ignoranza del diritto da applicare ai fatti in questione. Fenomeno che merita di essere inquadrato correttamente, per giustificare le asserzioni sostenute sopra.

L’otto ottobre scorso, nel pomeriggio, mi sono trovato a Piazza in Lucina, nell’androne della chiesa di San Lorenzo, mentre centinaia (migliaia?) di persone percorrevano il Corso, tentando da un lato di “manifestare” assediando Palazzo Chigi, oppure, in direzione opposta, per il Muro Torto, assaltando la sede della CIGL, cantando, scalmanate, improperi nei confronti del governo e del Presidente del consiglio – che tentano di governarci nell’interesse dei più (magari con qualche freno tirato anche dal proprio interno) – e delle forze dell’ordine, anch’esse chiamate a tutelare i cittadini.

Frustrate, queste orde, nei loro obiettivi principali – malgrado qualche riuscito sfascio para-trumpista nella sede del sindacato topograficamente più vicino e politicamente più visibile e esposto, obiettivi che quanto meno avevano una significanza “politica” – si sfogavano distruggendo enormi vasi di coccio secolari, che ospitavano chicas altrettanto secolari, schierate in bell’ordine innanzi al fronte della citata Basilica di San Lorenzo in Lucina, incolpevoli di alcunché. Puro vandalismo. Si invocano, per questi reati, libertà di opinione e di parola. Pochissimi, ci si nasconde nella folla, vengono chiamati a risarcire i danni.

Ricordiamo qualche dato su vaccini, scienza, e difesa dell’umanità, decimata più volte nella nostra storia da pesti, malattie e altri flagelli. Vaccini e medicine: penicillina, sulfamidici, la modesta aspirina, l’igiene, hanno sradicato o attenuato, in larga parte del globo, peste, malaria, colera, malattie esantematiche, vaiolo, tubercolosi, difterite, poliomielite, SARS, AIDS, Ebola, mucca pazza, aviaria, influenza asiatica, tetano; salvando migliaia di vite e proteggendo milioni di persone. (in La danza della peste. Storia dell’umanità attraverso le malattie infettive, Charles Kerry, per Bollati Boringhieri, ripercorre questi sviluppi).

Per raggiunge tali risultati, alcune vaccinazioni sono da anni obbligatorie sin dalla prima infanzia (contro poliomielite, difterite, tetano,  pertosse, haemophilus influenzae, morbillo, rosolia, varicella, parotite, epatite B), e nessuno, a tale proposito, ha mai parlato di colpi di stato o di coartazione delle libertà costituzionali, né accusato i medici di essere servi di Big pharma.

L’influenza spagnola, un secolo fa, contagiò quasi un quarto della popolazione mondiale – allora tra un miliardo e settecento e un miliardo e ottocento milioni di persone – e ne uccise, a seconda delle stime, tra 25 e cento milioni, ossia tra l’1,5% e il 6% dei viventi; secondo alcuni, più della Grande Guerra. Verificatisi in un secolo (e negli ultimi due anni) progressi scientifici e tecnologici nella medicina, a seguito di uno sforzo scientifico impressionante e di una capacità straordinaria di tradurre la ricerca in vaccini innovativi e utilizzabili in tempi assai rapidi rispetto agli standard precedenti, oggi i risultati sono ben diversi.

Mettendo a raffronto spagnola e COVID 19, in una popolazione mondiale oggi di 7,88 miliardi, nell’ultimo biennio i contagiati sono stati 253 milioni (il 3,2% della popolazione rispetto a un quarto della stessa un secolo fa) e i deceduti 5,1 milioni: il 2,1% dei contagiati e lo 0,064% della popolazione, rispetto a quasi il 6% per la spagnola. Oggi, in Italia, tra i paesi inizialmente più colpiti, abbiamo avuto 4,9 milioni di contagiati e 133.000 decessi; i contagiati, l’8,1% della popolazione, i deceduti, il 2,7% dei contagiati e lo 0,22% della popolazione. (Va tuttavia ammesso che, in base ai morti in eccesso rispetto al triennio precedente, l’Economist stima i morti per Covid tra i 10,7 e i 20 milioni, probabilmente attorno a 17,3 milioni.)

Cifre dolorose, ma comunque comparativamente irrisorie. Malgrado le difficoltà del processo, le opposizioni, l’attenuazione dell’efficacia vaccinale in pochi mesi, i ricorrenti picchi di contagi nei momenti in cui si è abbassata la guardia (in Italia, gennaio-aprile 2020 e ottobre 2020-febbraio 2021; in Austria, in Germania e nel Regno Unito, adesso). Ma i raffronti confermano: che i vaccini, testati su miliardi di persone, sono efficaci e hanno salvato milioni di vite; mentre i no vax vedono ricoveri sette- otto volte maggiori e decessi 10 volte più alti di quelli dei vaccinati da meno di sei mesi e 6 volte più alti dei vaccinati da più di sei mesi. E che la mortalità è decisamente più alta dove il tasso di vaccinazione è più basso. I loro timori per i rischi da correre a causa dalle vaccinazioni dovrebbero essere ben minori di quelli di infettarsi di Covid e di soffrirne gravi conseguenze, protratte spesso nel tempo e spesso invalidanti. 

Vari studi confermano inoltre che, dagli anni Venti del secolo scorso, difterite e poliomielite sono state eliminate, i casi di morbillo, parotite, rosolia, tetano e influenza grave sono diminuiti di oltre il 99%, quelli di pertosse del 94,7%, quelli di epatite B dell’87,7%.

Ma, come abbiamo già visto, il rifiuto non ha nulla di razionale ed è spesso egoistico. Non vogliono ammettere, i no vax, di mettere a rischio, oltre alla propria (viva la libertà?), le vite degli altri. Ma d’altronde non sembra che si viva di razionalità: nella nostra storia ci siamo scannati perché alcuni si segnavano con tre dita, altri con cinque (Tommaso Landolfi, I Russi, Adelphi, 2015), o per divergenze del genere.                                                                         

Oggi, nel mondo, i vaccinati sono oltre il 60% in Europa occidentale, in quasi tutte le Americhe, in Oceania, in Marocco; in Cina le dosi inoculate sarebbero 2,33 miliardi, i vaccinati oltre il 75%; scarsi invece o scarsissimi in Russia, in tutta l’Africa, in Siria, in Afghanistan, in Ucraina, in Bielorussia, nell’Unione europea nei Balcani orientali. Ma in nessun luogo si è raggiunta l’immunità totale, e l’ostinazione dei no vax comporta reiterazioni dei contagi, morti che si potrebbero evitare, nuove restrizioni, danni a terzi, economici, sociali, fisici.

Si invocano, per opporsi alle vaccinazioni, limiti costituzionali. Ricordiamo, in limine, che, come abbiamo già visto, sono obbligatorie, in Italia, ben dieci vaccinazioni; e per questi obblighi nessuno ha mai invocato la Costituzione. Forse perché da bambini non si fanno cortei. E vediamo alcune norme, a partire da quelle sullo stato di emergenza: condizione giuridica che può essere attivata al verificarsi o nell’imminenza di eventi eccezionali, quando cioè si renda necessario agire con urgenza e con poteri straordinari per proteggere i cittadini e riparare eventuali danni. In questi casi è possibile anche limitare le libertà personali per motivi sanitari, come previsto dall’articolo 16 della Costituzione della Repubblica Italiana, che recita:                                                                                                                                     

Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. 

Mentre l’articolo 32 della Costituzione recita:

La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.

Appare quindi evidente come la salute sia non solo un «fondamentale diritto dell’individuo», ma anche altrettanto fondamentale «interesse della collettività» e che mentre «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge», a chiunque possono essere imposte «limitazioni», incluso il certificato vaccinale, mentre nulla vieterebbe (se non i precari equilibri politici e i timori di reazioni dei violenti) di imporre le vaccinazioni «per disposizione di legge».

Se non lo si fa è anche perché si è sviluppata, in economia e in sociologia, il concetto di nudge, una «spinta gentile», (l’arte paziente della conversione, la chiama il dottor Fontana, direttore del Corriere della Sera), per cui è meglio indurre la popolazione a fare volontariamente quanto necessario, che non imporre forzosamente misure sgradite, seppure a minoranze infime. Il certificato verde si inquadra certamente, salvo che per gli irriducibili, in questo tipo di spinte; e oltre a consentire – con le mascherine, i gel, i tamponi – assembramenti meno rischiosi di quelli che si avrebbero altrimenti, ha indotto a vaccinarsi – oltre all’80% degli italiani capaci di raziocinio e che quindi si sono vaccinati ritenendolo nel proprio interesse – un’altra e significativa percentuale di titubanti. Un referendum finito 9 a 1, lo ha definito il Presidente della Repubblica, che ha lasciato fuori soltanto quanti sono assolutamente irrispettosi dei diritti altrui, e che quindi prima o poi saranno costretti a vaccinarsi in base a una «disposizione di legge». La forza delle cose (la pandemia) e la irriducibilità degli irriducibili stanno finalmente convertendo alla necessità di introdurre l’obbligo non pochi paesi europei. Un po’ di attendismo, e di proporzionalità, può far bene, ma alla fine le decisioni necessarie vanno prese.

Lo stato di emergenza – sul quale sono basati gli ulteriori provvedimenti – è stato dichiarato con Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020 – Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili (pubblicata nella GU n. 26 del 1° febbraio 2020), che qui si riassume nei suoi punti salienti, e ha fondamento nella sua fonte giuridica, gli articoli 7 e 24 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n.1 (Codice della Protezione Civile), debitamente approvata dal Parlamento; ed è stato successivamente reiterato come opportuno, persistendo purtroppo la diffusione della pandemia. E

Lo stato di emergenza venne introdotto a seguito della dichiarazione di emergenza internazionale di salute pubblica per il coronavirus dell’Organizzazione mondiale della sanità (WHO), del giorno precedente, e delle raccomandazioni alla comunità internazionale della stessa Organizzazione circa la necessità di applicare misure adeguate; e alla situazione di fatto (la situazione di diffusa crisi internazionale determinata dalla insorgenza di rischi per la pubblica e privata incolumità connessi ad agenti virali trasmissibili, che stanno interessando anche l’Italia), per cui si ritenne necessario provvedere tempestivamente a porre in essere tutte le iniziative di carattere straordinario finalizzate a fronteggiare la grave situazione che si era determinata, non fronteggiabile con mezzi e poteri ordinari, in conseguenza del rischio sanitario connesso all’insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili.

È diffuso vizio nazionale quello di introdurre norme del caso concreto anche nei casi in cui le norme generali e astratte (come sempre le norme dovrebbero essere) a esso applicabili già esistano. Riguarda, o meglio è, il Covid 19, una patologia (forse più d’una, con le sue varianti) derivante da agenti virali trasmissibili, come dalla delibera citata sopra. E altrettanto la riguardano gli articoli 438 e 452 del Codice penale, norme inserite nel Libro Secondo, Dei delitti in particolare, al Titolo VI, Dei delitti contro l’incolumità pubblica, incolumità tutelata dall’ordinamento, per alcuni casi, sub specie di salute pubblica. Norme vigenti, ma che nessuno osa attualmente invocare. Siamo talmente garantisti, che abroghiamo anche le norme vigenti. Basta dimenticarne l’esistenza. L’articolo 438 recita:

Chiunque cagiona un’epidemia mediante la diffusione di germi patogeni è punito con l’ergastolo.

L’articolo seguitava indicando che, se dal fatto fosse derivata la morte di più persone, si sarebbe applicata la pena di morte; norma non più applicabile in quanto in Italia tale pena è stata abolita (per primo, dal Granduca di Toscana). I virus, infettivi, rientrano nella categoria dei germi patogeni; come è chiaro che “cagionare” ricomprende in sé il concetto di “causare il protrarsi” o “il diffondersi” dell’epidemia; e ancora che pandemia – com’è definito il Covid – ricomprende in sé il concetto, meno grave, di epidemia.

La fattispecie prevista dal Codice riguarda comportamenti dolosi; epperò è quanto meno dubbio se chi – consapevole dei rischi che determina – continua ad assumere comportamenti contrari alla prudenza (assembramenti, cortei, rave party, mancato utilizzo di cautele quali le mascherine), non si stia comportando dolosamente. Propenderei per la volontarietà dei comportamenti, e per la consapevolezza dei rischi; e quindi per il dolo. Peraltro, ove ciò non fosse, o fosse difficilmente dimostrabile, supplirebbe l’articolo 452:

Delitti colposi contro la salute pubblica. – Chiunque commette, per colpa, alcuni dei fatti preveduti dagli articoli 438 e 438 è punito: [omissis] con la reclusione da uno a cinque anni, nei casi in cui le dette disposizioni stabiliscano l’ergastolo, e da sei mesi a tre anni nei casi in cui l’articolo 439 stabilisce la pena della reclusione.

Qui dubbi non ce ne possono essere. Senza trascurare gli altri danni causati, o reati commessi, anch’essi risarcibili e/o punibili.

Si è anche sostenuto, sempre allo scopo di contestare le vaccinazioni, che durante l’emergenza sarebbero state coartate le prerogative del Parlamento. A parte il fatto che buona parte dei provvedimenti adottati dal Governo hanno avuto carattere attuativo di provvedimenti precedenti, incluso quello fondamentale citato, approvato dal Parlamento, in relazione alla pandemia sono stati adottati, tuttora in vigore, sei Dpcm, 23 Decreti-legge, quattro delibere del Consiglio dei ministri e una ordinanza del Ministero della salute in ordine a misure profilattiche; venti Dpcm e 19 Decreti-legge dei quali è cessata l’efficacia. Tutti i decreti-legge, ovviamente, sono stati esaminati dal Parlamento e convertiti in legge; da ultimo il Governo ha fatto ricorso ai Dpcm in misura assai minore.

E vediamo quali sono gli irriducibili avversari delle vaccinazioni e delle certificazioni, e cerchiamo di individuarne le motivazioni. 

Prima di tutto i manifestanti, in Italia, in tutta Europa, negli Stati Uniti, e chi li aizza, italiano o straniero. Difficile pensare che siano i timorosi e i titubanti a manifestare; non ci si scalmana per paura. Si tratta, in genere, di frammenti eversivi della società, Forze che si pretendono Nuove, di destra e di sinistra, comunque estreme, pronte a distruggere in quanto incapaci di costruire. Che questo fanno, come i gilets jaunes francesi di anni fa: movimenti di protesta rafforzati dai discorsi di odio e di complotti che circolano – e vengono fatti circolare artatamente – sui social network, e che vengono giustificati in base a libertà di opinione e di parola. Opinioni spesso basate su notizie false; e parole che troppo spesso si traducono in fatti: pietre, bastoni, bombe molotov, spranghe. Tra questi, poliziotte che preferiscono il proprio ego all’istituzione che dà loro il pane, e ignare di gerarchie. Me first, direbbero in altri paesi; prima io. O cortei di persone che equiparano una vaccinazione, o un certificato, ai lager e alla Shoah. Ovvero prelati che considerano il Green Pass “il marchio della Bestia”, alla quale in realtà si alleano, per destabilizzare niente di meno che il Papato.

Organizzazioni capaci di bloccare per giorni uno dei porti più importanti d’Italia, causando danni economici e sociali, con scioperi che nulla hanno a che fare con le condizioni di lavoro, ma fondate sul rifiuto di sottoporsi a misure di profilassi e ai relativi controlli.

Partiti e movimenti che vogliono lisciare il pelo ai citati manifestanti, per accaparrarsene i voti, e che si rendono – se già non lo fossero, contigui alle citate Forze Nuove, Case Pound, centri sociali e via del genere. Salvo, dopo averli sguinzagliati, attaccare la Ministra degli Interni del Governo di cui sono oppositori, o del quale fanno parte. In altri Paesi per fare una Koalition (Grosse o meno), si negozia per alcuni mesi, si fanno dei patti, e poi li si osservano. In Italia si gioca ad essere “di lotta e di governo”. Come Walter Chiari inventò la zucca cocca o la albi zucca (incrocio di zucche e albicocche, nella storiella, sortite male), in Italia abbiamo inventato la gover-sizione, o l’oppo-governo. Ricordiamo che, senza nessuna giustificazione razionale, e causando di fatto numerosi decessi, non si è voluto fare ricorso al MES sanitario, che avrebbe permesso di mettere mano ad investimenti essenziali almeno due anni prima di quanto non si potrà fare col Pnrr. 

Filosofi che riescono a convincerci (forse) che l’eternità di Severino ha maggiore fondamento di quella delle chiese cristiane, quando scendono dal loro empireo e contestano le misure adottate nell’universo mondo, in realtà si sentono, nella loro lotta minoritaria, quali Lucifero, l’angelo più splendente. Anche se gli antagonisti non sono l’eterno padre, ma un presidente del consiglio o una presentatrice televisiva. È vero che il pensiero unico è pericoloso, e che va sempre affrontato criticamente; ma qui si tratta, banalmente, con misure pratiche, di salvare la pelle anche a chi non vuol essere salvato. Nulla di filosofico. Dare argomenti, speciosi, a questi ultimi, non rende un servizio all’umanità. Ma c’è persino chi sostiene che le autorità non sono tanto interessate alle vaccinazioni, quanto ai green pass, abietta forma di controllo. Ma le vaccinazioni salvano vite, e di controlli ne abbiamo milioni di tipologie, assai spesso volontarie (Black Friday, localizzazioni, telefonini, videocamere locali, impronte digitali, carte di credito, Spid e simili). Non ne serve un’altra, per controllarci.

Lo stesso è a dire di alcuni storici, che quando abbandonano la ricerca per il circuito mediatico, sminuiscono il proprio ruolo. E che comunque dovrebbero sapere che anche Michel de Montaigne, in un suo viaggio in Italia, nel 1580 (fa 441 anni) dovette assoggettarsi alle prescritte «bollette di sanità», tra Trento e Rovereto. Senza le quali non sarebbe potuto entrare a Verona. La salute pubblica è sempre stata preoccupazione de li superiori. Non essendoci gli stati, allora colpi di stato non se ne potevano fare.

Lasciamo perdere i gazzettieri in cerca di audience e di potere mediatico.

Viene a visitare il nostro paese un rampollo di nobile famiglia democratica americana (anche se da quella espulso) – in cerca di notorietà come i George Clooney o i Brad Pitt, che hanno trovato l’America in Italia vendendoci il nostro caffè. A dire che il Passaporto vaccinale rappresenta un colpo di stato. Evidentemente un colpo di stato, con morti, feriti, fucili, bombe, desaparecidos, non l’ha mai visto. (E dire che in famiglia qualche esperienza, quanto meno cubana, c’è stata). Il Pass è equivalente alla patente d’auto; se uno non ce l’ha, non può guidare; se uno sta guidando, non può esimersi dal mostrarla, se gliela chiedono. Se vuoi andare al concerto, allo stadio, ti vaccini. Quello che stiamo vivendo sarebbe il primo colpo di stato organizzato dall’Organizzazione mondiale della sanità, sottoscritto da un paio di centinaia di stati, accettato da miliardi di persone (evidente forma di democrazia fattuale), di autorità intermedie, regioni, ospedali, istituti di ricerca, comuni. Per misure delle quali, quanti dei vaccini non dispongono, sarebbero ben lieti di poter fruire.

Cerchiamo di fornirli loro, nell’interesse comune. Come spiega Bernard Malamud, «se la vostra vita non vale niente, non vale niente neanche la mia»; e «lo scopo della libertà è di creare la libertà per gli altri»; concetti spinoziani che andrebbero maggiormente condivisi. Il ministro della salute tedesco ci ha spiegato che tra poco saremo tutti vaccinati, o guariti, o morti. Meglio minimizzare la terza categoria, offrendo libertà di vivere anche a chi non la vuole.