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Il “miracolo” bancario spagnolo più modesto di quanto sembra

Negli ultimi due anni il sistema bancario spagnolo ha registrato un importante aumento degli utili grazie anche alla favorevole congiuntura economica. La crescita è stata tale da indurre Moody’s a rivedere la sua opinione su 20 importanti istituti di credito spagnoli stabilendo (raccolta depositi) 12 e 5 upgrading, rispettivamente, sul lungo e sul breve termine. A pensare che solo tre anni fa il sistema bancario spagnolo è stato salvato da un imponente intervento finanziato dall’Europa, ci si chiede come sia stata possibile una ripresa così rapida. All’osservatore attento però non sfugge che si sia trattato di un “congelamento”, non già di una risoluzione, dei più gravi focolai di crisi: banche nazionalizzate e non ancora riprivatizzate, foreclosed assets di dubbia liquidabilità ma soprattutto un rapporto fra circuito creditizio e mercato immobiliare non ancora normalizzato.

Silvano Carletti
Carletti

Un sistema bancario apparentemente senza problemi

I maggiori istituti di credito spagnoli hanno chiuso il primo semestre 2015 con risultati decisamente soddisfacenti. I sette principali gruppi, infatti, hanno accresciuto in media il loro utile netto di circa un terzo. In tre casi l’incremento ha superato il 50%; solo in un caso si è rimasti al di sotto della doppia cifra.

Questi consuntivi confermano quanto già evidenziato dai bilanci dello scorso anno. Il conto economico consolidato relativo all’intero 2014 ha registrato un utile netto di €15 mld, in crescita del 33% rispetto all’anno precedente. Il rendimento del patrimonio (RoE) è così aumentato di 1,5 punti percentuali, al 6,6%. A rendere possibile questa favorevole evoluzione è stata soprattutto la forte riduzione delle rettifiche (-18%, ovvero €5,8 mld), combinatasi con una riduzione del 3,3% dei costi operativi (€1,7 mld). I ricavi, invece, sono rimasti sostanzialmente stabili (-0,3%) malgrado un incremento del 4,7% del margine d’interesse, loro componente principale (due terzi del totale). Il significativo incremento di questo margine è dovuto interamente al minore costo della raccolta che ha più che compensato sia la discesa dei tassi d’interesse attivi sia l’andamento ancora negativo dei volumi.

La qualità del portafoglio prestiti appare in miglioramento. Alla fine del 2014 l’insieme dei prestiti deteriorati risultava rispetto a 12 mesi prima diminuito del 10,2% a livello consolidato e del 12,1% nella sola Spagna. Per quanto riguarda la sola Spagna, l’incidenza dei crediti deteriorati si posizionava (fine 2014) a livello sistema al 18,5% per le imprese e al 6,2% nel caso delle famiglie (mutui residenziali).

Le agenzie di rating guardano alle banche spagnole in modo più benevolo del passato. Alla fine di giugno, nell’ambito di un generale processo di revisione         delle valutazioni, Moody’s ha rivisto la sua opinione su 20 importanti istituti di credito spagnoli stabilendo (raccolta depositi) 12 e 5 upgrading,rispettivamente, sul lungo e sul breve termine.

Favorevoli anche i messaggi del mercato azionario. Nel luglio scorso la capitalizzazione complessiva delle sette maggiori istituzioni bancarie spagnole risultava analoga a quella rilevata nel giugno 2007, prima cioè della crisi finanziaria internazionale. Si tratta di una condizione decisamente migliore di quanto riscontrabile per le grandi banche degli altri principali paesi europei (-29% è la flessione media a livello continentale).

Di fronte a questi dati, una domanda sorge inevitabile: come si lega questo favorevole presente con l’imponente salvataggio bancario che l’Europa fu costretta a finanziare solo poco tempo fa (luglio 2012)?

La congiuntura economica spagnola

La risposta è inevitabilmente articolata in più parti la prima delle quali è lo stato della congiuntura economica nazionale. Dal primo trimestre 2014 il tasso di crescita annuale è tornato positivo. Nell’intero 2014 la crescita si è attestata all’1,4% con la prospettiva (secondo la Commissione Europea) di salire al 2,8% nell’anno in corso. Questa previsione potrebbe rivelarsi anche troppo prudente considerato che Eurostat ha certificato una crescita del +3,1% a/a nel secondo trimestre 2015. Negli ultimi 5 trimestri il consuntivo economico della Spagna è stato superiore a quello medio dell’eurozona.

Famiglie e imprese proseguono il processo di aggiustamento della loro posizione finanziaria. Il loro indebitamento congiunto è stimato al 182% del Pil, 37 punti percentuali in meno rispetto al massimo raggiunto a metà 2010, un aggiustamento per due terzi attribuibile alle imprese (al 110% del Pil alla verifica più recente). Per quanto riguarda queste ultime, tuttavia, ulteriori progressi sono necessari: il rapporto tra indebitamento e valore aggiunto (oltre il 160%) è ancora circa 30 punti percentuali superiore a quello medio dell’eurozona.

La drammatica crisi del 2012

Il contesto bancario così rapidamente descritto è ben lontano dall’esperienza vissuta nel recente passato. Nel luglio 2012 il circuito finanziario spagnolo evidenziò segnali di fragilità particolarmente gravi che spinsero l’Unione Europea a deliberare un deciso intervento di supporto. A fronte dell’impegno ad attuare alcune importanti riforme economiche, vennero messe a disposizione della Spagna risorse fino ad un massimo di €100 mld da impiegare nell’arco dei successivi 18 mesi.

La ristrutturazione del sistema bancario nazionale venne condotta muovendo da una ripartizione degli istituti in quattro gruppi: banche senza deficit patrimoniale (gruppo zero), istituti già oggetto di un salvataggio pubblico (gruppo uno), banche con gravi problemi patrimoniali e incapaci di farvi fronte (gruppo due), istituti con carenze patrimoniali ma in grado di risolvere autonomamente il problema (gruppo tre). Del gruppo zero facevano parte tutte le banche maggiori, con esclusione del Banco Popular inserito nel gruppo tre. Le banche in seria difficoltà per le quali si prospettava necessario un salvataggio pubblico rappresentavano in termini di totale attivo intorno al 30% dell’intero sistema.

A fine 2013, alla chiusura del programma di sostegno europeo, le risorse effettivamente utilizzate risultarono pari a €41 miliardi circa. Il loro rimborso è previsto iniziare nel 2022 e concludersi nel 2027; all’ultima verifica (luglio 2015) €5,6 mld risultavano già restituiti.

Delle risorse messe a disposizione dall’ESM (European Stability Mechanism) €39 mld sono stati impiegati per interventi di ricapitalizzazione mentre €2,5 mld sono serviti alla costituzione della SAREB (Sociedad de Gestión de Activos procedentes de la Reestructuración Bancaria), la bad bank incaricata di smaltire le attività divenute illiquide. Per non appesantire gli indicatori di finanza pubblica, il 55% del capitale della SAREB è stato sottoscritto da 27 soggetti privati (banche spagnole e straniere, compagnie di assicurazione, la principale compagnia elettrica spagnola); Santander e Caixa detengono quasi il 30% del capitale totale mentre il BBVA risulta assente. Per finanziare le sue acquisizioni SAREB ha emesso obbligazioni sottoscritte in larga misura dalle banche, con garanzia statale e quindi utilizzabili come collaterale in occasione di operazioni di rifinanziamento presso la Bce.

Cosa rimane dell’eredità del 2012?

I tre anni trascorsi da metà 2012 sono un periodo relativamente breve. Come è possibile, quindi, legare uno dei più grandi salvataggi mai avvenuti in Europa con la attuale condizione (apparentemente) favorevole del circuito bancario spagnolo? La risposta a questa domanda è (in sintesi) che all’efficacia delle decisioni adottate si è combinato un congelamento (non la soluzione) dei più gravi focolai di crisi.

Il fragile settore della cajas è stato sostanzialmente cancellato dalla mappa finanziaria spagnola: delle 45 istituzioni di questo tipo esistenti nel 2007 ne rimanevano a fine 2014 solo una decina; le altre sono state rilevate da altre istituzioni bancarie o nazionalizzate.

L’intero circuito bancario spagnolo ha subito un considerevole alleggerimento: tra la fine del 2012 e il primo trimestre 2015 sono state eliminate 40 istituzioni di deposito e chiusi oltre 6.300 sportelli.

La fase di più acuta difficoltà è stata superata ma si è lontani dalla acquisizione di una nuova, stabile situazione di equilibrio. La crisi del 2012 ha indotto un ampio numero di interventi di nazionalizzazione (più o meno completi). Il salvataggio bancario più importante è stato quello di Bankia, gruppo bancario costituito su sollecitazione delle autorità nel 2011 combinando l’importante Caja de Madrid con altre sei cajas di minore rilievo, tutte realtà bancarie in evidente difficoltà. Ne scaturì un gruppo di rilevante dimensione (attivo totale di €320-330 miliardi, ora ridotti a €220 miliardi circa).

Oltre a Bankia, altri sette istituti, alcuni dei quali di rilevante dimensione, sono stati traferiti sotto il controllo pubblico. Gli interventi di riprivatizzazione finora realizzati sono pochi e di dimensione limitata. Nel caso di Bankia il ridimensionamento della quota pubblica è finora ammontato ad appena il 7,5% (su un totale del 68%).

Malgrado l’ampia discesa dei prezzi (in termini reali, -25% nel triennio 2012-14) incerta rimane la situazione del mercato immobiliare. Nell’ultimo trimestre 2014 (ultimo disponibile) i prezzi delle abitazioni (nuove e usate) sono cresciuti in misura modesta (poco meno del 2% su base annua) ma lo stock di immobili invenduti è ancora molto consistente.

In fase di costituzione SAREB ha rilevato poco più di 200mila attività, valutate circa €51 mld e costituite da proprietà immobiliari e prestiti, quattro quinti dei quali legati al comparto immobiliare. L’attività di dismissione si sta rivelando difficile: a fine 2014, al termine quindi di due anni di attività, il portafoglio risultava ridotto di €6,5 mld. SAREB deve liquidare le attività ricevute entro un massimo di 15 anni (novembre 2027).

Indicazioni ancor più preoccupanti si ricavano dai bilanci delle banche che alla fine del 2014 risultavano aver in carico un rilevante ammontare di attività ricevute in cambio di prestiti non rimborsati. Si tratta di proprietà immobiliari e terreni. A fronte di queste attività sono state effettuati accantonamenti di diverso spessore (55% nel caso del Santander, molto meno per gli altri istituti). Il rilievo di queste foreclosed assets varia considerevolmente ma in termini relativi pesa decisamente di più per i gruppi di contenuta dimensione. A livello di sistema l’ammontare (lordo) di questa posta ha toccato il suo massimo (€100 miliardi) a metà 2012, è scesa a €75 mld al momento della costituzione di SAREB, risulta ora risalita a €83 miliardi.

Il mancato ripristino di un normale rapporto tra circuito creditizio e comparto immobiliare rappresenta il rilevante angolo buio dell’intero processo di ristrutturazione bancario spagnolo. Nel portafoglio di SAREB e delle istituzioni di credito spagnolo sono volontariamente/forzatamente congelate in attesa di trovare un compratore attività di contenuto immobiliare per un ammontare prossimo a €130 mld. Per un’ampia quota di queste attività la liquidabilità è spesso solo teorica: questa considerazione vale in particolare per i terreni che pesano per circa due quinti dell’ammontare totale. Una diversa considerazione di queste attività muterebbe sensibilmente conti e visione del sistema bancario spagnolo.