approfondimenti/politica economica
Il mio nome è Hill, Jonathan Hill

La nuova Commissione europea presenta il suo programma politico basato su continuità, revisione e innovazione. E i Vicepresidenti dell’istituzione si votano a un periodo di assestamento piuttosto che di ulteriore produzione legislativa. Ma la frenetica evoluzione dei mercati impone di riadattare il quadro normativo esistente. Un compito impegnativo per il nuovo commissario.

Alfonso Parziale
Alfonso Parziale

Tra meno di un mese si insedierà a Bruxelles la nuova Commissione europea, guidata da Jean Claude Juncker, che assume la carica dopo il secondo mandato affidato a José Barroso. La prima Commissione dell’Europa a 28 avrà una composizione pletorica (un commissario per ciascuno Stato!) ed una struttura articolata, con dei Vicepresidenti che coordineranno dei  “gruppi  di lavoro” composti dai singoli commissari, selezionati per contiguità del portafogli assegnati. Si tratta di un esperimento unico, che tenterà, almeno nelle intenzioni, di mantenere un’unità di indirizzo politico nonostante l’elevato numero di soggetti coinvolti.

Nel riparto dei ruoli ha destato una certa sorpresa l’attribuzione delle deleghe relative ai mercati finanziari,  alla  stabilità  finanziaria  ed  ai  servizi  finanziari  all’inglese  Jonathan  Hill,  un conservatore ed ex Leader della House of Lords inglese. La scelta di affidare tali funzioni ad un delegato con un passato da lobbista, proveniente da un Paese in cui il settore finanziario ha un ruolo preponderante ed in una fase storica in cui il Regno Unito sta aspramente contestando le iniziative  di  regolamentazione  dell’Unione,  ha  destato  non  poca  preoccupazione  in  seno  al Parlamento Europeo, che deve – tra le altre cose – approvare la composizione della Commissione. La prima audizione di Lord Hill presso il Parlamento Europeo è stata piuttosto travagliata, e non è un caso che sia stata richiesta una seconda convocazione, allo scopo di valutare in modo più approfondito  le  posizioni  del  commissario  in  pectore.  Ad  ogni  modo,  sulla  base  delle dichiarazioni già rese da Hill e dai limitati atti politici sin ora resi pubblici (tra cui una Mission Letter, sottoscritta da Juncker e pubblicata sul sito della Commissione) è possibile farsi un’idea delle iniziative legislative che saranno proposte in materia dalla Commissione nel prossimo quinquennio.

Il programma sembrerebbe potersi riassumere nelle parole “continuità, revisione, innovazione”, con una spiccata preferenza per la continuità e con alcuni specifici punti di innovazione su settori determinati.

Continuità: la Commissione Barroso ha proposto innovazioni significative in diversi campi (vigilanza bancaria, agenzie di rating, contratti derivati..) ma l’urgenza dell’adozione di certi atti e le lunghe tempistiche per la definizione della normativa secondaria hanno lasciato molti processi “a metà del guado”. La nuova Commissione dovrà quindi proseguire molte delle iniziative già intraprese e terminare l’iter deliberativo di alcuni importanti procedimenti (su tutti, il processo di revisione della direttiva Mifid, ora alle sue fasi finali) e la disciplina di gestione delle crisi in alcuni settori, come quello bancario (c.d. Single Resolution Mechanism, che dovrà essere messo in funzione) e quello dei sistemi di liquidazione con controparti centrali.

Revisione: Negli ultimi 5 anni l’architettura dei sistemi di vigilanza è stata radicalmente trasformata a livello comunitario, con l’introduzione del Comitato Europeo per il Rischio Sistemico (Esrb) e delle tre agenzie di vigilanza in materia bancaria, finanziaria ed assicurativa (rispettivamente, Eba, Esma ed Eiopa). I nuovi organi sono ovviamente in una fase di start-up e occorrerà condurre una significativa opera di verifica e revisione delle modalità di funzionamento. Va inoltre segnalato che uno degli obiettivi della Commissione sarà quello di alleggerire la fiscalità generale dai costi connessi alle attività di vigilanza. Infatti, seguendo una tendenza abbastanza comune in Europa (si pensi, in Italia, alle modalità di finanziamento di alcuni organismi di categoria), il peso del finanziamento di questi organi dovrà gravare integralmente sui soggetti supervisionati.

Innovazione: la Commissione non potrà sottrarsi dall’affrontare le sfide legate alla crisi economica ancora in corso ed al sempre più massiccio avvento delle tecnologie digitali. Occorrerà dunque proseguire con azioni ulteriori rispetto a quanto fatto sin ora, che in alcuni casi comporteranno il lavoro congiunto di più commissari. Sul punto, l’obiettivo principale resta quello di pervenire alla creazione entro il 2019 di un’Unione dei Mercati Finanziari, che coinvolga tutti gli Stati Membri, sul modello di quanto già fatto dalla precedente composizione della Commissione con l’Unione Bancaria.

In aggiunta a quanto sopra, il nuovo commissario sarà coinvolto nella definizione di un pacchetto per la crescita, il lavoro e la burocrazia che dovrà essere presentato entro i primi tre mesi del mandato, e che dovrebbe contenere misure per stimolare il reperimento di capitale di rischio e di debito attraverso i mercati, allo scopo di sviluppare alternative al reperimento di fondi tramite il tradizionale canale bancario.

Da ultimo, nell’ambito del gruppo di lavoro guidato dal Vicepresidente per il mercato unico digitale, dovranno essere proposte soluzioni con riferimento ai temi della sicurezza e della modernizzazione delle regole in materia di pagamenti digitali/elettronici. Il settore è, attualmente, in rapidissima espansione: si pensi, ad esempio, all’ingresso del nuovo competitor Apple Pay ed alla diffusione di telefoni cellulari dotati di chip Nfc – near field communication – che consentono, tra le altre cose, di effettuare pagamenti tramite Pos. Non vanno inoltre sottovalutate le implicazioni legate alla diffusione delle cd. monete virtuali o criptomonete (su tutti, Bitcoin): questo settore infatti sfugge integralmente alle attuali regole sull’emissione, il trasferimento della moneta ed i pagamenti, e pone rischi rilevanti in capo ai consumatori, come ha dimostrato il caso dell’improvvisa interruzione dei servizi della società giapponese Mt.Gox, una delle principali “banche di Bitcoin” (cioè un luogo virtuale ove era possibile cambiare valute ufficiali in criptomoneta).

Come si può notare, le direttrici delle politiche comunitarie in materia sembrano presagire un periodo di assestamento, più che di innovazione. Lo stesso futuro commissario ha già dichiarato che “è improbabile che ci sia il bisogno di approvare la stessa quantità di legislazione” rispetto ai cinque anni appena trascorsi.

L’affermazione di certo non pecca di realismo ma si potrebbe forse attendere di più, considerata l’esistenza di alcune tematiche di grande attualità che meriterebbero approfondimento ed una più decisa presa di posizione politica. Si pensi, ad esempio, al massiccio ricorso alle infrastrutture tecnologiche nei mercati finanziari da parte di banche ed intermediari finanziari, che hanno portato a fenomeni nuovi come il trading ad alta frequenza (che pure sarà regolato in parte nella nuova MiFID). Neppure è stato specificato con quali modalità la Commissione adotterà le nuove iniziative legislative: sul punto, l’attuale tendenza è quella di limitare al massimo l’intervento degli Stati, facendo massimo ricorso allo strumento del regolamento ed impedendo, per quanto possibile, l’adozione di norme interne più restrittive (c.d. goldplating). Tale approccio ha scontentato più di uno Stato Membro (su tutti, il Regno Unito) e occorrerà capire quale sarà l’orientamento dei governi nazionali al riguardo, nei prossimi anni.

L’insediamento della nuova Commissione è previsto per l’1 novembre 2014 e, a partire da questa data, avremo la possibilità di apprezzare le proposte che saranno formulate per superare la crisi ed adattare il quadro normativo comunitario alle sfide poste dall’evoluzione frenetica dei mercati. Certamente, i primi indizi non sembrano impressionare per innovatività e volontà  di cambiamento: il tempo ci aiuterà a capire se il Commissario 2014-2019 avrà un atteggiamento “morbido”, e soprattutto se ciò sarà sufficiente a garantire l’attuazione dei controlli e la tutela degli investitori più piccoli di cui, nei giorni della crisi, si avverte disperatamente il bisogno.

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