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Il mediatore creditizio indipendente. (recte) Il consulente "bancario" indipendente

L’introduzione della figura del consulente (bancario) indipendente è tra le modifiche apportate dall’attuazione in Italia della Direttiva MCD (Mortage Credit Directive) tramite il D.Lgs. 72/2016. A valle delle modifiche al Testo Unico Bancario (T.u.B.) e al D.Lgs. 141/2010, si impongono alcune considerazioni preliminari in attesa dell’emanazione della normativa secondaria di attuazione, tra le quali quelle proposte di seguito.

Maddalena Marchesi
Marchesi

Con il decreto legislativo 21 aprile 2016 n. 72 è stata attuata in Italia la Direttiva 2014/17/UE in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali, meglio nota come Direttiva MCD ( Mortage Credit Directive).

Per effetto di tale attuazione è stato introdotto nel Titolo VI del Testo Unico Bancario (T.u.B.), il Capo I bis relativo, per l’appunto, alla trasparenza delle operazioni di “credito immobiliare ai consumatori”, nonché sono state apportate modifiche al Titolo VI bis del T.u.B. e al D. Lgs. 13 agosto 2010 n. 141 relativi alla disciplina di agenti in attività finanziaria e mediatori creditizi.

Tra le varie modifiche introdotte ci si vuole soffermare in questa sede sulla figura del mediatore creditizio indipendente, recte il consulente (bancario) indipendente, ripartendo dalle considerazioni preliminari già svolte in occasione della delega al Governo per l’attuazione della normativa europea.

Il consulente “bancario” indipendente è individuato, nella normativa qui in commento, in base al servizio che presta “in via esclusiva” e alle modalità di svolgimento della propria attività avuto particolare riguardo alle relazioni che egli può intrattenere, meglio non deve intrattenere, con i finanziatori, e alle norme di comportamento che deve seguire nei confronti dei clienti

Quanto al primo profilo, il consulente indipendente è colui che presta il servizio consistente nel fornire raccomandazioni personalizzate al consumatore in merito a una o più operazioni relative a contratti di credito (art. 120 quinques comma 1 lett. i).

Evidente l’analogia con la vigente definizione di “consulenza in materia di investimenti” portata dall’art. 1 comma 5 septies, primo periodo T.u.F., in attesa della normativa di attuazione da emanarsi, ai sensi dell’art. 2 2° co. del D.Lgs. 72/2016, a cura del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Leggendo l’art. 120 terdecies T.u.B. si ricava che la raccomandazione deve essere personalizzata nel senso di:

a) essere adeguata rispetto ai bisogni e alla situazione personale e finanziaria del consumatore, quale conosciuta per mezzo di informazioni preventivamente acquisite dal consulente;

b) tener conto di “ipotesi ragionevoli” in merito ai rischi per il consumatore “avuto riguardo a tutta la durata del contratto di credito raccomandato”.

La raccomandazione deve quindi avere ad oggetto una o più operazioni relative a contratti di “credito immobiliare ai consumatori”; ma non solo: infatti l’art. 128 sexies T.u.B, nel prevedere l’obbligo di iscrizione dei consulenti indipendenti in una sezione speciale dell’elenco dei mediatori creditizi, fa espressamente riferimento alla concessione di finanziamenti “sotto qualsiasi forma”. Così che in base a quanto stabilito dal legislatore delegato, il servizio di consulenza indipendente potrà essere prestato con riferimento a ogni tipologia di finanziamento erogabile da banche e intermediari finanziari.

Quanto sopra dopo l’emanazione della disciplina secondaria che si ritiene dovrà disciplinare la consulenza indipendente riferita a contratti diversi da quelli immobiliari ai consumatori, atteso che, a stretto rigore, l’art. 120 terdecies, rubricato per l’appunto “servizi di consulenza”, è applicabile solo alle raccomandazioni personalizzate relative ai contratti di credito relativi a beni immobili residenziali, e nessun richiamo né a tale articolo né al relativo servizio è contenuto nei capi dedicati rispettivamente alla trasparenza degli altri contratti di credito, inclusi quelli di credito (non immobiliare) ai consumatori.

Infine, perché si abbia servizio di consulenza, la raccomandazione deve essere un’attività separata rispetto alla concessione del credito e alle attività di intermediazione del credito (art. 4 n. 21 Direttiva – Considerando n. 63) o, per dirla con le parole del legislatore delegato, “l’offerta di contratti di credito non implica un servizio di consulenza”. Ovvero, in altri termini, l’attività resa nello svolgimento dell’intermediazione di un credito in adempimento dei relativi obblighi, ad esempio di assistenza precontrattuale, non è servizio di consulenza (art. 120 novies 5° comma T.u.B.).

Per quanto riguarda il secondo profilo, ovvero le modalità di svolgimento dell’attività di consulenza, l’art. 120 terdecies stabilisce che, se la consulenza può essere prestata sia da finanziatori sia da intermediari del credito, indipendente può essere qualificata solo l’attività resa da mediatori creditizi iscritti in un’apposita (e istituenda) sezione dell’elenco di cui all’art. 128 sexies comma 2. La consulenza indipendente può essere prestata solo da società di mediazione creditizia aventi i requisiti previsti dall’art. 128 septies T.u.B., che, per effetto della modifica portata dal D.Lgs. 72/2016, si applica ora ai soggetti iscritti nella citata sezione speciale.

Qualifica la consulenza indipendente l’aver preso in considerazione (ai fini della raccomandazione) un numero sufficientemente ampio di contratti di credito disponibili sul mercato (il cui numero e/o elenco si suppone dovrà essere comunicato al cliente in sede precontrattuale) – art. 120 terdecies 3° comma lett. d) – e la remunerazione esclusivamente a carico del cliente – art. 128 sexies comma 3 bis (comunicata anche essa al cliente prima della prestazione del servizio di consulenza ai sensi dell’art. 120 terdecies 4° comma lett. b). Quanto sopra coerentemente con l’art. 22 paragrafo 4 della Direttiva MCD che prevede tali requisiti come condizioni per l’utilizzo del termine consulente indipendente, e in analogia con quanto previsto dalla MIFID II (direttiva 2014/65/UE) per la consulenza indipendente prestata dalle imprese di investimento (art. 24 par. 7).

Di tal che è confermato quanto già evidenziato in sede di osservazioni alla legge delega, ovvero la scelta del legislatore nazionale di ricondurre la fattispecie del consulente indipendente, alla figura del (solo) mediatore – creditizio – non convenzionato con banche e intermediari finanziari ex art. 106 T.u.B. già previsto dalla disciplina secondaria in materia di trasparenza (Provvedimento BI 29 luglio 2009 e s.m.i. – sez VIII – par. 1). Ovvero la scelta di considerare “indipendente” sinonimo di “non convenzionato” e, come tale, obbligato al rispetto di particolari norme di comportamento verso il cliente.

Ricostruita brevemente la disciplina in materia si impongono alcune considerazioni preliminari in attesa dell’emanazione della normativa secondaria di attuazione.

In primis, ai sensi dell’art. 120 terdecies primo comma, il servizio di consulenza potrà essere prestato in modo non indipendente da finanziatori e intermediari del credito con riferimento alle operazioni di credito immobiliare ai consumatori, ma non anche, si ritiene per le ragioni già indicate (mancanza di richiami all’art. 120 terdecies), con riferimento a prodotti diversi (ad esempio, con riferimento al credito ai consumatori). Diversamente, società di mediazione creditizia appositamente dedicate potranno prestare il servizio di consulenza indipendente con riferimento a qualsiasi prodotto creditizio. La citata limitazione, riferita alla consulenza non indipendente, se può giustificarsi ratione materia in virtù della Direttiva europea e della relativa delega, appare illogica da un punto di vista concreto e operativo.

Sotto un diverso profilo, la locuzione generale “intermediari del credito” riferita ai soggetti che possono prestare il servizio di consulenza non indipendente non appare coerente con la disciplina propria degli agenti in attività finanziaria che si rammenta, con il D.Lgs 141/2010 e s.m.i., da un lato ha espressamente escluso la consulenza dal perimetro delle attività esercitabili per ricondurla per l’appunto alla mediazione, dall’altro ha stabilito il mono-mandato per prodotto. A ben guardare la consulenza che un agente munito di mandato da un solo preponente per il prodotto credito immobiliare potrà offrire sembra sovrapporsi alla consulenza accessoria all’attività di intermediazione del dato prodotto, piuttosto che configurarsi come servizio a sé stante per di più appositamente retribuito dal finanziatore.

Scelta (in sede di D.Lgs. 141/2010) e confermata (in sede di D.Lgs. 72/2016) la figura del mediatore quale soggetto deputato alla consulenza, il legislatore delegato avrebbe forse dovuto riservare ai finanziatori e a soggetti terzi (in senso gius-lavoristico) il servizio di consulenza anche non indipendente.

Ciò tanto più in quanto la soluzione di limitare il servizio di consulenza indipendente alle società di mediazione creditizia ha il pregio di aver chiaramente indicato il contratto (o il rapporto) che deve legare il cliente all’intermediario del credito a beneficio della chiarezza in ambito gius-lavoristico. Il paragone è evidente con i cugini “consulenti finanziari autonomi” (di cui all’art. 18 bis ter T.u.F.), rispetto ai quali, invece, tali profili non sembrano essere stati specificati in sede normativa.

Infine, a vantaggio della chiarezza, sarebbe altresì il caso di chiarire se il servizio di consulenza (sia essa indipendente o meno) potrà essere prestato dalle società di mediazione anche per il tramite di collaboratori, avendo ben presente che essendo agenti (art. 17 comma 4 octies D.Lgs. 141/20100), l’attività che questi dovranno svolgere consisterà nella promozione dell’attività dei consulenti stessi.

Sul punto non dovrebbero esserci dubbi.