Osservatorio Banche
Il lato nascosto delle trimestrali

La prima trimestrale del 2021 è risultata migliore delle attese. Troppo presto per parlare di una ripresa della redditività. Il governatore Visco invita le banche ad adottare un approccio attivo nella gestione del rischio di credito.

Silvano Carletti
Carletti

In un contesto come l’attuale, caratterizzato da forte incertezza, l’evolversi della situazione smentisce frequentemente le previsioni, in un senso o nell’altro. In queste ultime settimane più spesso in senso favorevole. A dispetto delle polemiche di inizio anno, la campagna vaccinale sta procedendo bene determinando un evidente abbattimento della curva epidemiologica del Covid-19. Anche nel caso della congiuntura economica le risultanze relative ai primi mesi del 2021 segnalano un miglioramento in corso che incoraggia un cauto ottimismo.  

In campo bancario il consuntivo dei tre primi mesi del 2021 è stato in Italia migliore di quanto atteso. Un’evoluzione che ha indotto un ottimismo arrivato a sfiorare l’euforia. Il commento de “La Repubblica” (8 maggio) si apre con l’affermazione che “alla lunga, la pandemia fa bene alle banche”; non da meno il “Corriere della Sera” (19 maggio) che scrive che “in banca è cambiato il vento”.

Per chi scrive (e numerosi osservatori) è un ottimismo difficile da condividere sulla base dei dati e delle informazioni disponibili.

L’utile netto aggregato dei principali gruppi bancari italiani nel primo trimestre dell’anno è risultato pari a oltre 3 miliardi a fronte di una perdita di quasi 1,6 miliardi nel corrispondente periodo del 2020. Per molti degli operatori considerati si tratta del miglior risultato da molto tempo a questa parte, con un ritorno in positivo anche per il Monte dei Paschi (dopo cinque trimestri in perdita consecutivi).

Nell’ambito dei ricavi, l’ulteriore indebolimento del margine d’interesse è stato mitigato dal risultato del trading e dal favorevole andamento delle commissioni. Quest’ultimo è in parte dovuto ad una diffusa politica di repricing dei servizi bancari decisa anche per spingere verso il risparmio gestito l’ampia liquidità parcheggiata nei conti correnti. In questi primi mesi del 2021, la Borsa di Milano ha rivisto (limitatamente) al rialzo le depresse valutazioni dei titoli bancari con le quali aveva aperto l’anno. 

Se si sottopone ad un esame più approfondito il quadro dei risultati emerge rapidamente la mancanza di basi per un ragionevole ottimismo. In primo luogo si tratta di un consuntivo trimestrale tradizionalmente non l’occasione di grandi novità contabili e/o gestionali, più spesso annunciate in occasione del bilancio annuale.

In secondo luogo, si tratta appunto di un consuntivo trimestrale, un periodo troppo breve per celebrare l’emergere di qualsiasi trend. In terzo luogo, lo swing del risultato finale rispetto al primo trimestre 2020, pari a 3,2+1,6 miliardi, si deve per 2,8 miliardi a poste straordinarie e per 1,2 miliardi a riduzione delle rettifiche su crediti (su base annua, il costo del rischio, cioè il rapporto tra rettifiche nette e crediti a clientela è sceso a 44 centesimi a fronte degli oltre 100 del 2020).

Infine, è sempre opportuno rilevare che Intesa Sanpaolo, uno dei gruppi bancari italiani più in salute, contribuisce per circa la metà al consuntivo aggregato dei gruppi maggiori (1,5 miliardi il suo utile netto nel trimestre, in crescita del 32% rispetto a 12 mesi prima, incremento per circa un terzo attribuibile all’incorporazione di Ubi). 

Nelle sue recenti valutazioni della condizione del sistema bancario italiano il governatore Visco si è mostrato moderatamente preoccupato. Nelle Considerazioni Finali che accompagnano l’ultima relazione della Banca d’Italia si ritrova l’indicazione di punti di forza e di non meno importanti punti di debolezza.

Nell’arco di alcuni anni la qualità del credito delle banche italiane si è quasi riallineata a quanto esibito in media dalle banche europee (l’incidenza dei crediti deteriorati al netto delle rettifiche è scesa dal quasi 10% del 2015 all’attuale 2,2%). La solidità patrimoniale ha registrato un analogo miglioramento (il CET1 ratio è in media al 15,5%).

Al contempo, al netto delle componenti straordinarie, il rendimento del patrimonio si è ridotto nel 2020 all’1,9% (dal 5,0%), una flessione per circa due terzi attribuibile all’aumento delle rettifiche nette. Dietro alla riduzione appena ricordata si intravedono situazioni di piena difficoltà: hanno chiuso in perdita tre dei gruppi significativi e il 9% delle banche minori. 

Per quanto riguarda la gestione operativa e quindi l’equilibrio costi/ricavi, la sintesi del governatore è molto chiara: “Riorganizzare i processi produttivi e distributivi per migliorare l’offerta e ridurre i costi era una priorità prima dello scoppio della pandemia, diviene ora una condizione necessaria”.

Dal lato della qualità del credito provengono segnali preoccupanti. Dall’ultimo trimestre 2020 i nuovi crediti deteriorati sono tornati (seppur lievemente) ad aumentare. Spinte da indicazioni diverse, molte banche hanno accresciuto in funzione preventiva le rettifiche sui finanziamenti in bonis. Si intravede una possibile ripresa dell’economia ma la fine delle misure di sostegno governative e delle moratorie scoprirà situazioni di fragilità oggi non pienamente percepibili tra le famiglie e (soprattutto) le imprese. 

A fronte di uno scenario in movimento sfavorevole, le banche devono adottare politiche improntate alla prudenza, un invito che la Banca d’Italia raccomanda però di declinare in maniera attiva. Prima di tutto utilizzando tutte le informazioni a disposizione (se possibile, accrescendole) per classificare correttamente i finanziamenti oggetto di moratoria, e far emergere in modo tempestivo e prudente le eventuali perdite. Cosi facendo si eviterà anche il sorgere di dubbi negli investitori sull’effettiva qualità del portafogli di prestiti.

In secondo luogo, si deve pensare ad impiegare il patrimonio in eccesso per adeguare classificazioni e  rettifiche. Alla fine dello scorso anno il coefficiente relativo al capitale di migliore qualità superava in media di oltre 6 punti percentuali i minimi attualmente richiesti dalle autorità di vigilanza. Queste risorse possono anche essere indirizzate a sostenere imprese in difficoltà ma con concrete possibilità di tornare a onorare regolarmente i propri debiti. L’identificazione di queste imprese è compito non semplice, ma fondamentale in questa fase  congiunturale.

Sono le banche italiane in grado di procedere lungo queste linee, rivedendo la gestione del loro portafoglio prestiti oggi ancora prevalentemente “attendista”? Una svolta di questa portata non si improvvisa, richiede tempo per poter essere attuata con efficacia. All’appello mancheranno certamente numerose banche minori. Tra quelle più grandi, alcune stanno da tempo sperimentando quest’approccio, altre però sembrano molto più indietro.