approfondimenti/regolazione
Il Golden power sugli investimenti esteri nelle “infrastrutture finanziarie”

L'Europa ha introdotto il Golden Power governativo per proteggere il proprio mercato finanziario. Restano aperti però alcuni interrogativi. Innanzitutto, cosa si intende esattamente per "infrastrutture finanziarie"? E poi: il governo potrebbe agire in conflitto con le Autorità indipendenti che vigilano sul settore, come Banca d'Italia e Consob?

Giulia Agostini
giulia-agostini-1558364007

Con il recentissimo Regolamento UE 2019/452 in materia di controllo degli investimenti esteri diretti nell’Unione, per la prima volta in Europa il Golden power governativo viene legittimato a “proteggere” il settore del mercato finanziario europeo. 

Tra i settori “critici” oggetto di scrutinio in caso di investimento estero diretto potenzialmente “pericoloso”, invero, l’art. 4 del Regolamento ha ricompreso anche le “infrastrutture finanziarie”. 

Tale novità ha fortemente rassicurato lettori e interpreti. 

Negli ultimi anni, infatti, significativi sono stati gli investimenti da parte di soggetti extracomunitari nel capitale di imprese quotate europee. Pertanto, è stata, ed è, fortemente sentita la preoccupazione circa i risvolti pratici dell’accresciuto peso economico estero nel contesto del mercato finanziario europeo. Ma c’è di più. 

Ancora più preoccupante è il rischio che il mercato finanziario europeo finisca per essere controllato di fatto da tali soggetti esteri. In assenza di limiti e controlli, infatti, gli investitori extracomunitari ben potrebbero acquisire la maggioranza delle azioni degli operatori che gestiscono le “infrastrutture finanziarie” comunitarie. 

In tale contesto è, pertanto, intervenuto il legislatore, senza mancare, però, di lasciare aperti alcuni interrogativi.

In primo luogo, non viene fornita, nel testo, una definizione di “infrastrutture finanziarie”. Non è chiaro, quindi, su quali sistemi multilaterali i Governi possano agire nell’esercizio del Golden power.

Rischio sovrapposizione

Problematica è, in secondo luogo, l’individuazione dei criteri in base al quale Golden power e potere della regolamentazione di settore debbano coordinarsi tra loro. Con particolare riferimento a quest’ultimo aspetto, non può non rilevarsi come il Regolamento sembri voler far riacquisire centralità al Governo, a scapito della Autorità indipendenti. 

Tale impressione, probabilmente corretta con riguardo ad alcuni dei settori indicati come “critici” dal Regolamento, è, però, da escludere in riferimento al settore finanziario. Al considerando 37, infatti, il legislatore ha chiarito che il Regolamento “non incide sulle regole dell’Unione per la valutazione prudenziale delle acquisizioni di partecipazioni qualificate nel settore finanziario, che costituisce una procedura distinta con un obiettivo specifico”. 

Nel settore di riferimento, quindi, non si porrebbero problemi di “sovrapposizione” tra Golden power e regolamentazione di settore. Differenti sono, infatti, i piani su cui operano, nonché la specificità delle finalità perseguite da ciascuno dei due poteri. 

Nondimeno, potrebbero sorgere problemi di “interferenza”. Può accadere, infatti, che una certa operazione venga sottoposta a doppia procedura di controllo, una da parte delle autorità di vigilanza, l’altra da parte del Governo nell’esercizio del Golden power. In questi casi, solo il ricorso a intese di tipo inter-istituzionale permetterà di fare affidamento su un quadro uniforme in materia di controllo. 

Di tali intese, però, ancora non vi è traccia nei testi normativi. Ci si aspetta, pertanto, che vengano al più presto definite a livello dell’Unione, visto il forte processo di accentramento nelle mani della BCE che sta interessando il sistema della vigilanza europea. 

In Italia, sulla base dei dati comunicati alla Consob, il peso degli investimenti esteri diretti appare piuttosto marginale (se si escludono le partecipazioni di soggetti residenti in Svizzera, Stati Uniti e Giappone).  Nonostante ciò, il rischio rappresentato dall’aumento del peso economico di investitori esteri nel nostro mercato finanziario è stato avvertito prima che in Europa. 

Con la legge 4 dicembre n. 172 del 2017 (di conversione del d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, recante “disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili”), infatti, il legislatore italiano ha ampliato il perimetro degli interessi essenziali del nostro Paese ai fini dell’esercizio del Golden power ai settori ad alta intensità tecnologica, ricomprendendovi anche le “infrastrutture finanziarie”.  

Così, il Governo è stato ammesso a intervenire nel mercato finanziario del Paese, “bloccando” o ponendo condizioni a tutte quelle operazioni di acquisizione ritenute critiche per i loro risvolti politico-strategici nelle nostre “infrastrutture finanziarie”. 

Il ruolo del governo

Ci si interroga, però, sulla portata e sui contorni di tale potere speciale del Governo se esercitato in un settore, come quello finanziario italiano, in cui Banca d’Italia e Consob svolgono un ruolo centrale in qualità di Autorità di vigilanza prudenziale.

Ad accrescere gli interrogativi si aggiunge che, anche nella disciplina italiana, manca una definizione di “infrastruttura finanziaria”. Non è chiaro, pertanto, su quali, tra i vari sistemi multilaterali su cui vigilano Banca d’Italia e Consob, il Governo possa esercitare il Golden power

Rientrano nella categoria, senza alcun dubbio, i mercati regolamentati, che si caratterizzano rispetto ai cc.dd. “nuovi mercati” per riserva di attività degli stessi alle società di gestione del mercato regolamentato, ex art. 64, TUF. 

Non così agevole, al contrario, è la riconduzione all’interno della categoria delle altre trading venues. MTF e OTF, invero, potendo essere gestiti sia da società di gestione del mercato regolamentato sia da intermediari abilitati alla prestazione dei servizi e attività di investimento, rappresentano una forma di “ibrido” che impone accurate riflessioni circa la loro definizione in termini di “infrastruttura finanziaria”. 

Stesso discorso vale per controparti centrali, sistemi di compensazione e regolamento dei titoli e depositari centrali di titoli. Questi, infatti, in virtù del processo di privatizzazione che hanno vissuto nel corso degli anni, hanno finito per perdere la loro autenticità, fornendo anche servizi standard per il mercato.

Due vigilanti complementari?

In ogni caso, finora, la compresenza delle due diverse istanze di vigilanza non ha posto, almeno in linea di principio, problemi particolari. Le “infrastrutture finanziarie”, infatti, sono fortemente regolate e le finalità perseguite da Banca d’Italia e Consob da una parte, e Governo dall’altra, possono intendersi come complementari. 

Dunque, nel settore finanziario italiano prevale la regolamentazione di settore, dovendosi limitare l’intervento del Governo in Golden power a casi meramente eccezionali, in quelle ipotesi (peraltro rare) non regolate dalle Autorità di vigilanza. È la stessa legge a prevedere, all’art. 4 del DPR n. 85/2014, che il Governo sia tenuto a esercitare il Golden power esclusivamente “nella misura in cui la tutela degli interessi essenziali dello Stato […] non sia adeguatamente garantita dalla sussistenza di una specifica regolamentazione di settore”.

In ogni caso, la diversità di tipologia di intervento e di presupposti applicativi tra i due poteri potrebbe dar luogo a ipotesi di “sovrapposizione”. Una determinata operazione, infatti, potrebbe essere in linea con la regolamentazione prudenziale, ma porre, di converso, delicati problemi per la sicurezza nazionale o per l’ordine pubblico. Ancora, una certa operazione potrebbe superare il vaglio delle Autorità, per poi “cambiare rotta” e perseguire finalità contrastanti con l’interesse del nostro Paese.

In tali casi, è, pertanto, auspicabile una collaborazione stabile tra Governo e Consob (e Banca d’Italia), sia nell’interesse delle “infrastrutture finanziarie” e, quindi, del mercato, sia nell’interesse delle stesse Autorità. 

Solo in tal modo, infatti, sarà possibile arginare le possibili complicazioni dovute a forme di interventi doppi e, dunque, più onerosi, che potrebbero, in aggiunta, essere tra loro anche contrastanti.