Quantificare e qualificare l’emergenza economica da Covid-19 è decisamente difficile: mancano dati e criteri interpretativi affidabili. In un contesto di incertezza, forse la cosa più utile è individuare i punti più solidi dello scenario cui agganciare i primi spezzoni di un possibile ragionamento sul futuro. Posizionandoci nel contesto bancario-finanziario, è dalle mosse della Bce che si può partire.
Tentare una riflessione su quanto sta accadendo in queste settimane a livello economico è particolarmente difficile. Prima di tutto perché è evidente che questa pandemia ha determinato sotto molti punti di vista una rottura epocale, aggettivo in passato spesso abusato ma questa volta probabilmente adeguato alla situazione.
In secondo luogo, perché l’urgenza di costruire risposte e scenari previsivi si scontra con la quasi assoluta indisponibilità di dati utili per cominciare a quantificare e qualificare che cosa è successo da febbraio in poi (e ancora sta succedendo). L’ultima ma non minore difficoltà, ampiamente legata alle due appena accennate, è la percezione (finora poco esplicitata) che molti degli schemi di lettura utilizzati fino a metà febbraio non sono più adatti ad comprendere quanto avvenuto successivamente.
Ci si muove quindi, inevitabilmente, con livelli di approssimazione cui non si è abituati. Se nel recente passato le previsioni di crescita economica per l’Italia potevano differire di qualche decimo di punto percentuale, oggi la distanza è ben diversa.
La tabella pubblicata a pagina 28 dell’ultimo Bollettino Economico della Banca d’Italia riporta la previsione per l’Italia formulata da sei autorevoli centri di ricerca, a distanza di pochi giorni l’uno dall’altro: per il 2020 e il 2021 il campo di variazione sfiora rispettivamente gli 8 e i 5 punti percentuali, grandezze decisamente enormi.
Cosa fare allora per tentare di capire che cosa è cambiato in queste settimane e ancor più che cosa potrà accadere nel prossimo futuro? In questo mare di incertezza, forse la cosa più utile è individuare i punti più solidi dello scenario, quelli cui agganciare i primi spezzoni di un possibile ragionamento sul futuro. Posizionandoci nel contesto bancario-finanziario è probabilmente dalle mosse della Bce che si può partire.
Un primo elemento chiaro è l’intenso impegno della Banca Centrale Europea per assicurare che in qualunque scenario il circuito bancario sia pronto a rispondere alla straordinaria domanda di credito.
Questo obiettivo sembra aver ispirato molte iniziative delle Bce, a cominciare dalle aste aggiuntive ORTL (Operazioni di Rifinanziamento a più Lungo Termine, LTRO il corrispondente acronimo inglese) introdotte a metà marzo. Le aste sono effettuate con cadenza settimanale e condotte con il criterio della piena aggiudicazione degli importi richiesti. I finanziamenti non richiedono il raggiungimento di specifici target e prevedono una remunerazione negativa (-0,50%, il tasso corrisposto sui depositi presso la banca centrale), una spinta alle banche a utilizzare questa opportunità.
È previsto un rimborso il 24 giugno prossimo ma se l’istituzione finanziata non fosse in grado di onorare la scadenza può trasformare questo prestito in un finanziamento TLTRO 3, finanziamento a più lungo termine strutturato per un supporto dell’offerta di credito a famiglie e imprese.
Queste nuove operazioni ORTL hanno riscosso un evidente successo: con le prime cinque aste sono stati assegnati a istituzioni europee quasi 260 mld, di cui 54 a banche italiane. Con le due aste successive (ultima il 29 aprile) il totale europeo è salito a 312 mld. Con la terza asta TLTRO3 (25 marzo) c’è stata, poi, un’aggiunta netta di altri 22 mld (dei 115 mld assegnati, 93 mld utilizzati per rimborsare parte delle meno convenienti TLTRO2).
Il 24 giugno si terrà una nuova asta TLTRO3 (la quarta) e nelle prossime settimane sono previste altre 7 aste OLTR. Tirando le somme, la liquidità del circuito bancario dell’eurozona potrebbe risultare in un trimestre aumentata di 500 mld di euro (se non di più) a condizioni di grande favore (tasso prevalentemente negativo).
Finalizzata ad assicurare il massimo della stabilità ai sistemi bancari è anche la disponibilità ad adattare l’attività di vigilanza alle specifiche condizioni dei singoli istituti di credito, con possibile estensione delle scadenze e riprogrammazione dell’attività ispettiva. Le scadenze MREL saranno opportunamente allungate. Si vuole scongiurare che eventuali fragilità di un operatore destabilizzino il resto del circuito bancario.
Molti altri provvedimenti della Bce sono inquadrabili nell’ottica di voler mettere il sistema bancario nella condizione di soddisfare interamente la domanda di credito. Tra gli ultimi provvedimenti in ordine di tempo (22 aprile) da segnalare quello che consentirà alla Bce fino a settembre 2021 di accettare come collaterale per le operazioni di finanziamento dell’eurosistema titoli che al 7 aprile di quest’anno avevano un rating che soddisfaceva il requisito minimo e che successivamente hanno subito una revisione negativa (purché questo rating non scenda al di sotto di BB).
La seconda direttrice di intervento scelta dalla Bce è quella del rafforzamento patrimoniale delle banche. Rispetto al 2008-09, gli istituti di credito sono entrati in questa crisi con meno problemi e più patrimonio. L’incidenza dei prestiti deteriorati risulta da tempo e ovunque in significativa diminuzione (in Italia si è ridotta di due terzi rispetto al picco del 2015 ed il flusso aggiuntivo è tornato nella piena fisiologia). A fronte di un requisito minimo (Tier 1 ratio) del 10,5% le banche significative europee si posizionano (fine 2019) in media al 15,5% e quelle italiane al 14,8%. Salvo un numero molto ristretto di eccezioni, in condizione di fragilità si trovano solo istituti di dimensione minore.
L’entità dello sconvolgimento in atto, la necessità di accrescere in misura significativa l’offerta di credito, il sicuro aumento del grado di deterioramento del portafoglio, hanno convinto la Bce a procedere ad una rilettura “accomodante” della normativa.
In particolare, si è voluto evitare una riclassificazione automatica del portafoglio, processo che avrebbe determinato significativi e indesiderati effetti prociclici (accresciute rettifiche di valore sui prestiti). La stima di quanto “valgano” questi provvedimenti di capital relief varia sensibilmente; per gli istituti italiani l’effetto sarebbe più rilevante di quanto riscontrabile negli altri principali paesi europei. Secondo la Banca d’Italia, è stimabile in 4 punti percentuali di CET1 ratio per le banche significative e in 2,9 punti per quelle di minore dimensione.
A questo articolato intervento di rimodulazione normativa si è accompagnata l’indicazione sulla distribuzione degli utili. Con una raccomandazione del tipo comply or explain, alla fine di marzo la Bce ha “invitato” le banche significative a sospendere il pagamento del dividendo relativo al 2019.
L’invito, poi esteso anche alle banche minori, prevede (per adesso) una sospensione fino al prossimo ottobre. Seppure temporaneamente, la dotazione patrimoniale risulta così accresciuta di circa €5,5 mld (un ulteriore mezzo punto percentuale di CET1 ratio) nel caso delle banche italiane, di €4 mld per le banche spagnole, di €8 mld per quelle francesi; più ridotto (poco più di €2 mld), questo apporto per le banche tedesche (la Deutsche Bank ha chiuso il 2019 con un’ampia perdita).
In qualche modo intermedia tra queste due direttrici di intervento è l’ipotesi di costituire una bad bank finalizzata ad assorbire i prestiti divenuti irrecuperabili a causa degli sconvolgimenti determinati dalla pandemia. Come debba essere strutturata e finanziata (se su base nazionale o europea) sarà oggetto di approfondimenti futuri. Questa ipotesi ha ancora una collocazione defilata nell’agenda attuale, concentrata sulle urgenze di breve periodo. Tra non molto, però, se ne comincerà a parlare in modo più intenso.
I provvedimenti della Bce appena richiamati sono decisamente importanti. È possibile che ne seguano altri. Nell’insieme le autorità di Francoforte faranno di tutto per assicurare che il sistema bancario-finanziario del vecchio continente risponda pienamente alle aspettative.
Malgrado questo, il mercato guarda con preoccupazione alle prospettive del settore bancario. Il rapporto tra quotazione di Borsa e dato contabile (price to book value ratio) delle grandi banche considerate nell’indice Euro Stoxx è intorno allo 0,33 (per quelle tedesche si scende in prossimità dello 0,20).
Rispetto ai valori di metà febbraio risulta sostanzialmente dimezzata la quotazioni di banche fino ad allora ritenute solide: da Intesa, alle tre principali banche francesi, ai due maggiori gruppi spagnoli. Un ridimensionamento possibilmente eccessivo, suggerito dall’enorme incertezza su tempi e intensità dell’uscita dalla pandemia. Fino a quando l’incertezza non sarà ridimensionata, ogni possibile difficoltà sarà tendenzialmente sovrastimata. Comunque, la risalita sarà più complessa, lunga e faticosa rispetto alla già non facile esperienza del 2008-09.