approfondimenti/Mercato finanziario
Il futuro dell’industria finanziaria? Sta nel “never normal”

Innovazione tecnologica ed evoluzione digitale stanno cambiando il mercato finanziario. Ecco in quale direzione e con quali potenzialità

Liliana Fratini Passi
Fratini-Passi_

Non v’è dubbio che stiamo attraversando un momento storico senza precedenti: la pandemia e l’innovazione tecnologica stanno ridisegnando in modo significativo le abitudini di famiglie e imprese, rappresentando due importanti “punti di discontinuità” rispetto al passato.

Con la fine della pandemia, molte delle abitudini acquisite resteranno, le aziende proseguiranno a usare processi digitalizzati, eCommerce e smart working, con innovazione continua e rapida. Da più parti si parla dunque di “never normal” in quanto ogni innovazione raggiunta grazie anche alle nuove tecnologie sarà velocemente superata per puntare alla successiva.

E proprio la diffusione delle tecnologie digitali nel mercato finanziario contribuisce ad ampliare la gamma dei servizi offerti anche da parte di soggetti nuovi rispetto agli operatori tradizionali di mercato.

Al riguardo, le istituzioni europee stanno promuovendo diversi dossier per normare il nuovo mercato e garantire al consumatore un’esperienza di utilizzo degli strumenti omogenea e sicura anche nei confronti dei nuovi soggetti fintech.

L’obiettivo è rimuovere la frammentazione del mercato unico digitale dei servizi finanziari, facilitare l’innovazione tramite l’utilizzo di tecnologie innovative come la blockchain, promuovere uno spazio europeo comune di dati finanziari e migliorare la gestione dei rischi. Il tutto introducendo nel mercato una vera e propria segmentazione della filiera dei pagamenti, con il coinvolgimento di tutti i principali attori e spingendo il cosiddetto “open banking”. 

Con la “banca aperta” gli utilizzatori di un conto corrente online hanno, ad esempio, l’opportunità di disporre pagamenti (cd. Payment initiation services – PIS) o di ottenere informazioni (cd. Account information services – AIS) sul proprio conto anche attraverso l’impiego di applicazioni di c.d. “terze parti” (Third Party Provider – TPP), che hanno il diritto – previo consenso del cliente – di accedere in modalità “open”, appunto, ai sistemi della banca presso la quale il cliente stesso ha il proprio conto (Account servicing payment service provider – ASPSP). 

L’open banking non è un fenomeno circoscritto ma è un trend in crescita a livello internazionale; ad oggi, in più di 60 paesi sono state avviate iniziative in tale ambito. Questo processo di innovazione e di regole, spinto in Europa dalla normativa PSD2, ha portato allo sviluppo di nuove Fintech. 

Il rapporto delle banche tradizionali con questi nuovi soggetti può trasformarsi da competizione a creazione di ampie forme di cooperazione, con iniziative collaborative che risultano fondamentali per consentire di rispondere tempestivamente alle sollecitazioni del mercato e alla competizione internazionale sempre più ampia e serrata, oltre che per garantire l’interoperabilità e la circolarità dei servizi, creando un ampio ecosistema tra Banche Tradizionali/Digitali, Fintech & Tech Provider. 

Nell’ambito di tali iniziative sono particolarmente attenzionate quelle che possano supportare una crescita “equa e sostenibile”. Infatti, nella nuova arena digitale, l’innovazione digitale e la sostenibilità sono senza dubbio i fattori critici di successo su cui indirizzare il nuovo modo di relazionarsi con i clienti, le politiche di investimento e l’evoluzione dei modelli operativi interni. 

Le banche giocano un ruolo centrale nella transizione verso un sistema economico sostenibile; per massimizzare le economie di scala e intercettare opportunità cross-business avranno la necessità di aderire a piattaforme ed ecosistemi di servizi. 

In Italia CBI, società consortile per azioni partecipata da circa 400 banche e intermediari finanziari, da oltre venti anni interpreta proprio tale ruolo: attraverso la creazione di piattaforme collaborative – come CBI Globe – e linee guida implementative in autoregolamentazione, permette di colmare le “aree grigie” della normativa attraverso una omogenea interpretazione semantica della regolamentazione, e di diminuire gli errori nell’interconnessione tra gli attori del mercato evitando dispersione e frammentazione, garantendo raggiungibilità e interoperabilità, come auspicato dallo stesso regolatore europeo.

In tale scenario il passaggio tra open banking e open finance si poggia sull’economia di rete, dove il successo di un’iniziativa è legato al numero degli aderenti e all’aumentare del numero degli utenti di un servizio si determina un incremento esponenziale del valore del prodotto /servizio medesimo. Per le banche si delinea dunque la possibilità di mettere a frutto un patrimonio esperienziale importante, basato sulla collaborazione per una migliore competizione, per trasformare a proprio vantaggio le dinamiche della nuova arena altamente competitiva.

Condividi questo articolo