approfondimenti/banche
La visione di Exton Consulting
Il futuro del retail banking

La compressione della redditività e la competizione che viene da  “neo-banks” e fintech sono una sfida sempre più evidente per le banche. Il ripensamento dei modelli organizzativi e di offerta, delle architetture IT e una gestione innovativa delle risorse umane sono opportunità da cogliere per mantenere la centralità delle banche commerciali. 

Maurizio Faroni
Faroni

Alla fine dello scorso anno Exton Consulting (Strategy and Management firm internazionale) ha pubblicato un’analisi degli scenari competitivi del Retail Banking in un orizzonte di lungo periodo. Lo studio, dal titolo evocativo di “Vision 2030”, è stato applicato inizialmente al mercato francese, ma successivamente esteso ad altri mercati europei e a quello italiano con riscontri analoghi.

Obiettivo del lavoro è quello di identificare i fattori di rischio, ma anche le opportunità, per il sistema bancario di fronte alle sfide innescate dalla compressione della redditività, dalla competizione che viene dall’affermazione di “neo-banks” e fintech. Alla radice dell’analisi vengono descritti alcuni trend fondamentali della società che interessano aspetti demografici, generazionali e di immersione tecnologica con forte impatto sul business bancario.

I cambiamenti dell’ambiente sociale accelerano i fenomeni di mobilità della clientela, più incline ad avvicendare od allargare il proprio network di relazioni bancarie, nel perimetro delle banche più consolidate ma soprattutto verso i nuovi attori del mercato. Una propensione tanto più marcata quanto più si scala nell’anagrafe.

Quali scenari

Dall’analisi dei comportamenti della clientela, Exton ha derivato sei possibili scenari di trasformazione del retail banking, con diverse ipotesi di impatto sulla profittabilità ed assestamento delle quote di mercato (cfr. Tav. 1 e 2).

(fonte: Exton)

Gli scenari più “conservativi” (da 1 a 3) porterebbero ad una limitata erosione del portafoglio clienti delle banche commerciali (tra il 2% ed il 3%), grazie anche all’aumento della popolazione bancarizzata, ma con un calo del margine di intermediazione (MINT) Retail di circa il 20% (circa 6 miliardi di euro complessivi).

Gli scenari più dirompenti (da 4 a 6) porterebbero un’erosione della base di clientela fino al 16% ed un impatto sul MINT Retail tra il 32% ed il 42%, che potrebbe raggiungere i 12 miliardi di euro globali.

Gli scenari 1-3 scontano principalmente una compressione progressiva delle commissioni associate ai servizi bancari, con un contenuto impatto sulla base clienti. Per contro, gli scenari 4-6 vedono una perdita di MINT Retail doppia, per il combinato disposto della pressione sulle commissioni unitarie, insieme alla sensibile erosione del portafoglio clienti a favore dei nuovi operatori.

Il modello di stima si fonda anche su ipotesi di multi-bancarizzazione per le diverse fasce di clientela, nonché su una serie di assunzioni macro sostanzialmente statiche in tema di curve dei rendimenti, dinamica del GDP, tasso di inflazione; assunzioni che, in uno scenario esterno così incerto come l’attuale, possono modificare anche sensibilmente le numeriche, ma non la traiettoria.

Diverso approccio con il cliente

Per limitare, o addirittura controvertire, la flessione potenziale dei clienti occorre, secondo lo studio di Exton, ridefinire la revenue stream con approcci più collegati alla soddisfazione dei bisogni ed alla personalizzazione della relazione.

Lo studio propone un modello rivisto in profondità che da package più o meno indifferenziati per il cliente muova verso un’offerta “à la carte”, attraverso una matrice di servizi che si possono fruire nel tempo secondo le mutevoli necessità del cliente, con una tariffazione differenziata a consumo.

Un approccio in grado di ridurre fortemente l’attrition della clientela e rendere profittevoli i rapporti sia con chi è più autonomo e vocato alla tecnologia, sia con chi è più interessato a servizi consulenziali individuali, con possibilità di ibridare i due tipi d’offerta. Il tutto agendo anche sulle architetture IT, per renderle più flessibili ed assicurare un customer journey del cliente più appagante.

La risposta delle banche alla nuova concorrenza

L’ingresso sul mercato dei nuovi operatori ha interessato sinora soprattutto la clientela “persone fisiche” e “small business”, perché è quella che genera la maggior parte dei   ricavi da commissioni ed assorbe marginalmente le risorse scarse di capitale e liquidità. Dunque un terreno più fertile ed a più rapida remunerazione del capitale investito.

Ma anche nelle attività corporate, che impegnano materialmente il capitale delle banche (si pensi a tutto il mondo della finanza strutturata e del credito a medio lungo termine), si vanno oggi sviluppando nuovi attori e nuove iniziative che, in un’economia fortemente banco-centrica come quella italiana, prenderanno quote di mercato per la domanda delle stesse imprese alla ricerca di diversificazione delle fonti di finanziamento. 

La necessità di abbattere rapidamente la struttura dei costi ha indotto diverse aziende bancarie a percorrere una sorta di “strada obbligata” agendo su tre leve principali: la ricerca di economie di scala e di dimensione attraverso la concentrazione tra istituti; la sostenuta riduzione della rete fisica degli sportelli; la forte contrazione degli organici.

Sono percorsi non esauriti e non vi è dubbio che possono talora rappresentare una risposta efficace alla compressione della redditività. Occorre però contemporaneamente elaborare una sorta di “pensiero laterale”, che muova anche su altri paradigmi e filosofie di azione. 

Eccessiva taylorizzazione del lavoro

Si deve transitare anzitutto da quel ripensamento dei modelli di servizio cui si faceva cenno più sopra per aderire ad una diversa sensibilità dei clienti. Ma l’obiettivo non è conseguibile senza una contestuale ridefinizione  dei processi organizzativi e di lavoro.

L’ipertrofia regolamentare che ha moltiplicato obblighi ed incombenze formali, col corredo di un’attività amministrativa enorme (in alcuni casi dal dubbio valore aggiunto), ha favorito la stratificazione di procedure e livelli manageriali, spesso con una taylorizzazione del lavoro che può far smarrire la visione d’insieme del servizio e del cliente.

Nei non molti casi in cui l’impulso normativo poteva essere sfruttato per innalzare il livello di servizio percepito dal cliente, agendo anche sulla redditività dei rapporti, le banche hanno faticato a trovare un angolo concreto di sviluppo. Si sono così definiti modelli rigidi e spesso a silos, con un aumento inevitabile del cost-to-serve anche su attività che perdevano progressivamente marginalità per la competizione del mercato. 

È indispensabile rendere i modelli organizzativi più agili e coesi, con l’intervento di team che garantiscano la co-progettazione e la co-responsabilità delle diverse competenze aziendali, ponendo al centro un’attenzione rinnovata ai bisogni del cliente finale. Si può così fronteggiare la pressione competitiva di nuovi attori che nascono geneticamente flessibili, garantendosi una superiore velocità di adattamento al mercato ed un cost-income molto più efficiente.

Ripensamento della rete

Con format e processi di lavoro rivisti non è probabilmente ineluttabile, specie per le attività a valore aggiunto, un radicale ridimensionamento della rete fisica.

In non pochi ambiti produttivi (industriali e finanziari), l’integrazione verticale del valore dalla fabbrica al punto vendita “brandizzato” è addirittura considerata irrinunciabile per generare marginalità. Molte aziende di successo hanno svoltato quando hanno saputo valorizzare i propri punti vendita (diretti o in franchising); diverse reti di promozione finanziaria o le stesse neo-banks, che un tempo non avevano punti fisici di contatto con la clientela, hanno sentito la necessità di realizzare  una serie di filiali operative sul territorio per presidiare la relazione col cliente ed elevare il livello del servizio.

Certo, per come sono definiti oggi i processi di lavoro di molti sportelli bancari, il cost/income della rete fisica retail può divenire insostenibile e richiede ripensamenti significativi. Ma lavorando sul ridisegno dei modelli di offerta, su Customer Relationship Management (CRM) evoluti e politiche efficienti di cross-selling agevolate dall’utilizzo dei big-data è certamente possibile ridare una prospettiva e centralità produttiva ad una rete fisica ripensata, che sarà meno numerosa, meno assorbita dalle attività amministrative, ma  molto più vocata allo sviluppo commerciale e redditizia.

Analogamente si può intervenire sulle strutture IT che riflettono, né potrebbe essere diversamente, la stratificazione di molte generazioni applicative e di evoluzioni continue del quadro normativo/di compliance.

Ci si trova spesso di fronte ad architetture rigide e costose che assorbono il MINT più per la maintenance che per gli investimenti evolutivi, mentre i nuovi attori (fintech e neo-banks) possono muoversi su sistemi agili.

Nuove forme contrattuali, nuovi modelli gerarchici

Un cambiamento significativo dei modelli richiede decisioni forti ed impegnative, necessariamente nella responsabilità del top management e dei board per i profili di complessità e rischio realizzativo che possono comportare.

Mettere il cliente nella condizione di operare in un contesto autentico di omnicanalità, dove l’ingaggio con la banca possa essere attivato da ciascuno secondo i propri stili di consumo finanziario, in un processo circolare che sia “comodo ed efficiente” per ciascuno dei clienti con le proprie abitudini, non è una sfida semplice ma neppure inaffrontabile. Non è un problema degli IT Managers, non soltanto, è un tema di visione del futuro della banca.

Sfide così rilevanti impongono, infine, una nuova gestione delle risorse umane, evolvendo modelli gerarchici superati e soprattutto formando una cultura identitaria d’impresa inequivoca. Di nuovo: è un processo che deve originarsi ai massimi livelli della governance della banca, investire i meccanismi di selezione manageriale e le pratiche di lavoro.

Necessitano nuove competenze progettuali ed una cultura alla trasversalità che deve essere premiata; una cultura dell’innovazione pervasiva che spinga tutte le filiere produttive a lavorare in modo circolare, creando meccanismi di incentivo ad ammodernare i processi di lavoro. Probabilmente occorre immaginare, a livello di sistema e di singola azienda, anche format contrattuali diversi e più flessibili adattabili ad una nuova domanda.

Modelli organizzativi, architetture IT e gestione innovativa delle risorse umane sono gli architravi su cui si innestano tutti gli altri ambiti di cambiamento, dall’innovazione di prodotto ai nuovi mercati, dalle politiche di acquisizione della clientela a quelle di marketing, dai modelli di servizio a quelli di consulenza.

C’è la possibilità di muoversi con una visione olistica del “fare banca” che può dischiudere nuove opportunità anche in un periodo nel quale le pressioni competitive che vengono dai mercati e da un ambiente esterno così turbolento sono sempre più forti.

È essenziale mettersi in cammino senza titubanze, definendo progetti concreti e misurabili perché il percorso non sarà breve. Le banche commerciali hanno tutte le chiavi per favorire una nuova stagione di profonda trasformazione “se si danno i mezzi per progettare e testare il loro modello target, pur rimanendo fedeli alla loro promessa storica (vicinanza e consulenza)”.