ARCA FONDI OSPITA ECONOMIA ITALIANA/2
Il debito pubblico ha bisogno di crescita e di credibilità

Il debito è sostenibile? C’è bisogno di una capacità fiscale della UE per affrontare il problema? Come rivedere il patto di stabilità? Che ruolo hanno i “beni pubblici europei” in questo scenario? Le risposte di economisti ed esperti di finanza sulle questioni del momento

Giovanni Parrillo

Ripensare la sostenibilità del debito?” Se ne è discusso approfonditamente l’8 febbraio a Milano, al Convegno presso ARCA Fondi per la presentazione del numero di Economia Italiana dedicato al tema, curato dai professori  Lorenzo Codogno, della London School of Economics, e Pietro Reichlin, della Luiss.

In apertura, Pietro Reichlin ha ricordato le grandi questioni affrontate nel volume, in uno scenario in cui i debiti pubblici sono aumentati in tutti i paesi industrializzati a causa della pandemia;  il quadro geo-politico è molto instabile e funestato dall’aggressione dell’Ucraina;  è ripartita l’inflazione e l’aumento dei tassi di interesse rende più oneroso il finanziamento. In sintesi:  il debito è sostenibile? c’è bisogno di una capacità fiscale della UE per affrontare il problema? Come rivedere il patto di stabilità? Che ruolo hanno i “beni pubblici europei” in questo scenario?

Certamente i tassi reali fortemente negativi negli anni passati hanno ridotto l’urgenza di trovare soluzioni alla questione del debito. La necessità per la BCE di finanziare attraverso le banche il debito pubblico dei Paesi colpiti dal Covid (nel 2020 la crescita mondiale nel suo complesso è stata negativa) ha fatto parlare di “dominanza fiscale” sulla politica monetaria. Ci sono stati però altri fatti positivi molto importanti. Per la prima volta è stato emesso debito comune per finanziare il NGEU; è stato sospeso il Patto di Stabilità e si va verso una maggiore gradualità nel processo di aggiustamento con le nuove regole che saranno emanate. Si è preso anche atto che sanzioni severe non venivano poi di fatto applicate, con grave pregiudizio per la credibilità delle stesse.   

Il tema della credibilità è stato toccato da tutti i relatori. Lorenzo Codogno ha ricordato che il debito necessita di stabilità nelle aspettative degli operatori finanziari; la sua sostenibilità dipende dalle aspettative sulla crescita futura (e in questo senso aiuta l’NGEU, anche se forse il suo effetto di stimolo alla domanda viene confuso con il più importante effetto sulla crescita potenziale) e dalla credibilità delle banche centrali nel loro impegno a riportare l’inflazione verso l’obiettivo.

Corale il richiamo alle riforme strutturali per rimettere in marcia l’economia italiana. Giorgio di Giorgio, Luiss, si è soffermato sul fatto che il problema italiano non risieda tanto nella mancanza di disciplina di bilancio, quanto nella mancata crescita, dovuta al poco coraggio nelle riforme e alla sottostima del problema demografico: una bomba per la spesa pensionistica e di cura che peserà sulle nuove generazioni. L’aumento dei tassi di interesse non è un fatto solo negativo.  Massimo Bordignon, Università Cattolica, ha evidenziato come l’effetto netto (ai livelli attuali dei saggi di interesse) si traduca in una riduzione in termini reali del debito. Inoltre, anche se il rapporto Debito/Pil è salito, è scesa molto, sempre in percentuale del PIL, la spesa per interessi, passata dal picco del 12,5% del 1994 a poco più del 3% nel 2020, prima dei recenti rialzi dei tassi d’interesse. Ma la ricetta è una sola: dobbiamo crescere e per farlo occorrono riforme. Ma occorre anche una spesa mirata sui beni pubblici europei. Questo il messaggio di Lucia Tajoli, Politecnico di Milano: alcuni beni pubblici europei, come la transizione energetica e l’innovazione in generale, hanno bisogno di una fiscalità europea e soprattutto di una strategia unitaria per il Vecchio Continente, che deve sia guidare le scelte per la transizione,  sia trovare i fondi per finanziarla. In altre parole, il ritorno alla crescita non dipende tanto dal controllo del deficit nei singoli Paesi, quanto soprattutto dalla qualità della spesa. Una spesa per investimenti a medio lungo termine sui beni pubblici europei finanziata e coordinata, appunto, dall’Unione Europea.

Flavio Padrini, Ufficio Parlamentare di Bilancio, ha ricordato l’importanza dell’attendibilità delle previsioni economiche nel formulare i piani di rientro del deficit e del debito e come la variazione di queste si traduca in scenari più o meno virtuosi. Ci vuole soprattutto grande trasparenza in queste stime e nei controlli sulla loro attendibilità. Certamente anche qui elemento fondamentale è che ci sia comunque una buona crescita.

Sulla “credibilità” si è soffermato anche  Ugo Loeser, Amministratore delegato di Arca Fondi, portando il punto di vista dei mercati e di chi ha la responsabilità di gestire i risparmi di alcuni milioni di persone. Occorre prendere atto che la consapevolezza del problema del debito è tuttora poca, anche a causa dell’anestesia provocata dai tassi zero o negativi. Ma basta poco per mutare le aspettative dei mercati e creare gravi ripercussioni negative. È fondamentale evitare ogni comportamento – o anche dichiarazione – che possa generare timori ingiustificati. La comunicazione e i comportamenti  sono anch’essi fattori determinanti per la gestione del debito. In Italia si parla soprattutto dei ratio fiscali, anche perché su quelli si incentra il dibattito sulla legge finanziaria. Meno, del fatto che il Paese ha una grande capacità di esportare, un saldo robusto delle partite correnti, un gruppo di imprese che si è ristrutturato e che compete egregiamente sui mercati internazionali. Anche la grande disponibilità di ricchezza privata, che supera ampiamente il debito pubblico, è un fattore di garanzia, ma guai a pensare che si possa utilizzarne una parte assoggettandola ad una patrimoniale per effimeri aggiustamenti strutturali. Si comprometterebbe proprio quella credibilità che è alla base di tutto.

Le nuove regole sul patto di stabilità sono state il convitato di pietra del dibattito. Concordi tutti i relatori nell’auspicare flessibilità e una visione a medio lungo termine nelle valutazioni delle performance. Solo così l’applicazione  delle regole potrà  essere rispettata. La riforma della cornice fiscale non è priva di rischi per i paesi più indebitati, su cui potrebbero pesare asimmetrie di giudizio (ha ammonito Di Giorgio). Ma la condivisione dei piani fra Commissione e singoli Paesi è la chiave per flessibilità e credibilità.